Biden punterà a dare una scossa all’economia
Potrà giocare, almeno, la carta dell’esperienza
Quando, 12 anni fa, si insediò alla Casa Bianca come vice di Barack Obama, Joe Biden trovò un’America con l’economia a pezzi, dopo il fallimento della Lehman Brothers, il crollo di Wall Street, la perdita di 6 milioni di posti di lavoro, la disoccupazione schizzata al 10 per cento. Questa settimana Biden eredita da Donald Trump un’America non solo scossa da disordini politici, ma anche sprofondata, per la pandemia, in una crisi più grave della Grande Recessione del 2008-2009, con decine di milioni di posti di lavoro svaniti.
Come uscirne? Biden ha davanti a sé una sfida immane ma può giocare, almeno, la carta dell’esperienza.
Mentre Trump impiegò molto tempo a capire come funziona un governo e non tentò mai di costruire una macchina amministrativa efficiente, il nuovo presidente ha già selezionato le persone con le giuste competenze per le posizioni-chiave. E sa dove mettere le mani: nel 2009 fu lui a gestire lo stimolo da 800 miliardi di dollari per rilanciare l’economia. Anche stavolta, se non verrà frenato da disordini politici, Biden punterà a dare una scossa immediata all’economia, alleviando al tempo stesso le difficoltà dei tanti americani colpiti dalla crisi provocata dal coronavirus.
Le posizioni chiave
Subito arriverà un altro stimolo fiscale da 1’900 miliardi di dollari, integrando i contributi alle famiglie bisognose: saliranno dagli attuali 600 a 2’000 dollari. Ma è solo un primo intervento d’emergenza, basato anche su altre misure per ridurre le diseguaglianze: salario minimo a 15 dollari l’ora e parziale remissione del debito di studio degli universitari. Rispetto a 12 anni fa, comunque, il nuovo presidente ha tre vantaggi: stavolta la crisi è tutta concentrata in alcuni settori dell’economia reale – dalla ristorazione al trasporto aereo passando per alberghi, turismo e spettacolo – mentre nel 2009 travolse la finanza. Non si dovranno, quindi, destinare le risorse disponibili soprattutto al salvataggio di banche e finanziarie, come avvenne con la crisi dei subprime.
Biden potrà attuare il primo punto della sua agenda – la democratizzazione della finanza – senza rischiare di destabilizzare il sistema. Qui una figura di rilievo sarà Gary Gensler, ex trader poi regolatore con Obama. Da presidente dell’authority federale Cftc contribuì a disegnare una nuova legislazione con norme e controlli più severi per la finanza. Ora Gensler guiderà la Sec, la Consob americana, col compito non solo di sorvegliare i mercati borsistici, ma anche di cercare di favorire concentrazioni di ricchezza presso i fondi pensione anziché presso top manager e investitori miliardari.
Un altro uomo-chiave sarà Sherrod Brown, energico senatore dell’Ohio, che guiderà la Commissione Banche del Congresso. Brown vuole affiancare al sistema di conti bancari che la Federal Reserve usa per far affluire fondi alle banche, conti bancari intestati ai singoli cittadini e amministrati dal governo (probabilmente attraverso le Poste) coi quali veicolare rapidamente incentivi e fondi assistenziali destinati a disoccupati e vittime del Covid-19: una novità indigesta per le banche.
Un altro vantaggio rispetto al passato è che sostenere l’economia con massicce iniezioni di fondi pubblici non è più un tabù. Lo stesso Biden ha notato che la dottrina economica è evoluta: economisti di sinistra, ma anche di destra, si sono convinti, sulla base dell’esperienza, che un allargamento del debito pubblico è necessario in momenti di grave crisi e che immissioni anche massicce di liquidità nel sistema economico, nelle condizioni attuali, non producono effetti inflazionistici.
Nel 2009 Biden affidò la politica economica all’ex banchiere Bob Rubin, a Larry Summers e a Tim Geithner: personaggi rispettosi dell’ortodossia e quindi molto preoccupati dagli equilibri di bilancio, oltre che sostenitori della deregulation finanziaria ereditata da Reagan. La loro stagione è finita: siamo nell’era di Janet Yellen, neo ministro del Tesoro, che anche da banchiere centrale (prima in California, poi alla Federal Reserve) ha sempre sostenuto politiche monetarie molto permissive, orientate a sostenere l’occupazione più che a tutelare la redditività del mercato obbligazionario. Certo, ora che Trump esce di scena tornano i fiscal conservative repubblicani, pronti a chiedere austerità e ad accusare i democratici di essere spendaccioni. Ma difficilmente troveranno ascolto quando Trump, che aveva promesso di azzerare il debito pubblico in otto anni, dopo quattro alla Casa Bianca l’ha portato da 20 a 28mila miliardi di dollari: 23mila dollari in più per ogni americano.
Dopo il salvataggio, la fase di ricostruzione
Esaurita la fase degli interventi di salvataggio, inizierà la fase di ricostruzione, con un piano d’investimenti in infrastrutture, energia e ambiente che Biden presenterà al Congresso tra un mese. Qui la chiave sarà l’ambiente: già Obama andava in questa direzione ma l’industria non era ancora pronta. Oggi sono le stesse imprese ad aggrapparsi agli investimenti verdi. Anche se Biden per i democratici è un centrista, poco amato dalla sinistra radicale di Bernie Sanders, il nuovo presidente tenterà politiche molto più progressiste di quelle di Clinton e dello stesso Obama. Certo, dipenderà anche dagli spazi che Biden avrà in un Congresso nel quale controllerà la maggioranza di Camera e Senato, ma con margini molto risicati.
I tempi, comunque, sono cambiati: le disuguaglianze estreme avevano già spinto perfino la Business Roundtable, un’organizzazione conservatrice che riunisce i capi dei maggiori gruppi industriali e finanziari d’America, a combattere l’aumento estremo delle sperequazioni anche reinterpretando il capitalismo in una chiave più sociale: l’azienda deve produrre benefici non solo per gli azionisti ma anche per gli stakeholder: dipendenti, clienti e la comunità circostante. Fin qui il manifesto di questo organismo (oggi presieduto dal capo di Walmart, Doug McMillon) è rimasto sulla carta. Con l’arrivo di un presidente democratico potrebbe diventare realtà.