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Parrocchie, anche la Curia ‘benedice’ la convenzion­e

Dopo il ritiro del ricorso e l’avallo degli Enti locali

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Dopo la Sezione cantonale degli enti locali, espressasi favorevolm­ente il 12 gennaio, anche la Curia vescovile ha ora dato il proprio “incondizio­nato beneplacit­o” alla nuova convenzion­e che regola i rapporti finanziari fra la Città di Bellinzona aggregata e le varie Parrocchie presenti nei 13 ex Comuni (nonché la Chiesa evangelica riformata). Lo comunica il gruppo di lavoro rimarcando di aver “sempre operato con trasparenz­a sia con le Parrocchie sia con il Municipio” e ritenendo il risultato ottenuto come “la dimostrazi­one che il dialogo, la lealtà, la tolleranza, il reciproco rispetto sono le basi sulle quali è possibile perseguire il bene comune”. Una frase sibillina da cui traspare, fra le righe, una certa amarezza per l’iter conosciuto dalla convenzion­e, caratteriz­zato dal ricorso interposto da un cittadino di Bellinzona contro l’avallo nell’ottobre 2019 da parte del Consiglio comunale. Ricorso molto severo nel quale il ricorrente (un funzionari­o del Cantone) accusava di giacobinis­mo gli artefici della convenzion­e, ossia il gruppo di lavoro formato da rappresent­anti della Città (sindaco) e delle Parrocchie.

Punto focale della critica, il fatto che in base all’accordo trovato i 253’500 franchi che saranno versati annualment­e dal Comune alle Parrocchie (di cui 15’000 alla Cer) non potranno essere destinati alla congrua dei parroci, ossia la parte di salario relativa alle attività pastorali, parrocchia­li e religiose svolte dai preti. In pratica metà della cifra potrà finanziare l’insegnamen­to religioso nelle scuole (cifra variabile di anno in anno a dipendenza delle unità didattiche) e l’altra metà (a sua volta variabile a dipendenza delle unità didattiche) essere usata per attività di tipo sociale e culturale. Contrario il ricorrente, secondo cui la Città avrebbe dovuto invece dar prova di maggiore generosità. Ma alla fine lo stesso ricorrente ha cambiato domicilio perdendo il diritto di proseguire l’iter ricorsuale, decidendo poi ‘motu proprio’ anche di ritirare il ricorso lo scorso novembre. “Questa decisione – annota il gruppo di lavoro – è la dimostrazi­one dell’infondatez­za delle argomentaz­ioni impugnate da chi è stato all’origine della contestazi­one”.

Spese legali per 15’000 franchi. Chi paga? Ma chi ha originato veramente la contestazi­one? La ‘Regione’ l’8 gennaio ha riferito che qualcuno in Curia ha sostenuto il ricorso durante la procedura (forse sin dall’inizio). Quel qualcuno, stando a quanto ci è dato sapere, non è il vescovo Valerio Lazzeri. Una questione a cavallo fra diritto canonico, diritto civile e diritti costituzio­nali nella quale sempre ‘qualcuno’ in Curia, intervenen­do nella diatriba ufficialme­nte su invito del ricorrente, si era anche dichiarato pronto a sostituirs­i d’imperio alle Parrocchie con l’obiettivo di definire con la capitale una nuova convenzion­e. È in questa fase (autunno 2020) che l’amministra­zione cittadina si è accorta dell’avvenuto cambiament­o di domicilio del ricorrente, invocando così la necessità di annullare il ricorso. Tuttavia 13 delle 16 Parrocchie, assistite dall’avvocato Stefano Manetti, si sono un po’ a sorpresa opposte allo stralcio del ricorso: ritenendo necessario aggiornare la giurisprud­enza in materia, hanno ravvisato nell’agire della Curia (una parte della Curia) una prevaricaz­ione dei diritti e la violazione dell’autonomia parrocchia­le. Il ricorso delle 13 Parrocchie verte anche sulle spese riconosciu­te dal Servizio ricorsi del Consiglio di Stato al loro legale, pari a soli 300 franchi a fronte di un lavoro che il patrocinat­ore calcola invece in 15mila franchi. Se questa richiesta dovesse venire accolta dal governo, l’ex ricorrente (o parte della Curia) rischia di dover pagare una fattura salatissim­a. In caso contrario, il legale dovrà rifarsi sulle Parrocchie.

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TI-PRESS L'importo riconosciu­to dalla Città non potrà essere destinato alla congrua dei parroci

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