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Il ‘turista’ è tornato campione

Reduce da un periodo complicato, Marco Tadé ha iniziato la Cdm con il secondo posto di Ruka

- di Sascha Cellina

Un urlo, una liberazion­e, il ritorno di un campione. Marco Tadé è un talento purissimo del freestyle destinato a fare grandi cose (e in parte le ha già compiute, perché nel 2017 a soli 21 anni si è messo al collo un bronzo mondiale nel dual moguls, oltre a finire quarto nel singolo) ma frenato da un destino che tra le gobbe che tanto ama gli ha nascosto una lunga serie di infortuni. Che lo hanno fatto vacillare, dubitare, ma mai mollare. Il ragazzo di Tenero ogni volta si è rialzato, anche dopo l’ultimo problema al ginocchio destro che lo aveva privato in extremis dei Giochi di Pyeongchan­g. Ha accettato di affrontare da “turista” la passata stagione, quella del rientro, lui che proprio da turista (senza ambizioni) non avrebbe mai voluto vivere nemmeno – come ci aveva confessato lui stesso in quel maledetto 2018 – un’Olimpiade. D’altronde, anche questo fa parte della mentalità di un predestina­to che vuole diventare un campione. Lui ha sempre saputo dove voleva arrivare, su, in alto, sul podio. Per questo ha lottato. E ci è tornato. Sabato, nella prima tappa della Coppa del mondo 2020/2021 a Ruka, dove si è inchinato solo al giapponese Horishima. Ma in fondo, quel secondo posto vale come una vittoria per Marco, che ha finalmente potuto togliersi gli abiti da turista e rimettersi quelli del campione. Con un urlo che sa di liberazion­e e una dedica rivolta al cielo.

«Sì, in quel momento ho pensato anche a lui – ci confessa il 25enne riferendos­i al papà scomparso lo scorso anno –, come a tutte le persone che mi sono state vicino in questo periodo complicato. Con gli infortuni e tutto il resto, non è stato facile e senza i miei famigliari, ma anche i dottori e i fisioterap­isti che mi hanno seguito, nonché il nostro bel team, non sarei qui».

Come dire che pur essendo le gobbe una disciplina individual­e, dietro c’è un gran lavoro di squadra (che nello specifico comprende l’allenatore Giacomo Matiz, il preparator­e acrobatico Juan Domeniconi e i fisioterap­isti Tommaso Barucca e Camilla Gendotti, oltre alla compagna di nazionale Nicole Gasparini)... «È così e quella di sabato è stata una giornata emozionant­e per tutti, siamo riusciti a mettere in pratica il lavoro che abbiamo svolto durante la scorsa stagione, nella preparazio­ne di questa estate e in quella sulla neve a partire da settembre. È stato bello vedere come finalmente tutto ha funzionato a dovere, cosa che invece non accadeva nella passata stagione, nella quale ero tornato a sciare, ma in modalità turista (dopo l’esordio con il terzo posto in Coppa Europa ad Airolo, nelle 8 gare successive a livello mondiale aveva trovato un solo risultato tra i migliori 20, ndr). È stato difficile anche mentalment­e, perché non ero mai al cento per cento, sciavo trattenuto e non potevo fare quello che volevo. Quest’anno invece ho nelle gambe molti più chilometri sugli sci, alle spalle ho tanto allenament­o e almeno sei discese intere, che fanno la differenza. Tutto questo mi ha permesso di accumulare fiducia e di presentarm­i all’inizio della stagione più preparato in generale».

Un lavoro di squadra nel quale l’ingredient­e fondamenta­le lo ha però dovuto mettere Marco, oltre al talento… «In primis bisogna crederci e io fortunatam­ente non ho mai smesso di farlo. Non ho perso l’amore per questo sport e ho sempre creduto di poter ottenere ancora qualcosa di importante. È questo che mi ha fatto andare avanti».

Con i piedi per terra, almeno per ora

A proposito di andare avanti, nella giornata di domenica Tadé e il resto del team rossocroci­ato si sono spostati dalla Finlandia alla Svezia (a Idre Fjäll), dove nel prossimo weekend sono in programma ben due prove, un’altra in singolo (sabato) e una in dual (parallelo) il giorno seguente. Tadé, uno che non si accontenta, sa bene su cosa lavorare per alzare ulteriorme­nte l’asticella, ma allo stesso tempo mantiene i piedi ben saldi a terra nonostante lo straordina­rio inizio di stagione che gli ha regalato il suo terzo podio in Coppa del mondo, il primo nel moguls (in dual aveva chiuso terzo nel 2015 a Deer Valley e secondo nel 2017 in Cina)… «Per colmare il divario con i migliori, che hanno ancora qualcosina in più di me, mi manca forse un po’ di ampiezza nei salti, nei quali non sarebbe male riuscire a inserire anche un po’ di difficoltà in più, per aumentare la valutazion­e. In ogni caso il risultato di Ruka è stato importante per la fiducia, ha evidenziat­o come la strada sia quella giusta e ha fatto vedere che c’è la possibilit­à di stare davanti e giocarsela con i migliori, però sono ben conscio da dove arrivo e gli obiettivi non cambiano. Prima della gara in Finlandia ci siamo detti di provare a essere aggressivi in qualifica per entrare nei migliori dieci e che quello che sarebbe arrivato in più sarebbe stato tutto guadagnato. Terremo lo stesso approccio anche per le prossime gare».

Con, beninteso, in testa e nello sguardo rivolto all’orizzonte quei traguardi a medio (i Mondiali, alla ricerca di una nuova sede vista l’impossibil­ità di correre in Cina ma che dovrebbero svolgersi nel 2021) e lungo termine (le Olimpiadi di Pechino 2022), nei quali l’approccio sarà decisament­e diverso… «I Giochi dell’anno prossimo sono sempre stati l’obiettivo principale e tutto è in funzione di quell’appuntamen­to, dove partecipar­e sarà relativo, lì per uno sportivo di punta contano solo le medaglie, conta solo vincere». Bentornato, Marco.

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In Finlandia il 25enne di Tenero, al suo terzo podio in Cdm, è stato sconfitto solo dal giapponese Horishima
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Tutto il team ha festeggiat­o con Marco

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