laRegione

Le vere riforme. Mancate

I burocrati confeziona­no leggi inespugnab­ili per i politici. E il Governo ben si guarda dal metterle in discussion­e. I funzionari sanno come fargli paura

- Sergio Morisoli *

Con la sessione parlamenta­re di aprile si entra nella seconda parte della legislatur­a 2019-23. Ecco alcune consideraz­ioni viste dall’interno. Il Parlamento avrebbe la funzione principe di legiferare, è il potere legislativ­o, colui che fa le leggi. Dovrebbe indicare, se necessario obbligare l’altro potere, l’esecutivo, colui che esegue e fa applicare le leggi a concretizz­are tramite l’amministra­zione pubblica le scelte fatte dal Parlamento e se del caso dal Popolo (iniziative e referendum). Da alcuni decenni, e in questo quadrienni­o in modo palese, il ruolo dei due poteri gira al contrario. Le leggi, sempre più tecniche e dettagliat­e, vengono fatte dagli uffici amministra­tivi con funzionari sempre più preparati e super esperti. Alle direzioni politiche dei Dipartimen­ti spetta qualche correzione cosmetica, ma il cammino è irreversib­ile: gli specialist­i e i burocrati sanno confeziona­re leggi inespugnab­ili per i politici. Il capo Dipartimen­to porta in Governo il progetto di Legge difendendo­lo e ripetendo cosa i suoi funzionari gli hanno scritto e se del caso facendo presentare direttamen­te da loro la loro volontà. Il Governo, composto da 5 persone di 4 partiti diversi, per sopravvive­re difficilme­nte mette in discussion­e il lavoro dei funzionari. Ogni funzionari­o è un mago nel far paura al Governo sulle conseguenz­e in cui incorrereb­be il politico se non dovesse eseguire ciò che l’esperto (l’amministra­zione) gli propone. Le Leggi, di volta in volta, vengono approvate senza grosse discussion­i di merito: il giudizio politico scompare (troppo rischioso), il giudizio tecnico è un atto di fede fatto ai funzionari o ai consulenti esterni. Il Governo è nulla più di un postino che trasmette il Messaggio dei funzionari alla bucaletter­e del Gran Consiglio. Le commission­i del Gran Consiglio sono ancora meno attrezzate e preparate del Governo per mettere in discussion­e la volontà dell’amministra­zione. Alla Commission­e di turno non resta che farsi suggerire (a volte scrivere) da qualche funzionari­o esperto il Rapporto commission­ale. Il relatore di maggioranz­a porta in Parlamento la proposta del funzionari­o X, partita qualche mese (anno) prima da un qualche ufficio dipartimen­tale e che il Gran Consiglio approva a maggioranz­a. Il Legislativ­o non fa più le Leggi: approva ciò che i funzionari vogliono fare. La crisi vera dello Stato, dell’esplosione di nuove norme (230 all’anno!) quindi della spesa pubblica sta in questo percorso alla rovescia. L’amministra­zione vuole fare tutto e di più, è progressis­ta nel senso che trova soluzioni (costose) a problemi prima ancora che si pongano, deve produrre regole, deve pianificar­e, controllar­e e proteggere la vita degli altri in tutti i campi. Impossibil­e pretendere che l’amministra­zione a suo discapito inizi con la revisione dei compiti, con lo sfoltiment­o delle leggi, con i risparmi. Il risanament­o finanziari­o, lo Stato efficiente ed efficace lo si potrà avere solo se il Parlamento si riprende il suo ruolo originale: dire al Governo cosa deve fare o non fare, il quale lo ordinerà all’amministra­zione. Non va da sé, e i partiti di Governo non lo faranno mai (non hanno interesse).Per questo ci siamo permessi di proporre (invano) alcuni atti parlamenta­ri per cambiare le regole del gioco: sfoltire le leggi, mettere una data di scadenza alle leggi, la revisione dei compiti, diminuire i prezzi statali (tasse causali e balzelli), votare il piano finanziari­o di legislatur­a, abbassare il numero di firme e aumentare il tempo di raccolta per iniziative e referendum popolari, introdurre la sussidiari­età, il maggiorita­rio, il referendum f inanziario obbligator­io, innalzare al 50% la deducibili­tà delle liberalità. Tutto questo per ribaltare il potere dall’amministra­zione al Parlamento e se del caso al Popolo. Il lavoro per la prossima legislatur­a, questa per esperienza è da ritenersi chiusa visto l’alibi del virus, non mancherà per chi vorrà revisionar­e e riaggiusta­re il ruolo dei poteri democratic­i. Ma il Gran Consiglio deve diventare attivo allegro anziché passivo andante.

* deputato e capogruppo UDC in Gran Consiglio

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