Prosciolto, ma lascia gli incarichi
Decreto d’abbandono per l’inchiesta su don Chiappini, che rinuncia a Diocesi e cattedra
L’inchiesta è finita, andate in pace. A tre mesi dal suo arresto, al quale tre giorni più tardi è seguita la scarcerazione, e dall’avvio delle indagini, la procuratrice pubblica Pamela Pedretti ha firmato un decreto di abbandono nei confronti di don Azzolino Chiappini, 80 anni. Il motivo, si legge in un comunicato stampa diramato ieri dal Ministero pubblico: “Non essendosi corroborati gli indizi dei reati ipotizzati”. Si chiude così l’indagine a carico del sacerdote fermato lo scorso 20 novembre con le pesanti accuse di sequestro di persona, coazione e lesioni semplici per omissione ai danni di una 48enne di origine finlandese che dimorava nella sua abitazione. Il sacerdote, indica la Magistratura, ha spontaneamente rinunciato a postulare un indennizzo allo Stato a seguito del procedimento penale.
Ancora sconosciute le motivazioni
Il caso aveva suscitato clamore per la personalità coinvolta, un alto prelato professore emerito della Facoltà di Teologia di Lugano che ha contribuito a fondare. La scarcerazione ordinata dal giudice dei provvedimenti coercitivi tre giorni dopo l’arresto aveva lasciato presagire un possibile decreto d’abbandono. L’avvocato di difesa, Elio Brunetti, era convinto di questo esito “sin dal momento in cui ho assunto il mandato di difesa”, ha scritto il legale in una nota inviata ieri agli organi d’informazione, nella quale evidenzia: “Con l’emanazione del decreto di abbandono odierno la Magistratura ha accertato la totale estraneità di monsignor Azzolino Chiappini dai reati ipotizzati”. Ieri abbiamo tentato invano di raggiungere l’avvocato per conoscere le motivazioni del decreto di abbandono firmato dalla procuratrice pubblica, titolare dell’inchiesta, che ad ora rimangono sconosciute. Brunetti, nella stessa nota stampa, dichiara inoltre: “Ciò detto non posso esimermi dallo stigmatizzare come taluni organi di stampa si siano affrettati a rendere pubblico, infangandolo, il nome del mio assistito e ciò prima ancora della decisione del Giudice dei provvedimenti coercitivi di non confermare l’arresto non ritenendone dati i presupposti”. Da noi interpellato il giorno della scarcerazione di don Azzolino Chiappini disposta dal giudice dei provvedimenti coercitivi, Brunetti aveva fra l’altro dichiarato come la presunta vittima, la 48enne di origine finlandese, dopo una visita medica, non avesse riscontrato nessuna lesione fisica né psicologica. Un elemento che appare decisivo alla luce dell’abbandono dell’inchiesta penale comunicato ieri dalla pp Pamela Pedretti, oltre al fatto che la donna non si sia mai costituita accusatrice privata.
Le inchieste giornalistiche delle ore successive l’avvio delle indagini avevano messo in evidenza dettagli sulla vicenda che ha investito il sacerdote, nessuno dei quali, tuttavia, costitutivo di alcuna rilevanza penale. Ad esempio, nell’appartamento di via Borghetto 2 dove abitava Chiappini, abitazione di proprietà della Diocesi dove la donna avrebbe vissuto per diversi anni, sarebbero state rinvenute grosse quantità di scatole contenenti merci – prevalentemente indumenti e scarpe – ordinate dal sacerdote online. Oltre a questo scenario, un motivo di sospetto era stato il fatto che l’accesso all’appartamento era praticamente precluso, dal momento che il sacerdote aveva più volte respinto gli operai chiamati dalla Curia per lavori di manutenzione.
Intanto, nel giorno del decreto d’abbandono, si è mossa anche la Curia. “La Diocesi ha seguito con attenzione l’indagine – si legge in una nota inviata ai media – e accoglie ora con favore il fatto che la Magistratura abbia confermato l’assenza di qualsiasi condotta di rilevanza penale”. Sempre la Curia fa sapere che il sacerdote, nonostante sia stato completamente scagionato da ogni accusa, si è autosollevato da tutti gli incarichi che aveva ancora in seno alla Diocesi. Solo due giorni fa, nell’edizione de la-Regione di martedì, avevamo riferito del fatto che don Azzolino era ancora attivo, in linea teorica, nell’insegnamento alla Facoltà di Teologia. Sebbene quest’ultima ci abbia poi spiegato che i corsi erano di fatto sospesi, il sacerdote compariva ancora nell’organigramma. Ma non sarà più così: “Al di là della decisione a cui è pervenuta l’autorità giudiziaria, a seguito del grande clamore mediatico suscitato attorno alla sua persona, il presbitero ha ritenuto di dover rinunciare a tutti gli incarichi finora ricoperti in Diocesi, compreso l’insegnamento presso la Facoltà di Teologia di Lugano”.