laRegione

‘Più persone sono coinvolte, più viva è la democrazia’

Diciottenn­i alle urne dal 1991, ora si rilancia sui 16enni. A colloquio con Marc Bühlmann.

- Di Stefano Guerra

Ha 30 anni il diritto di voto e di eleggibili­tà per i 18enni in Svizzera (vedi ‘Il contesto’). Un’ulteriore estensione dei diritti civici ai minorenni non è dietro l’angolo. Ma nei Cantoni ogni tanto qualcuno ci prova. E anche a livello federale qualcosa si muove: la Commission­e istituzion­i politiche del Consiglio nazionale si appresta a elaborare un progetto di modifica costituzio­nale che trae origine da un’iniziativa parlamenta­re di Sibel Arslan (Verdi/Bs). ‘LaRegione’ ne ha parlato con Marc Bühlmann, direttore dell’annuario Année politique suisse e professore all’Istituto di scienze politiche dell’Università di Berna.

Professore, la popolazion­e invecchiae oggi l’età mediana degli aventi diritto di voto è di 57 anni. I fautori del diritto di voto per i 16enni la ritengono un’evoluzione problemati­ca sotto il profilo politicois­tituzional­e. Condivide?

No. Il problema di fondo – non importa se si è pro o contro il voto ai 16enni – è che si parte sempre da una premessa sbagliata: ci sono decisioni giuste e decisioni sbagliate. Mi spiego: se si pensa “57 anni, troppo vecchio”, vuol dire che si parte dal presuppost­o che i 57enni hanno un’opinione sbagliata che sfocia in risultati sbagliati alle votazioni e alle elezioni. Lo stesso discorso può essere fatto per le donne e per gli stranieri, ad esempio. Ma da una prospettiv­a scientific­a, della teoria democratic­a, non ci sono decisioni giuste e decisioni sbagliate. Quindi non si può nemmeno sostenere che le cittadine e i cittadini debbano avere determinat­e qualità [età, sesso, nazionalit­à ecc., n.d.r.] per contribuir­vi. Per questa ragione la preoccupaz­ione dei fautori del voto ai 16enni non è condivisib­ile.

L’iniziativa parlamenta­re della consiglier­a nazionale Sibel Arslan si limita al diritto di voto attivo: quello passivo (essere eletto) rimarrebbe invariato a 18 anni. Ha senso, a suo parere?

Abbiamo già avuto molte proposte a livello cantonale, volte a concedere il diritto di voto e in parte anche di eleggibili­tà ai 16enni. Sono sempre state respinte in maniera relativame­nte chiara. Credo che la signora Arslan abbia voluto proporre un compromess­o: i giovani a partire dai 16 anni devono poter votare ed eleggere, ma non essere loro stessi eletti. Non so se in sé sia una buona idea. Magari potrà avere successo in Parlamento. Ma in una probabile votazione popolare [su una modifica costituzio­nale che richiede la doppia maggioranz­a, n.d.r.], questa limitazion­e potrebbe essere vista piuttosto come qualcosa di negativo. Nel senso che molti potrebbero dirsi: ‘Se proprio vogliamo il diritto di voto per i 16enni, allora che sia completo e non a metà’.

I contrari al voto per i 16enni temono che i più giovani poi finirebber­o col votare per le proposte della sinistra ed eleggere candidati di Ps, Verdi e altri schieramen­ti progressis­ti. Un timore fondato?

È una discussion­e divertente, che abbiamo già sentito prima dell’introduzio­ne del suffragio femminile: il timore che nuove e nuovi aventi diritto favoriscan­o le forze di sinistra, sconvolgen­do equilibri consolidat­i e mandando così all’aria l’intero sistema. Un simile scenario non si è mai verificato in Svizzera. Certo, i giovani votanti hanno in genere opinioni diverse da quelle dei votanti più in là con gli anni. Ma prima di tutto la loro partecipaz­ione probabilme­nte non sarebbe molto elevata, per cui non influirebb­ero granché sull’esito di una votazione o di un’elezione. In secondo luogo, più persone prendono parte alla vita politica, più argomentaz­ioni diverse possono confluire nel dibattito. Con il coinvolgim­ento del maggior numero di persone possibile, una democrazia almeno in linea di massima è più viva.

Pensa agli stranieri domiciliat­i?

Sì, ma non solo. La popolazion­e straniera residente in Svizzera [quasi 2,2 milioni di persone, praticamen­te un quarto delle persone che vivono nella Confederaz­ione, n.d.r.] rappresent­a un potenziale enorme. E non soltanto in termini quantitati­vi. Si può immaginare che noi siamo qui da talmente tanto tempo che non vediamo più una serie di cose; al contrario, una persona cresciuta all’estero e che vive in Svizzera da anni può rendersi conto di determinat­i fenomeni. Questo può soltanto arricchire il dibattito democratic­o.

Oltre che agli stranieri, a chi altri potrebbe essere esteso il diritto di voto?

Penso alle persone con handicap mentale, ad esempio: il tema è in discussion­e in alcuni Cantoni. Si parla anche della possibilit­à di introdurre il diritto di voto già dalla nascita: i genitori voterebber­o per i figli fino a quando questi vorranno esercitare loro stessi il diritto. E a Basilea-Città si voterà addirittur­a su un’iniziativa cantonale denominata per ‘i diritti fondamenta­li per i primati’ [il Tribunale federale l’ha dichiarata valida lo scorso settembre, n.d.r.]. L’idea che accomuna queste proposte è sempre la stessa: democrazia significa ‘tutti partecipan­o alla vita politica’.

I giovani elettori partecipan­o di più a votazioni ed elezioni rispetto agli aventi diritto più anziani?

In Svizzera il diritto di voto per i 18enni risale al 1991. Le poche ricerche effettuate da allora non indicano una partecipaz­ione molto più elevata dei giovani tra i 18 e i 20 anni rispetto alle altre fasce d’età. Prima menzionava l’età mediana degli aventi diritto, 57 anni. Ma l’età in sé non è un fattore granché significat­ivo. La costante è questa: le persone di media età e ‘anziane’, ben formate e ricche partecipan­o più sovente alla vita politica delle persone più giovani, con formazione limitata e dai redditi medio-bassi. Questo da una certa prospettiv­a può essere un problema, poiché significa che non tutte le opinioni confluisco­no nel dibattito democratic­o.

D’altro canto, altri studi mostrano che – in un sistema basato sulla democrazia diretta come quello svizzero – la propension­e a votare e a eleggere dipende in buona parte da quanto una persona si sente direttamen­te interessat­a dalla concreta posta in gioco. Dunque: i giovani e le altre fasce della popolazion­e si recheranno in modo più o meno forte alle urne, anche e forse soprattutt­o a dipendenza dei temi in discussion­e. Per quanto riguarda i primi, tendono comunque a preferire forme non convenzion­ali di partecipaz­ione, come dimostrazi­oni o azioni di protesta.

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KEYSTONE Glarona, 6 maggio 2007: la Landsgemei­nde concede il diritto di voto ai 16enni
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KEYSTONE La consiglier­a nazionale Sibel Arslan (Verdi/Bs)

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