La variante inglese fra gli anziani
Crisi da Covid-19, ‘siamo stati costretti a prolungare il confinamento dei residenti’
«E pensare che da settimana prossima volevamo riaprire il Centro degli anziani alle visite». Moreno Doninelli, che a Balerna dirige il dicastero Socialità, sanità e problemi occupazionali, ha buoni motivi per avere il morale a terra. Dopo due ‘attacchi’ del Covid-19 speravano di esserne fuori; o almeno di aver superato la fase più critica. Invece, la struttura comunale è finita, questa volta suo malgrado, sulle pagine dei giornali nazionali: la casa per anziani del Mendrisiotto è stata la prima, infatti, a registrare un caso della cosiddetta variante inglese del virus. Questa proprio non ci voleva, lascia intendere il municipale; il quale sta seguendo da vicino la situazione. La linea con la direttrice sanitaria e i responsabili del Centro è diretta. «Sto tenendo aggiornato il Municipio giorno dopo giorno», ci dice. Adesso la prima preoccupazione è la salute degli ospiti, che però si stanno riprendendo.
Il campanello d’allarme, un caso ‘anomalo’
Il primo incontro ravvicinato con il coronavirus, ai tempi della prima ondata, non era stato, tutto sommato, così preoccupante come si poteva temere. Poi alla fine di dicembre eccolo ricomparire: stavolta sono stati undici i residenti a risultare positivi al Covid-19. «Il primo focolaio è apparso prima di Natale – ricostruisce il capodicastero –. A un certo punto, però, è stata notata una situazione un po’ anomala e la direttrice sanitaria ha chiesto di effettuare delle verifiche. Ieri dall’Ufficio del Medico cantonale abbiamo avuto la certezza che si trattava della variante inglese». Una buona ragione per sottoporre a tampone chi sin qui è risultato negativo. Al momento, si fa capire, non si può abbassare la guardia. Ora la preoccupazione è che questo ceppo inglese, che non risulta essere più grave ma più contagioso, si diffonda. “Il caso era risultato sospetto per una reinfezione recente e una serie di casi secondari in rapida successione – si chiarisce nella nota diffusa ieri dal Dipartimento sanità e socialità –, e per questo motivo l’Ufficio del Medico cantonale, d’intesa con la direzione del Centro, aveva provveduto a effettuare un’analisi approfondita del virus (sequenziamento) e a estendere l’indagine ambientale su tutta la struttura. Questo test a tappeto aveva confermato una rapida diffusione del focolaio, con circa la metà del personale e tre quarti degli ospiti – 35 in totale, ndr – positivi, nonostante le misure di protezione messe in atto”. Misure che hanno portato a chiudere alle visite. Dentro le mura del Centro, certo, per gli ospiti si allunga il confinamento. «Sono settimane – fa notare Doninelli – che gli anziani sono isolati dal mondo esterno. L’importante ora è che stiano bene. Speriamo a breve di ritrovare un po’ di normalità, come il fatto di poter consumare i pasti tutti insieme in sala da pranzo». Anche il personale anela la quotidianità di sempre dopo un vero ‘tour de force’. «Ci siamo trovati nella necessità – conferma Doninelli – di organizzare turni di 12 ore e di chiedere ai dipendenti di rinunciare a vacanze e congedi sotto le feste per far fronte alla situazione. Il che vale un plauso ai collaboratori».
Tanto rumore per quattro dosi di vaccino anti-Covid, si dirà. La decisione dell’Ente case anziani Mendrisiotto (Ecam) di non veder sciupate le ultime fiale rimaste, però, ha sollevato un polverone. Soprattutto per i destinatari del prezioso antidoto: quattro membri del Consiglio di fondazione della Casa Girotondo di Novazzano, parte della rete della Città di Mendrisio. Il direttore dell’Ecam, Severino Briccola, sfodera subito la buona fede. «Anche perché – si giustifica – le autorità cantonali hanno esortato a non sprecare i vaccini». Quei vaccini, fa sapere a ‘laRegione’, ordinati prima di scoprirsi in casa un focolaio di virus che ha colpito ospiti e personale. «Così ci siamo ritrovati con 70 dosi di troppo. A quel punto – ribadisce – abbiamo seguito le direttive, rivolgersi a persone anziane e fragili». E lì è partita la corsa conto il tempo, visto le modalità di conservazione del vaccino Pfizer. «Il direttore sanitario si è messo al telefono e siamo riusciti a ridistribuire 66 fiale. Che fare con le altre 4? La scelta non è stata dettata da nessun tipo di favoritismo. Semplicemente non volevamo buttare quelle dosi». Tra i banchi della politica qualche dubbio, però, è rimasto. Quanto basta per depositare una interrogazione urgente al Consiglio di Stato. Il deputato della Lega Massimiliano Robbiani è determinato a invocare una inchiesta.
‘Non volevamo sprecare quelle quattro dosi’