Il piano d’uscita non cambia, il ritmo un po’ sì
Il Consiglio federale mantiene la rotta annunciata. Prime aperture da lunedì. Ristoranti, teatri e cinema in panchina almeno fino al 22 marzo, data alla quale è stata anticipata la seconda (ancora ipotetica) fase. Giovani fino a 20 anni, regime speciale.
Un’uscita rapida, o addirittura col turbo, dal semiconfinamento. Questo chiedevano – e in parte continuano a chiedere – una manciata di commissioni parlamentari, diversi cantoni, le associazioni economiche e le oltre 200mila persone che hanno firmato la petizione ‘Stop Lockdown’. Accusato ancora ieri sui giornali Tamedia dal presidente Udc Marco Chiesa di aver introdotto una dittatura, il Consiglio federale – dopo aver consultato i Cantoni – ha sostanzialmente mantenuto la rotta tracciata la scorsa settimana (nell’infografica le principali misure). Quindi lunedì riapriranno negozi, musei e altre strutture per il tempo libero e lo sport; i giovani fino ai 20 anni (e non solo fino ai 18, come inizialmente previsto) potranno svolgere la maggior parte delle attività sportive e culturali. Invece bar, ristoranti e altre attività al chiuso dovranno pazientare almeno fino al 22 marzo. Un po’ meno di quanto l’esecutivo aveva indicato in un primo tempo (1o aprile).
Prudenza, gradualità: non muta l’impostazione della strategia di deconfinamento. Si tratta di dare “un po’ di ossigeno” alla vita sociale ed economica, scrive il Consiglio federale. La situazione epidemiologica resta «molto fragile», ha affermato in conferenza stampa il presidente della Confederazione Guy Parmelin. Siamo «nella fase più delicata», gli ha fatto eco
Alain Berset. Il ‘ministro’ della sanità si è detto «impressionato» dal fatto che finora gli scenari schizzati a inizio gennaio dalla task force scientifica «si sono confermati uno a uno»: le varianti del virus, assai più contagiose, costituiscono ormai il 60% dei casi; e i contagi «non scendono più». Un’inversione di tendenza? L’inizio di una terza ondata? «Non ne sappiamo nulla», ha ammesso il friburghese.
‘Anche noi non ne possiamo più’
In una simile situazione «non c’è una decisione giusta e una sbagliata», ha detto Parmelin. «Siamo coscienti che quest’apertura graduale e lenta è fonte di insoddisfazione e capiamo i motivi delle critiche». «Anche noi non ne possiamo più», ha esclamato a un certo punto Berset volgendo lo sguardo verso il collega. L’obiettivo è di «riaprire il prima possibile e di tornare a una certa normalità». D’altro canto, anche questi primi timidi passi sulla via del deconfinamento comportano «certi rischi».
Il dosaggio è operazione delicata. In un primo tempo, dunque, luce verde solo a quelle attività compatibili con l’obbligo della mascherina e il rispetto del distanziamento, che vedono coinvolte poche persone. Potranno riaprire negozi (con limitazioni della capacità), musei e sale di lettura di biblioteche. Lo stesso dicasi (ma sempre con mascherina obbligatoria, distanze e capienza limitata) per le aree esterne di zoo, giardini botanici e parchi divertimento, così come per gli impianti sportivi all’aperto (piste di pattinaggio, campi da tennis e da calcio, stadi di atletica leggera). Restano proibite le competizioni sportive popolari per adulti e le manifestazioni.
Il Consiglio federale è venuto incontro ai Cantoni su diversi punti. In particolare sulla cadenza del piano di uscita (tre settimane tra una tappa e l’altra, anziché un mese) e l’estensione degli allentamenti per i giovani. Questi saranno più generosi (possono riprendere tra l’altro le attività di animazione socioculturale, i cori, le prove di musica e i concerti) e accessibili a chi ha meno di 20 anni (oggi: 16; il governo aveva proposto d’innalzare il limite a 18 anni).
22 marzo anziché 1o aprile
Nessuna concessione, per contro, sulla riapertura delle terrazze dei ristoranti: non riapriranno da lunedì, come chiesto da una maggioranza dei Cantoni. Ogni decisione al riguardo è rimandata al 19 marzo. Le terrazze (e forse anche i locali al chiuso dei ristoranti) potrebbero nuovamente accogliere avventori a partire dal 22. Si vedrà. Intanto, nelle stazioni sciistiche di alcuni cantoni (Ticino compreso), le terrazze sono già aperte per il consumo di pasti d’asporto. Una situazione contraria al diritto federale, ha ribadito Berset affermando che «non possono restare aperte». A malincuore, il governo grigionese ha già fatto sapere che si allineerà.
Gastrosuisse parla di una decisione “incomprensibile”. Il mancato allentamento delle misure restrittive a inizio marzo per il settore è fatale, ha affermato il presidente Casimir Platzer. Anche la Conferenza dei direttori cantonali della sanità esprime disappunto. A suo avviso, il rischio di trasmissione nelle terrazze all’aperto è “gestibile”.
La parola d’ordine per il Consiglio federale è «flessibilità», ha spiegato Alain Berset. I prossimi passi di una strategia «basata sui rischi» verranno decisi prendendo in considerazione una serie di criteri (tasso di positività, occupazione dei letti di terapia intensiva malati di Covid-19 ecc.) «non cumulativi e non automatici». L’esecutivo li illustrerà il 12 marzo. Poi, nuova consultazione tra i Cantoni; e decisione definitiva il 19. In quell’occasione, il Governo potrebbe pronunciarsi – qualora la situazione epidemiologica “dovesse evolvere favorevolmente” – anche su allentamenti che riguardano le manifestazioni culturali e sportive in presenza di pubblico in spazi circoscritti, telelavoro, sport in locali al chiuso, la soglia di cinque persone per le riunioni private all’interno e le lezioni in presenza nelle scuole universitarie. Come previsto, le decisioni del Consiglio federale hanno suscitato reazioni contrastanti. L’Udc è tornata a criticare duramente il Governo. Idem le organizzazioni economiche. Sostanzialmente soddisfatti, invece, i partiti di sinistra e del centro.