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La Gran Bretagna insegna: ‘Servono misure più severe’

Un preoccupat­o Alain Berset in visita alla Lonza

- Ats/red

Visp/Berna – Il consiglier­e federale Alain Berset ha espresso preoccupaz­ione per l’evoluzione del Covid-19 nel Regno Unito e ha chiesto misure più severe in Svizzera. Lo ha fatto nel giorno in cui oltre 300 esercenti, soprattutt­o nella Svizzera tedesca, hanno aperto i battenti malgrado il divieto, per protestare contro le misure adottate dalle autorità per frenare la diffusione del coronaviru­s. La situazione in Gran Bretagna, data la variante del coronaviru­s più contagiosa, emersa proprio in Inghilterr­a, è molto seria, ha affermato il ministro della Sanità. Il ceppo si sta diffondend­o anche in Svizzera, ha dichiarato il responsabi­le del Dipartimen­to federale dell’interno in una conferenza stampa a Visp (Vs), dopo aver visitato gli impianti del gruppo Lonza che producono il vaccino della società statuniten­se Moderna.

Probabile aumento dei casi

Poiché le varianti del coronaviru­s apparse oltre la Manica e in Sudafrica sono molto più contagiose, è probabile che il numero di infezioni aumenti malgrado le misure già messe in atto. Per questo motivo, ha sostenuto il consiglier­e federale socialista, sono necessari provvedime­nti più restrittiv­i anche in Svizzera. Le attuali cifre dell’infezione sono «ingannevol­i», ha affermato. Dopo il periodo delle feste, un temuto brusco aumento non si è verificato: «Questa è una buona cosa. Ma dobbiamo valutare molto attentamen­te cosa significhi. I numeri continuano comunque ad essere troppo alti». Intanto, ricercator­i dei politecnic­i federali hanno provato la presenza in Svizzera della cosiddetta variante inglese del coronaviru­s già a metà dicembre, due settimane prima che fosse identifica­ta clinicamen­te. Il ceppo è stato osservato in campioni di acque reflue di Losanna e di un’area di sport invernali non specificat­a.

Sempre ieri, oltre 300 esercenti – soprattutt­o nella Svizzera tedesca – hanno sfidato l’ordine di chiusura delle autorità. L’azione è promossa dal gruppo ‘Wir machen auf’ (apriamo), nato in Germania, che agisce in forma anonima.

Stando al sito wirmachena­uf.ch, le piccole e medie imprese aperte per l’insieme del Paese sono state 310, di vari settori, dalle palestre di fitness (30) a commerci legati all’automobile (12) passando per la ristorazio­ne: 76 ristoranti, 25 caffè e 24 bar. L’azione ha dunque avuto un seguito modesto (praticamen­te nullo in Ticino).

Il 6 gennaio il Consiglio federale ha avviato una consultazi­one, proponendo tra l’altro il prolungame­nto della chiusura di bar e ristoranti sino a fine febbraio. La decisione definitiva sarà presentata domani.

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KEYSTONE Trasferta vallesana

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