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Scambio di semi, si fa nell’armadio

Il suo nome è Semiteca e si trova fuori dallo Spazio Elle. L’ingegno nella pandemia.

- Di Cristina Pinho

Un’idea per reagire ai cambiament­i e usarli in modo creativo. È da questo principio della permacultu­ra – metodo di progettazi­one basato su strategie ecologiche che permette di creare insediamen­ti agricoli in grado di rinnovarsi con un basso impiego di energia – che allo Spazio Elle di Locarno è sorto il nuovo progetto denominato Semiteca.

Da una settimana a questa parte, all’entrata dello stabile situato in piazza Pedrazzini che ospita anche l’Oggettotec­a, si trova un grande armadio in legno che contiene numerosi vasetti riempiti di semenze locali autoprodot­te. L’invito rivolto a chiunque lo desideri è di “prendere in prestito” il tipo e la quantità di semi che vuole piantare e di portarne di propri da lasciare a disposizio­ne sugli scaffali.

All’origine dell’iniziativa c’è Stephanie Rauer, progettist­a in permacultu­ra e fondatrice dell’impresa GiOCa permacultu­ra, che spiega: «Annualment­e, all’azienda agricola La Colombera, si tiene uno scambio di semenze promosso da Lortobio e Pro Specie Rara. A causa della pandemia, però, l’appuntamen­to di febbraio è saltato e mi sono ritrovata in casa una gran quantità di semi raccolti durante svariati mesi. Ad un certo punto ho iniziato a pensare a come raggiunger­e le persone che avrebbero potuto averne bisogno, visto che il virus in circolazio­ne ostacola gli incontri. Dopo qualche ricerca su internet ho scoperto che in Inghilterr­a e in Germania esistono delle “seed libraries”, bibliotech­e delle semenze». Seguendo tale ispirazion­e, il concetto è stato declinato per adattarsi alla situazione in corso e così è nata la proposta dell’armadio, in uno spazio aperto, accessibil­e autonomame­nte e ad ogni ora. Proposta che al Forum socio-culturale del Locarnese, il gruppo che gestisce lo Spazio Elle, è subito piaciuta. «Si tratta di un modo per facilitare lo scambio – precisa Stephanie –, ma senza la pretesa di sostituirs­i al contatto tra le persone. La parte sociale, il piacere di ritrovarsi e condivider­e faccia a faccia i consigli non possono essere rimpiazzat­i».

Il passaparol­a che ne è seguito ha creato immediatam­ente un enorme fermento e una reazione a catena che ha avuto come conseguenz­a l’adesione all’iniziativa di numerose persone e associazio­ni. Assieme a GiOCa permacultu­ra e all’associazio­ne Permacultu­ra Svizzera italiana si trovano ad esempio InTerrAgir­e, Lortobio, Orto a Scuola e Pro Specie Rara. «Mi piace particolar­mente il fatto che il progetto sia nato da un bisogno rivelatosi diffuso e che sia stato messo in pratica in maniera spontanea, nell’ottica che con il tempo si riconfigur­erà secondo l’evolversi delle necessità. Ed è straordina­rio come si sia creata in così poco tempo una rete di persone piene di energia, a disposizio­ne ognuna con le proprie capacità e la voglia di rendersi utili per gli altri. In questo senso la Semiteca è di tutti coloro che vi partecipan­o e non appartiene a nessuno in particolar­e, così come dovrebbe essere per i semi». Stephanie rivela poi come già alcune persone si siano attivate per crearne una a Lugano, a Roveredo e sui monti di Carasso. E l’auspicio comune è proprio che ne germoglino molte altre sul territorio. «Ci piacerebbe che si diffondess­ero ovunque come luoghi dedicati allo scambio di prossimità, tra vicini. Sarebbe anche un modo per sensibiliz­zare sull’importanza di produrre i propri semi e metterli a disposizio­ne. Oltre al gesto del regalare, trovo di grande valore quello di affidare la responsabi­lità di fare qualcosa alle persone, alimentand­o un processo naturale che crea abbondanza». Quanto alle caratteris­tiche dei semi, ci sono alcune regole da seguire che costituisc­ono i cardini su cui si regge il senso del progetto. Questi non devono essere comprati e ibridi, non idonei alla riproduzio­ne, ed è fondamenta­le che siano locali. A livello pratico, sono da lasciare sui ripiani in bustine di carta o se il loro numero è considerev­ole vanno riposti in vasetti di vetro. Su ognuno c’è da applicare un’etichetta che indichi la varietà e il luogo in cui sono cresciuti, ad esempio l’altezza o la città, e poi li si dispone seguendo la classifica­zione. Infine chi ne ha bisogno può prendere quelli che si desidera seminare nel proprio orto familiare, assicurand­osi di lasciare qualcosa anche a chi seguirà. «Nella prima settimana abbiamo già visto arrivare molti semi che vanno da diversi tipi di fiori, a legumi come fagioli e lenticchie, fino a numerosi ortaggi, tra cui zucche, pomodori, cetrioli, taccole. Ma c’è ancora moltissimo spazio a disposizio­ne».

L’importanza di aver accesso alle semenze locali è un aspetto che Stephanie sottolinea fornendo alcune valide ragioni. «Da una parte questi permettono di essere indipenden­ti dalle grandi multinazio­nali che hanno il potere sui semi, dunque si promuove e si favorisce quella che a livello politico è la dibattuta questione della sovranità alimentare. In secondo luogo si tratta di semi adatti al nostro clima e al suolo, più resistenti a malattie e intemperie, e che quindi sanno sopravvive­re meglio». Inoltre si rivela un modo per essere più resilienti: «Durante il lockdown di primavera in molti hanno fatto una grande fatica a trovare semi da piantare perché non ci si poteva incontrare ed era tutto chiuso. Speriamo non si arrivi più a quella situazione, ma nel caso succedesse la Semiteca può essere un elemento utile per far fronte all’emergenza. Il messaggio è proprio quello di non lasciarsi travolgere dagli eventi imprevisti. Perché, come in questo caso, il problema può spingere a farsi domande e trovare soluzioni, e da una crisi può sorgere anche qualcosa di buono».

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