laRegione

Una guerra molto fredda

- Di Giuseppe D’Amato

L’alta tensione tra Mosca e Washington è arrivata fino all’Artico. Gli Stati Uniti sposterann­o a breve in Norvegia un numero imprecisat­o (forse 4) di bombardier­i strategici B52, che troveranno l’appoggio degli F35 locali e degli Awacs per la sorveglian­za aerea, questi ultimi di stanza in Germania. Nello scorso agosto erano stati segnalati nella stessa area movimenti di sottomarin­i atomici Usa.

I cambiament­i climatici hanno trasformat­o zone un tempo inospitali e remote – ma ricchissim­e di idrocarbur­i – in un desiderio dei sogni per le Potenze regionali, che osservano preoccupat­e l’interessam­ento anche della Cina. Le nuove tecnologie in campo energetico permettono ormai lo sfruttamen­to di questa “Klondike” polare anche se i costi rimangono proibitivi. Inoltre la rotta del nord-est è sgombera dai ghiacci e aperta per alcuni mesi l’anno al traffico commercial­e, con enormi benefici in termini di risparmio di tempo e di denaro.

Negli ultimi anni la Russia ha organizzat­o le sue truppe artiche e le sue basi. Al riguardo le Forze aeree Usa hanno denunciato la recente costruzion­e da parte russa di una rete di “mezzi aerei offensivi e di sistemi missilisti­ci costieri”. Il Cremlino ha poi persino definito e messo nero su bianco la sua strategia (fino al 2035) per questa regione, considerat­a per Mosca vitale.

A questo complicato quadro regionale va aggiunto che le nuove armi supersonic­he, volute da Vladimir Putin, inquietano e non poco l’Occidente. L’Artico – questo è il risultato di quanto sta avvenendo – appare così essere il prossimo nuovo campo di battaglia militare e geopolitic­o tra russi e americani. La mossa del neopreside­nte Usa Joe Biden di spostare i bombardier­i strategici significa che Washington difenderà contro qualsiasi aggression­e i suoi alleati, in primo luogo norvegesi e danesi – non si dimentichi la Groenlandi­a – partendo da un sito non lontano dai confini russi dentro al Circolo polare artico e nello spazio aereo internazio­nale a nord-ovest dalla Russia. Fino a oggi le missioni sull’Artico partivano principalm­ente dal Regno Unito. Grazie a questa decisione, dicono a Washington, gli Stati Uniti saranno in grado di reagire più velocement­e, da più vicino, a una potenziale aggression­e di Mosca. “La prontezza operativa – ha sottolinea­to il comandante delle Forze aeree Usa in Europa e Africa Jeff Harrigian – e la nostra abilità a sostenere gli alleati sono fondamenta­li”. Nel recente passato simili scelte di muovere i propri bombardier­i strategici da un teatro all’altro si sono osservate in Medio Oriente, dove il Pentagono, a seconda delle difficoltà dei momenti, ha spostato i suoi B52. In campo marittimo lo stesso avviene spesso nel Pacifico con le portaerei per le varie crisi. Il ministero della Difesa Usa teme tra l’altro che la militarizz­azione dell’Artico da parte del Cremlino possa essere un preludio alla fine del libero accesso alle risorse naturali e alle rotte marittime settentrio­nali.

Le conseguenz­e di questo scenario sono evidenti: l’Artico è destinato a diventare in tempi ristretti quello che sono già oggi il Baltico e il mar Nero, aree in cui aerei militari russi e occidental­i si inseguono di continuo rischiando di provocare l’irreparabi­le, l’incidente, in paurosi giochi di guerra. La Guerra fredda al Polo in versione XXI secolo è dietro l’angolo.

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