La città-polo disegna il suo futuro
Nel buco nero post-Covid l’emergenza economica e sociale potrebbe favorire l’humus nel terreno (finora arido) delle aggregazioni
Fare e disfare è tutto un lavorare. Potrebbe essere il motto fatto proprio dalle sezioni dei diversi partiti e movimenti politici di Locarno durante il tempo intercorso fra gli antefatti delle comunali 2020 annullate e quelle 2021 ormai alle porte. Lo dimostrano le giravolte osservate quasi dappertutto nell’allestimento delle liste dei candidati in corsa per il Municipio.
La “palma” dell’imprevedibilità se la giocano il Partito socialista, spina dorsale della nuova lista Sinistra Unita (condivisa con Gs, Pc, Pop, Forum e Indipendenti), e il Ppd, suo omologo in “Per Locarno”, bacino di centro in cui confluiscono anche correnti indipendenti. Nel primo caso – al netto dei vani e reiterati tentativi di cooptare i Verdi per una lista unita – i nominativi sopravvissuti alle grandi manovre sono soltanto due (la capofila socialista Nancy Lunghi e il comunista Gionata Genazzi), anche se a fare notizia è stata principalmente la poco elegante ma innegabilmente coraggiosa esclusione in corsa dell’ex municipale Bruno Cereghetti, tre legislature alle spalle, prima sedotto poi sostanzialmente abbandonato; nel secondo, è vero che sei nomi su sette sono stati confermati, ma non prima di essere passati da un “liberi tutti” (di proporsi, per entrare), dal tira e molla del vicesindaco Paolo Caroni e infine dalle primarie postali in cui ci ha rimesso a sorpresa il secondo nome più forte dopo quello dell’uscente Giuseppe Cotti, ovvero Claudio Franscella, ex primo cittadino del Cantone, escluso dalla base a rischio di mettere a repentaglio la conferma del secondo seggio.
Movimenti significativi si sono osservati anche altrove, e segnatamente in casa liberale radicale dopo le dimissioni anticipate di Niccolò Salvioni e la rinuncia del primo subentrante Andrea Giudici. Ciò ha favorito il giovane Simone Merlini, che si giocherà comunque, verosimilmente, la conferma con gli aspiranti Nicola Pini e Mauro Silacci, ma lo potrà fare mostrando una brillante e solitamente pagante mostrina di uscente. A destra, la voglia di emanciparsi dell’Udc rispetto alla Lega ha avuto le gambe corte ma potrebbe aver lasciato sul campo qualche scoria; sull’altro fronte, quello ecologista, i Verdi hanno scelto di giocarsela da soli, sperando che a livello locale si confermi, almeno in parte, il trend osservato a livello nazionale.
Da questo inedito, eterogeneo e interessante scenario uscirà una classe dirigente chiamata all’improbo compito di gestire il buco nero del post-Covid, con le conseguenze economiche e soprattutto sociali che ne deriveranno. Se il nuovo contesto potrà essere l’humus finora mancante sul terreno delle aggregazioni è estremamente difficile dirlo. Ma più che una scelta – da indurre nei reticenti Comuni limitrofi, prima che internamente – ciò potrebbe rivelarsi un’autentica e imprescindibile necessità, ancor più sottolineata da un Cantone che altrove incontra meno difficoltà nel favorire gli agglomerati rispetto a singoli battitori.
Progettualità, parola da riempire Intanto, ai cambiamenti strutturali e congiunturali la Città si appresta ad abbinarne – finanze permettendo – di epocali per rafforzare il suo stesso ruolo di polo. Quello principale è ridisegnarsi le fondamenta con il grande progetto di riordino degli spazi pubblici del centro urbano. Parliamo di 43mila metri quadrati di territorio cittadino che per segmenti, a tappe, dovranno confluire in un disegno unitario e coerente. E all’interno di questo stesso perimetro reclamano attenzioni elementi nevralgici come l’antico Castello Visconteo (attualmente sfruttato in minima parte rispetto al suo potenziale; ecco perché il grande progetto di rilancio); il futuristico polo della meccatronica pianificato sul comparto “ex macello-ex gas”; la riva lago con una prospettiva foriera di strutture come la Marina e l’albergo per il Centro balneare; o, ancora, quel diamante grezzo che è il Palacinema. A proposito della casa del Festival, è bene ribadire che potrà profilarsi come polo dell’audiovisivo di caratura internazionale soltanto tramite una gestione altamente specialistica e lungimirante. Sono prioritari in questo senso un Consiglio d’amministrazione formato soprattutto da tecnici che sappiano consigliare e convincere i politici, e un futuro direttore capace di proseguire sulle orme del quasi pensionabile Roberto Pomari, figura di visioni lontana anni luce dalle stantie dinamiche di molta della cosa pubblica o parapubblica.
In questo discorso rientrano anche la capacità di isolare una strategia percorribile per ammodernare o addirittura ricostruire il Palexpo Fevi – cuore del Film Festival – ma anche quella di saper tirare le giuste leve per mettere finalmente in rete la cospicua ma ancora in gran parte slegata offerta congressuale locarnese.
Il nuovo Municipio, che presumibilmente non sarà molto diverso da quello attuale, dovrà inoltre decidere se confermare la sua marcata tendenza accentratrice rispetto all’assunzione di potere decisionale nelle diverse società partecipate. La strada è quella intrapresa con la Porto
regionale, con la Società elettrica Sopracenerina e con la Kursaal (ma anche con l’acquisto dell’autosilo di Largo Zorzi, che sarà ampliato). L’obiettivo, condivisibile, è concretizzare investimenti che garantiscano un reddito. Infine, di converso, sarà fondamentale sapersi orientare in contesti in cui il controllo sfugge, ma in qualche modo può essere orientato. Il primo esempio riguarda il “grande assente” dal panorama economico e turistico regionale, ovverosia il Lago Maggiore, con un servizio di navigazione il cui Consorzio (attualmente in cerca di un futuro con la controparte italiana) chiede in primo luogo sostegno politico e logistico per un cambio di marcia nell’offerta (vedi elettrificazione).
E se si parla di sostegno, lo merita, ancora di più ora con le sirene leventinesi, il grande progetto di Museo di storia naturale al Santa Caterina. È vero che i colpi di coda osservati a Faido dovrebbero infine rivelarsi aleatori, perché se il governo ha preso le sue decisioni, lo ha fatto su basi meritocratiche e di opportunità che appaiono salde e oggettive. Tuttavia, qualora il vento dovesse cambiare direzione, serviranno da parte locarnese determinazione e non sufficienza o passività. Perché lasciarsi sfuggire quest’opportunità sarebbe, prima di tutto, ingiustificabile.