Nessuno ha (ancora) emulato Glarona
Berna – Trent’anni fa, il 3 marzo 1991, gli svizzeri accettarono di abbassare, con il 72,7% di sì, il diritto di voto e di eleggibilità a 18 anni. Fino a quel momento, nella maggior parte dei cantoni bisognava aspettare il ventesimo compleanno. Il desiderio di includere i giovani nelle decisioni politiche sin dai 18 anni era nato sulla scia dei movimenti sessantottini, ricorda in una sua recente pubblicazione sul tema l’Ufficio federale di statistica (Ust). Tuttavia, si era dovuto attendere il 1991 affinché esso si concretizzasse. Il diritto di voto ai 18enni esisteva già in qualche Cantone, come Giura o Svitto. Nel 1979, un progetto sottoposto al popolo era fallito alle urne col 50,8% di no e solo otto cantoni e due semicantoni a favore. Dopo la sconfitta, cantoni come Ginevra e Neuchâtel introdussero il diritto di voto a 18 anni per gli oggetti cantonali. Dodici anni più tardi, l’idea di espanderlo a tutta la Svizzera tornò in auge e le due Camere federali diedero il loro assenso all’unanimità. Un decreto federale venne adottato e il referendum obbligatorio si svolse il 3 marzo 1991: tutti i cantoni e il 72,7% dei votanti dissero sì. Il progetto, rievoca l’Ust, fu considerato una sorta di ‘regalo’ della Confederazione ai giovani, nel 700esimo del Patto federale.
Impasse nei Cantoni...
Il Cantone svizzerotedesco che 30 anni fa registrò il tasso di approvazione più elevato (oltre l’80%), ovvero Glarona, è anche il solo che oggi offre la possibilità di votare a livello cantonale sin dai 16 anni. Ma la Federazione svizzera delle associazioni giovanili vorrebbe che non fosse un unicum, sostenendo che molti giovanissimi si battono per cause come il femminismo, la tutela del clima, l’anti-razzismo o i diritti della comunità Lgbtiq+ e pertanto dovrebbero venire integrati prima nei processi politici. In diversi Cantoni, progetti identici o analoghi a quello glaronese sono stati bocciati dal parlamento o dal popolo. In altri (a Uri, ad esempio) la questione si presenterà o ripresenterà prossimamente.
...passo avanti a Berna
Più fortuna ha avuto la proposta della consigliera nazionale Sibel Arslan (Verdi/Bs). La sua iniziativa parlamentare si limita a chiedere il diritto di voto a 16 anni; l’eleggibilità verrebbe invece mantenuta a 18 anni. Benché di misura, l’atto parlamentare è stato accolto dal Consiglio nazionale e dalla Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati. Adesso l’omologa commissione della Camera del popolo può redigere la necessaria modifica della Costituzione. Qualora questa superasse lo scoglio parlamentare, dovrà essere sottoposta a votazione e ottenere la doppia maggioranza di popolo e Cantoni. I Verdi colgono la palla al balzo. Il presidente Balthasar Glättli ha presentato in questi giorni un’iniziativa parlamentare per concedere i diritti politici a livello federale alle persone di nazionalità straniera. Oggi gli stranieri domiciliati nella maggior parte dei Cantoni romandi (Ginevra, Giura, Neuchâtel, Vaud) godono di un diritto di voto e di elezione parziale. In altri Cantoni (Appenzello Esterno, Basilea Città, Grigioni), i Comuni sono liberi di accordarlo o no. Dall’inizio degli anni 90 le iniziative popolari lanciate in molti Cantoni (Ticino compreso) sono fallite. Spesso in gioco vi era un’estensione parziale dei diritti civici: la possibilità per i Comuni di concedere il diritto di voto agli stranieri sul loro territorio; oppure la concessione dei diritti attivi (votare ed eleggere), ma non di quello passivo (essere eletto). Nel 2010, rileva l’Ufficio federale di statistica, si è assistito ad altri tentativi in questo senso sui piani cantonale e comunale. Nella maggior parte dei pochi casi in cui sono andati in porto, l’estensione dei diritti civici è avvenuta nel quadro di una revisione della costituzione cantonale.