Lorena Dozio, una prima ‘Immateriale’
Online da Lugano, Ginevra e Parigi, il nuovo progetto della performer ticinese
Quattro episodi ‘immateriali’ presentati tra il mese di gennaio e febbraio in tre città virtuali, Lugano, Ginevra e Parigi, rappresentate rispettivamente dal Lac Lugano Arte e Cultura, dall’Association pour la danse contemporaine e dal Centre culturel suisse. Immateriali perché, forzatamente, si tratta dei siti web delle tre realtà culturali dentro e fuori il confine svizzero; immateriali da ‘Audiodanza (Immateriale)’, il nuovo progetto della performer ticinese Lorena Dozio, che si divide tra Lugano e Parigi e con questo lavoro suggerisce un inedito approccio al movimento e alla danza, un interrogarsi sull’immaterialità della stessa e sulla fisicità del suono. Realizzato in collaborazione con il danzatore Kerem Gelebek e con suoni e musiche di Kerwin Rolland, ‘Audiodanza (Immateriale)’ è un’anteprima assoluta e fa seguito al debutto di ‘Rame’, presentato lo scorso settembre all’interno del FIT Festival Internazionale di Teatro. Il primo appuntamento è per questa sera alle 20 su www.luganolac.ch, in perfetta sincronia mitteleuropea.
Lorena Dozio, pare un’immaterialità inevitabile data dalle circostanze storiche e invece il suo nuovo lavoro non è figlio del lockdown…
In effetti ho iniziato a pensarlo a inizio anno come seguito del progetto precedente, ‘Danze invisibili’, un progetto di mediazione creato al Lac all’interno di LacEdu, nel quale avevo ideato un’installazione che permetteva di ascoltare, descritte, danze di spettacoli realizzati tra il XX e il XXI secolo. In quell’occasione mi ero interessata a come lo spettatore potesse diventare partecipante, potendo visualizzare egli stesso danze che sono semplicemente audiodescritte, a partire da spettacoli già esistenti. Ho trovato in questo rapporto tra la danza descritta e la danza visualizzata un grande potenziale e ho voluto continuare su questa strada, ma pensando a una forma che fosse più di creazione e meno di mediazione, dunque non utilizzando spettacoli già fatti, ma creandone di nuovi.
Cosa che ci porta ad ‘Audiodanza (Immateriale)’...
Sì. In questo progetto sviluppiamo diversi tipi di relazione tra la danza descritta e quella danzata (sia vista che ascoltata) pensati per il palco, per uno spettacolo dal vivo. Una volta arrivato il confinamento, mentre scrivevo, mi sono resa conto della parte sonora. Pensando al fatto che mi era stato chiesto di diffondere quella di ‘Danza invisibili’ sui siti dei teatri, mi sono detta che c’era una parte che poteva essere sviluppata su di un lato più immateriale, sonoro e anche visivo. Ho quindi risposto al concorso di Pro Helvetia, ‘Close distance’, indetto proprio per inventare nuovi sistemi di creazione e diffusione della danza. Ho pensato di realizzare il mio progetto in due momenti, il primo dei quali è appunto ‘Audiodanza (Immateriale)’, che si sviluppa su quattro episodi pubblicati sui siti dei teatri e poi una versione per il palco, una ricreazione comunque legata all’interrogarsi tra quello che pensiamo e quello che vediamo, lo scarto tra la visione e l’ascolto creatore di senso, immaginazione, associazioni da parte dell’uditore o dello spettatore.
Quattro episodi, due in forma audio e altri due in forma video, ognuno a sviluppare un differente punto di vista, dalla descrizione alla composizione coreografica e sonora. Possiamo entrare nei dettagli?
Certamente. Il primo episodio, video (‘Une ligne de bras croisées torune rapide dans la pénombre’, ndr) è basato su uno spettacolo esistente intitolato ‘D’après une histoire vraie’ di Christian Rizzo, un’opera corale con otto danzatori che includono Kerem Gelebek. Ciò che voglio rilevare in questo episodio è il suo danzare da solo, mentre audiodescriviamo tutti gli otto danzatori, potendoli immaginare, anche se a tutti gli effetti sono nulla di più che esseri immaginari, invisibili, quasi fantasmi, cosa che risponde al mio lavoro su come rendere visibile l’invisibile, su come possiamo fare apparire dell’invisibilità attraverso il suono e la danza. Per il secondo episodio, audio (‘Comme s’ils étaient ralenti dans la descente’, ndr), l’idea di partenza era quella di lavorare sull’invenzione di una pièce immaginaria tramite la quale, a poco a poco, utilizzare il potere della parola per portare i corpi a fare cose che normalmente non possono fare, soprattutto astrarsi dalla realtà. Vedremo corpi che rimangono sospesi, spazi che si moltiplicano, vedremo come ancorare una danza sul palco per poi aprire lo spazio e aumentare le potenzialità immaginarie del corpo. La creazione sonora per questo episodio è affidata a Kerwin Rolland.
Il terzo episodio è video e s’intitola ‘Avant c’était bien, je m’amusais’. Mi lasci dire che ha un che di profetico. ‘Una volta era bello, mi divertivo’…
In un certo senso sì, in questo momento può suonare attuale, anche se non voluto. In questo episodio abbiamo posto un altro punto di vista tra il testo e la danza ed è un interrogarsi su cosa accade quando si danza, sul danzatore, i suoi limiti e fino a che punto può spingersi il corpo. La parola non è centrale, è interrogativa, concettuale. Siamo partiti da un film intitolato ‘Control’ e da un gruppo musicale ( Joy Division, ndr) nel quale il cantante ha una particolare movenza interpretativa. Ci siamo ispirati da questa sua danza anche per interrogare il rapporto tra musica e danza. Per concludere, nel quarto episodio ‘Je regarde l’espace comme si j’étais dans le public’, audio, vogliamo analizzare come la parola può venire dal danzatore, cosa succede nella sua testa quando questi si esibisce, cosa pensa, cosa guarda, su cosa si concentra, dunque si vuole descrivere uno spettacolo in soggettiva. Per questo siamo partiti dal bagaglio d’esperienza di Kerem Gelebek, una narrazione inevitabilmente autobiografica ma anche rielaborata. Kerwin Rolland ha creato musica nuova appositamente per questo episodio. La narrazione sarà con la voce di Kerem Gelebek per la versione francese e per la versione italiana, che sarà diffusa sul sito del Lac, sarà con la mia voce.
Anche ‘Io guardo lo spazio come se mi trovassi tra il pubblico’ ha qualcosa di anticipatore. Nessuno di noi può ancora essere pubblico, nessuno di voi artisti può viverlo, il pubblico. Inevitabile, alla luce delle restrizioni che sono state ulteriormente prolungate, chiederle come vive il momento...
È un periodo pesante, difficile. Questa ulteriore fase lo rende ulteriormente faticoso, per tante ragioni, per noi e per tutti. Quello che cerchiamo di fare è trovare altri modi di creare, e posso dire che uno spazio, anche interessante, c’è. Per fortuna che questo progetto esiste, per fortuna che in questo periodo mi sono interessata al suono, all’audio, alla descrizione di danze e non solo al lavoro sul palco, altrimenti sarebbe stato ancor più difficile. Certamente, al di là del coltivare l’inventiva, speriamo di ritornare tutti a modi di fruizione collettiva di cui abbiamo bisogno noi e, allo stesso modo, il pubblico.