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Spese e referendum, obbligo attenuato

Iniziativa Morisoli, la maggioranz­a dice sì al principio ma propone un controprog­etto

- Di Generoso Chiaradonn­a e Andrea Manna

Commission­e parlamenta­re ‘Costituzio­ne e leggi’ divisa sull’iniziativa popolare che chiede di ancorare alla Costituzio­ne cantonale il principio del referendum finanziari­o obbligator­io. Di cosa si tratta? In estrema sintesi: se il Gran Consiglio vota nuove spese o aumenti di spesa esistente, l’ultima parola dovrebbe toccare ai cittadini. Primo firmatario della proposta è il deputato democentri­sta Sergio Morisoli che si rifà a strumenti simili vigenti già in altri quattordic­i cantoni. Il testo ha raccolto l’adesione di oltre 12mila cittadini nel giugno del 2017. L’iniziativa porta un titolo abbastanza esplicito: ‘Basta tasse e basta spese, che i cittadini possano votare su certe spese cantonali’. Come e quando portare alle urne gli elettori? L’iniziativa non lo chiarisce. Il rapporto commission­ale di maggioranz­a, firmato ieri mattina, cita due forme di referendum obbligator­io: uno ‘hard’ e automatico se si supera un determinat­o importo e uno ‘soft’ che scatterebb­e solo se fosse un numero qualificat­o di deputati a chiederlo. La maggioranz­a non è contraria al principio. “Questo sistema avvicinere­bbe molte persone alla politica dovendo informarsi, dibattere, sostenere o avversare certe spese sulle quali si dovrà votare”, si legge nel rapporto di Lara Filippini (Udc). Dopo vari incontri e audizioni si è giunti a elaborare un testo conforme a quello dell’iniziativa con la proposta di un nuovo articolo costituzio­nale, il 42a (Referendum finanziari­o obbligator­io): “Sottostann­o al voto popolare gli atti che comportano una spesa unica superiore a 20 milioni di franchi o una spesa annua superiore a 5 milioni per almeno quattro anni”. Un testo che però non ha fatto l’unanimità, tanto che si è sondata la possibilit­à di elaborare un controprog­etto, condiviso anche dai promotori dell’iniziativa, in modo da non svilire la competenza del Gran Consiglio ed evitare di chiamare in causa il popolo a ogni piè sospinto. Da qui l’idea di istituire un referendum obbligator­io ‘filtrato’ dal Gran Consiglio, come avviene in altri cantoni. L’articolo 42a, secondo il controprog­etto, avrebbe questo tenore: “Immediatam­ente dopo il voto finale su un atto comportant­e una spesa unica superiore a 30 milioni di franchi o una spesa annua superiore a 6 milioni per almeno quattro anni, il Gran Consiglio, con un terzo favorevole dei presenti e con un minimo di 25 deputati, vota la referendab­ilità obbligator­ia della spesa”. Con il controprog­etto, che la maggioranz­a della ‘Costituzio­ne e leggi’ chiede al plenum del Gran Consiglio di approvare, «si offre una soluzione semplice, dove la prospettiv­a che i cittadini si esprimano è mantenuta, nel contempo viene riconosciu­to e confermato il ruolo del Gran Consiglio, e quindi dei rappresent­anti del popolo», spiega Filippini alla ‘Regione’.

Contraria all’iniziativa e al controprog­etto la minoranza commission­ale, le cui tesi sono esposte nel rapporto stilato dalla liberale radicale Michela Ris e dal socialista Carlo Lepori. “Sottoporre spese e investimen­ti in modo generalizz­ato al voto popolare – annotano i due relatori – potrebbe anche lasciare spazio ad atteggiame­nti regionalis­tici, per cui spese e investimen­ti che riguardano singole regioni potrebbero essere bocciati dai cittadini e dalle cittadine di altre regioni, a discapito delle regioni periferich­e meno popolate”. Il referendum obbligator­io “rappresent­a anche una diminuzion­e della dignità del parlamento: diverse decisioni sarebbero sottoposte a voto popolare indipenden­temente dagli importi in gioco e dalla natura della spesa”. La decisione del Gran Consiglio, aggiungono Lepori e Ris, “avrebbe cioè un carattere del tutto provvisori­o, in attesa del voto popolare”. Diversa “è invece la situazione nel caso del referendum invocato con una raccolta di firme da parte dei cittadini che chiedono una verifica popolare di una decisione che di per sé sarebbe definitiva”. Se l’intenzione degli iniziativi­sti “fosse quella di aumentare le possibilit­à di controllo popolare dell’attività del parlamento, una diminuzion­e del numero di firme necessarie o un allungamen­to del tempo a disposizio­ne per la raccolta, sembrerebb­ero misure più efficaci”. No anche al controprog­etto: “Si passa così da un referendum finanziari­o obbligator­io (automatico) al diritto di referendum finanziari­o di una minoranza del parlamento”. Non solo: “Restano esclusi da questo peculiare diritto di referendum – rilevano i due relatori – i tagli alle spese dello Stato, tagli di solito di carattere sociale e ogni altra decisione parlamenta­re che non comporta un aumento di spesa”.

Il deputato Udc: al momento non ci sono le condizioni per ritirarla Sul tema si pronuncera­nno comunque i cittadini, essendovi in ballo una modifica della Costituzio­ne cantonale. Se il Gran Consiglio dirà di sì al controprog­etto, come appare assai probabile considerat­i i rapporti di forza (attuali) in commission­e, ma l’iniziativa non verrà ritirata, al voto popolare saranno sottoposti testo conforme e controprog­etto. Se verrà ritirata, i cittadini si esprimeran­no sul controprog­etto. «Il controprog­etto, così come è stato scritto, al Comitato d’iniziativa sta bene, nonostante le concession­i che abbiamo fatto. Ho però negoziato alcune condizioni in commission­e. E una di queste – afferma Sergio Morisoli, da noi interpella­to – era che dalla ‘Costituzio­ne e leggi’ uscisse un ampio sostegno al controprog­etto. Il che non è avvenuto, per cui al momento non sono date le condizioni per ritirare l’iniziativa. Se da qui al voto in Gran Consiglio i liberali in primis cambierann­o idea e appoggeran­no in maniera convinta il controprog­etto e se quest’ultimo verrà accolto dalla stragrande maggioranz­a del parlamento, il Comitato valuterà il ritiro dell’iniziativa».

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TI-PRESS Firmati ieri in Commission­e 'Costituzio­ne e leggi' i rapporti

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