Viaggiare nelle ore di punta (forse) ci costerà di più
Viaggiatori assidui chiamati alla cassa. Berna guarda al ‘mobility pricing’. 13,4 miliardi di costi oggi sono nascosti.
I passeggeri più assidui sui tratti più trafficati potrebbero venir chiamati alla cassa. Berna guarda al ‘mobility pricing’, primo test a Zugo. E poi a chi toccherà?
Le strade sono sempre più congestionate, sui treni si stenta a trovare un posto a sedere e va sempre peggio. Il sistema dei trasporti svizzero sfiora il limite fisiologico e i costi della mobilità lievitano sempre più. Per uscire da questa spirale Berna ha avviato la discussione per l’introduzione del cosiddetto ‘mobility pricing’, ovvero l’applicazione rigorosa dei meccanismi di mercato nel settore dei trasporti. Chi usa paga. I viaggiatori più assidui sarebbero chiamati alla cassa per finanziare la struttura. Quindi prezzi differenziati a seconda degli orari di utilizzo e delle tratte percorse. Uno studio di impatto è stato fatto a Zugo, ora la Confederazione cerca altri candidati per un test.
Al riguardo è pendente un’iniziativa parlamentare del verde liberale Jürg Grossen che sarà discussa al Nazionale e chiede appunto d’introdurre il principio di ‘chi usa paga’ per decongestionare il traffico e finanziare la rete dei trasporti.
Mobilità, ma quanto ci costi?
Lo scopo finale è di instaurare una maggiore verità dei costi. Perché oggi, secondo un recente studio, molti costi della mobilità non sono sopportati da chi li causa, ma addossati alla collettività o alle generazioni future. I tecnici li chiamano costi esterni. “I più rilevanti sono quelli causati dall’inquinamento atmosferico, che incidono per quasi la metà del totale. Comprendono gli effetti per la salute, i danni agli edifici e la conseguente pulizia, le perdite di raccolto nell’agricoltura, i danni alle foreste e la perdita di biodiversità. Il rumore contribuisce con il 20% circa (per la perdita del valore sul mercato immobiliare delle aree residenziali esposte); il restante 30% circa si ripartisce in parti grosso modo uguali tra gli impatti su natura e paesaggio (come l’acidificazione del suolo), gli incidenti e gli effetti dovuti alle emissioni nei processi a monte e a valle”, spiega l’esperto di trasporti Riccardo De Gottardi che per 30 anni ha diretto la mobilità cantonale in Ticino al Dipartimento del territorio. Stiamo parlando di una bella somma assente dai conteggi: “I costi esterni totali dei trasporti, secondo il più recente rilevamento disponibile del 2017, ammontavano in Svizzera a 13,4 miliardi di franchi: 10,9 nel settore del trasporto dei viaggiatori e 2,5 in quello delle merci”. Costi in rialzo, tra il 2010 e il 2017 si è passati da 12 miliardi di franchi a 13,4 (+12%). A fare la parte del leone tra i ‘viaggiatori’, precisa sempre il nostro interlocutore, è il traffico motorizzato individuale (69,8% per un importo di 7,6 miliardi di franchi), seguono il trasporto aereo (11,8%), la mobilità dolce (9,9%), i trasporti pubblici su ferro e su gomma (8,1%) e chiude la navigazione con una incidenza irrisoria (0,4%). Per quanto riguarda le merci, è il traffico su strada che causa i costi più elevati con 1’893 milioni di franchi, pari a circa i tre quarti del totale.
‘I prezzi non riflettono la spesa effettiva’
Che cosa ci dimostra tutto ciò? Che i costi della mobilità, che divorano circa il 9% del budget annuale di una famiglia, in realtà sarebbero molto più alti e non coperti da chi li causa. Siamo tutti abituati a pensare ai costi per l’infrastruttura o per la sua manutenzione e a quelli per l’acquisto dei veicoli ma nel settore dei trasporti ci sono miliardi che non vengono conteggiati. “Si tratta di aspetti di grande rilievo per gestire la mobilità in modo consapevole ed efficace: per decidere quali investimenti promuovere, quale mezzo di trasporto scegliere, quali priorità stabilire e come finanziare il tutto. Questi costi non sono sopportati da chi li causa e dunque non esercitano alcun effetto sul comportamento di chi si sposta, contrariamente ai costi privati che incidono direttamente sul borsellino dell’utente quando, ad esempio, acquista il biglietto del treno oppure fa il pieno di carburante”.
In sintesi significa che il principio “chi consuma rispettivamente chi inquina paga” non viene applicato.
“Pertanto dal punto di vista economico il mercato non funziona correttamente, poiché i prezzi non riflettono il costo effettivo. Più elevati sono i costi esterni più è distorta la corretta allocazione delle risorse; nel campo della mobilità questo porta a generare un livello di traffico eccessivo”.
Tariffe diverse per città e campagna
Malgrado gli elevati investimenti fatti, strade e ferrovie sono sotto pressione e nelle ore di punta è tutto bloccato per ore. “La tradizionale risposta attraverso l’ampliamento delle infrastrutture si rivela tuttavia sempre più complessa, lunga e costosa. La presa in considerazione dei costi esterni diventa dunque di grande attualità per la politica della mobilità, poiché questo incremento è sostenuto anche dal fatto che l’utente non sopporta tutti i costi che causa”, precisa De Gottardi. Un primo passo in direzione del ‘mobility pricing’ è stato fatto nel 2001 con l’introduzione della tassa sul traffico pesante proporzionale alle prestazioni che ha permesso di investire svariate decine di miliardi incassati nell’infrastruttura; per la determinazione del suo ammontare sono considerati anche i costi esterni.
Dal punto di vista tecnologico le possibilità per avviare una riforma sono date ma dal profilo politico il tema è scottante. Proporre nuovi balzelli è sempre delicato e rischia di essere anche impopolare.
“Il sistema attuale non riflette i costi economici, effettivi. Con prezzi variabili in funzione delle ore della giornata si inciderebbe sul traffico nei momenti di punta, responsabile di forti disagi e di costi elevati per le infrastrutture e per i servizi, che risultano poi sovradimensionati per il resto del tempo. Analogamente si può pensare a differenti tariffe a seconda che si circoli in zone urbane o rurali”, precisa De Gottardi.