Le vere riforme. Mancate
I burocrati confezionano leggi inespugnabili per i politici. E il Governo ben si guarda dal metterle in discussione. I funzionari sanno come fargli paura
Con la sessione parlamentare di aprile si entra nella seconda parte della legislatura 2019-23. Ecco alcune considerazioni viste dall’interno. Il Parlamento avrebbe la funzione principe di legiferare, è il potere legislativo, colui che fa le leggi. Dovrebbe indicare, se necessario obbligare l’altro potere, l’esecutivo, colui che esegue e fa applicare le leggi a concretizzare tramite l’amministrazione pubblica le scelte fatte dal Parlamento e se del caso dal Popolo (iniziative e referendum). Da alcuni decenni, e in questo quadriennio in modo palese, il ruolo dei due poteri gira al contrario. Le leggi, sempre più tecniche e dettagliate, vengono fatte dagli uffici amministrativi con funzionari sempre più preparati e super esperti. Alle direzioni politiche dei Dipartimenti spetta qualche correzione cosmetica, ma il cammino è irreversibile: gli specialisti e i burocrati sanno confezionare leggi inespugnabili per i politici. Il capo Dipartimento porta in Governo il progetto di Legge difendendolo e ripetendo cosa i suoi funzionari gli hanno scritto e se del caso facendo presentare direttamente da loro la loro volontà. Il Governo, composto da 5 persone di 4 partiti diversi, per sopravvivere difficilmente mette in discussione il lavoro dei funzionari. Ogni funzionario è un mago nel far paura al Governo sulle conseguenze in cui incorrerebbe il politico se non dovesse eseguire ciò che l’esperto (l’amministrazione) gli propone. Le Leggi, di volta in volta, vengono approvate senza grosse discussioni di merito: il giudizio politico scompare (troppo rischioso), il giudizio tecnico è un atto di fede fatto ai funzionari o ai consulenti esterni. Il Governo è nulla più di un postino che trasmette il Messaggio dei funzionari alla bucalettere del Gran Consiglio. Le commissioni del Gran Consiglio sono ancora meno attrezzate e preparate del Governo per mettere in discussione la volontà dell’amministrazione. Alla Commissione di turno non resta che farsi suggerire (a volte scrivere) da qualche funzionario esperto il Rapporto commissionale. Il relatore di maggioranza porta in Parlamento la proposta del funzionario X, partita qualche mese (anno) prima da un qualche ufficio dipartimentale e che il Gran Consiglio approva a maggioranza. Il Legislativo non fa più le Leggi: approva ciò che i funzionari vogliono fare. La crisi vera dello Stato, dell’esplosione di nuove norme (230 all’anno!) quindi della spesa pubblica sta in questo percorso alla rovescia. L’amministrazione vuole fare tutto e di più, è progressista nel senso che trova soluzioni (costose) a problemi prima ancora che si pongano, deve produrre regole, deve pianificare, controllare e proteggere la vita degli altri in tutti i campi. Impossibile pretendere che l’amministrazione a suo discapito inizi con la revisione dei compiti, con lo sfoltimento delle leggi, con i risparmi. Il risanamento finanziario, lo Stato efficiente ed efficace lo si potrà avere solo se il Parlamento si riprende il suo ruolo originale: dire al Governo cosa deve fare o non fare, il quale lo ordinerà all’amministrazione. Non va da sé, e i partiti di Governo non lo faranno mai (non hanno interesse).Per questo ci siamo permessi di proporre (invano) alcuni atti parlamentari per cambiare le regole del gioco: sfoltire le leggi, mettere una data di scadenza alle leggi, la revisione dei compiti, diminuire i prezzi statali (tasse causali e balzelli), votare il piano finanziario di legislatura, abbassare il numero di firme e aumentare il tempo di raccolta per iniziative e referendum popolari, introdurre la sussidiarietà, il maggioritario, il referendum f inanziario obbligatorio, innalzare al 50% la deducibilità delle liberalità. Tutto questo per ribaltare il potere dall’amministrazione al Parlamento e se del caso al Popolo. Il lavoro per la prossima legislatura, questa per esperienza è da ritenersi chiusa visto l’alibi del virus, non mancherà per chi vorrà revisionare e riaggiustare il ruolo dei poteri democratici. Ma il Gran Consiglio deve diventare attivo allegro anziché passivo andante.
* deputato e capogruppo UDC in Gran Consiglio