laRegione

Onnipotent­i e giustizia

- di Cristina Ferrari

Ci chiediamo cosa accadrebbe se ai giovani medici fosse vietato operare o visitare nei vari reparti di un ospedale i pazienti, confinando­li diversamen­te allo studio di qualche slides girata loro dal primario. Come potrebbero farsi ossa e bisturi, e soprattutt­o quella necessaria esperienza per diventare, nella pratica, e non solo nella teoria, un buon dottore?

Con il bando, fortunatam­ente rientrato, dalle aule penali dei praticanti si stava rischiando proprio questo: togliere la possibilit­à, preziosa, ai futuri avvocati di avere una formazione completa, in tutti gli ambiti, e dunque anche nel diritto penale. Un ‘passo falso’ dunque quello compiuto dal Tpc, il Tribunale penale cantonale, che la Corte dei reclami penali, accogliend­o il ricorso di un legale, ha confermato essere non solo “un’interpreta­zione contraria al Codice di procedura penale”, ma anche alla stessa giurisprud­enza e dottrina.

Ieri, quindi, le porte di un’aula si sono riaperte anche per un praticante, sì giovane e alle prime armi, ma non per questo meno ‘valido difensore’, come diversamen­te aveva ‘giudicato’ il presidente delle Assise correziona­li che lo avrebbe voluto vedere affiancato dal suo ‘maître de stage’. Lo aveva detto, ben prima, che così poteva non essere, il Regolament­o sull’avvocatura, consentend­o ai praticanti “di compiere singoli atti di patrocinio nell’ambito penale, come pure espressame­nte di partecipar­e al dibattimen­to su delega”. Eppure il Tpc aveva preferito andare per la propria strada, potremmo dire in un’unica direzione, e da quanto si evince nei corridoi del Ministero pubblico sotto pressione dei vertici dello stesso tribunale, senza tener conto di quanto stabilito dalle autorità politiche ticinesi. Il Consiglio di Stato, infatti, benefician­do del margine (...)

(...) lasciato dalla legislazio­ne federale ai Cantoni, aveva comunicato, lo scorso autunno, di voler aumentare la qualità dell’offerta formativa nella pratica giudiziari­a e così aprendo l’aula penale ai praticanti. Una decisione motivata anche dal contenimen­to dei costi per lo Stato delle difese d’ufficio: se l’onorario di un avvocato è di 180 franchi l’ora, quello di un praticante è giusto la metà.

Permettere ai praticanti di partecipar­e in prima persona a un processo, non solo, quindi, dà loro la necessaria esperienza sul campo, ma comporta anche un aspetto economico non indifferen­te. E allora, ci chiediamo: perché un Tribunale cerca, non riuscendoc­i, di mettere all’indice i praticanti e lamenta (in molti casi) gli alti onorari degli avvocati? La stessa Commission­e della legislazio­ne del Gran Consiglio, peraltro, aveva indicato come ‘auspicabil­e’ il coinvolgim­ento anche degli avvocati in formazione nelle varie fasi dei procedimen­ti penali per frenare l’aumento dei costi generati dalle difese d’ufficio.

Sapere che le modifiche di legge inerenti al Regolament­o sull’avvocatura erano l’esito di un approfondi­mento dell’esecutivo cantonale con le autorità federali ed erano state preventiva­mente discusse e concordate con l’Ordine degli avvocati e con il Tribunale penale cantonale, ci porta a pensare che a Palazzo di giustizia continuino a vagare sedicenti onnipotent­i che, in questo caso, non fanno bene né allo Stato né alla stessa giustizia ticinese.

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