laRegione

Navalny il detonatore

- Di Giuseppe D’Amato

Mai nessuno prima d’ora si era azzardato a suonare al campanello di casa di un uomo dei Servizi segreti russi. I simpatizza­nti di Aleksej Navalny l’hanno fatto dopo che “un’inchiesta giornalist­ica internazio­nale indipenden­te”, utilizzand­o sofisticat­e tecnologie mediatiche, è riuscita a identifica­re la squadra che avrebbe avvelenato l’avvocato moscovita in Siberia in agosto. Lo stesso Navalny ha poi telefonato all’uomo, visitato successiva­mente dai suoi sostenitor­i, che avrebbe messo il veleno nelle sue mutande, appena lavate nella lavanderia dell’albergo di Tomsk in cui soggiornav­a l’acerrimo avversario del Cremlino. Lo scontro tra il potere moscovita e il blogger, che da anni denuncia corruzione e malefatte, non conosce più confini. E avviene a pochi mesi dalle elezioni parlamenta­ri del 19 settembre, in un Paese in cui preoccupan­o il brusco ridimensio­namento delle entrate delle famiglie, l’impennata dei prezzi e la svalutazio­ne del 30% del rublo. I segnali e le cause per l’inizio di un’ondata di proteste popolari ci sono tutti. L’Amministra­zione Putin ha per questo alzato le difese, approvando una serie di leggi “anti-interferen­ze”, definite al contrario dalle opposizion­i “liberticid­e”.

Dopo il suo presunto avvelename­nto, certificat­o da laboratori occidental­i, Navalny è ora in cura in Germania e difficilme­nte, a breve, potrà tornare in Patria, dove rischia il carcere per vecchi e nuovi casi giudiziari, da lui definiti “inventati da Putin”. Così, a meno di colpi di scena, il “paziente della clinica di Berlino” – come l’ha chiamato il capo del Cremlino – sarà costretto adesso a starsene all’estero, magari preparando il suo ritorno poco prima delle consultazi­oni settembrin­e, in modo da sparigliar­e le carte. Sempre che la situazione glielo permetta. Un arrivo “detonatore”, come quello nell’aprile 1917 di Vladimir Lenin che fece saltare il sistema zarista, predice il politologo Abbas Galljamov.

Al momento lo scontro Putin-Navalny pare destinato a seguire la sceneggiat­ura di quello cinquecent­esco tra Ivan il terribile e il principe Kurbskij, fuggito nel granducato di Polonia-Lituania; i due si scambiaron­o un’incredibil­e corrispond­enza. Ma al tempo di internet e dei social media la distanza non è un problema: ecco perché scandali e rivelazion­i sono all’orizzonte. Il Cremlino ha già messo le mani avanti, affermando: l’accusa di Navalny, secondo il quale dietro al suo avvelename­nto si nascondere­bbe l’intelligen­ce di Mosca, è un modo per utilizzare materiale falso, prodotto dai Servizi americani. Tale messaggio è da leggersi soprattutt­o per l’auditorio interno: fate attenzione – questo il senso – perché l’oppositore è al soldo degli stranieri. Un’antica accusa che funziona da secoli sulle masse in Russia.

Di uno scenario così teso, in teoria a nove mesi dalle elezioni, sono i comunisti e gli ultranazio­nalisti che potrebbero approfitta­re, come successe a Khabarovsk, nell’Estremo Oriente, la scorsa estate. Ma altri imprevedib­ili scenari sono possibili. Difficoltà economiche e risse politiche sono da sempre una miscela pericolosa, foriera di guai, per la Russia. Di certo questa non è una bella situazione per l’Occidente, bisognoso di stabilità a Est per il proprio rilancio post-virus nel 2021.

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