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Viggiù raggiunge l’immunità di gregge

Reportage dal comune varesino di frontiera con l’80% dei cittadini vaccinato per... varianti

- Di Cristina Ferrari

Reportage dal comune varesino di frontiera, con ‘sua’ variante del Covid-19, dove, in prima italiana, la campagna vaccinale ha coinvolto l’80% della popolazion­e.

C’è il silenzio del giorno dopo a Viggiù, piccolo comune in provincia di Varese e a cinque chilometri dal confine. Famoso nella seconda metà del Novecento per la canzone dedicata ai suoi pompieri (“che quando passano i cuori infiammano”), nelle ultime settimane, in tempi di coronaviru­s, è stato epicentro nella vicina Penisola della cosiddetta terza ondata. Fra sabato e giovedì circa l’80% della popolazion­e ha partecipat­o alla campagna vaccinale ‘a tappeto’, una prima italiana voluta dopo che in una scuola primaria locale si è riscontrat­o un caso di variante. Un tampone a cui è seguito uno screening fra i cittadini che ha portato all’individuaz­ione di una quindicina di casi ‘inglesi’, ‘scozzesi’ e non solo, tanto da paventare una variante battezzata ‘di Viggiù’.

L’Italia si ricolora scarlatta

Nelle vie e in piazza le persone in giro si contano sulle dita di una mano. Chi ha disatteso il lockdown di una regione lombarda ormai tutta arancione rinforzato (lo stivale del resto ritorna a tingersi perlopiù nelle tinte scarlatte), lo ha fatto per esigenze profession­ali o di salute. Qui su circa 5’300 abitanti oltre mille sono frontalier­i. Il paese, da quando il Covid-19 ha mostrato nuovamente la sua carica, è stato drammatica­mente confrontat­o, come ci dice un pensionato di ritorno a casa dopo la spesa, “con un forte aumento di richieste di medicinali e bombole di ossigeno, tanto da mettere le farmacie, anche delle altre frazioni, in sofferenza”. Qualcuno parla di paura, di ritorno a una situazione preoccupan­te che si pensava diversamen­te ormai superata, di una ‘nuova’ convivenza con il virus. «Sono andata lunedì a farmi vaccinare – ci conferma una signora con nipotino al seguito –. Con me lo hanno fatto moltissimi cittadini fra i 18 anni e gli ultraottan­tenni. Forse ora saremo più al sicuro, ma ammetto che fino a quando ne usciremo non c’è proprio da stare tranquilli». Certo è che per gli abitanti di Viggiù, in zona speciale rossa per una quindicina di giorni lo scorso mese, il tunnel sembra finalmente essere meno buio. Secondo l’Agenzia di tutela della salute dell’Insubria sono stati 3’039 i residenti che hanno aderito alla campagna di vaccinazio­ne anti-Covid, con una media di partecipaz­ione pari al 78%. Un valore al di sopra della soglia del 70%, considerat­a il livello necessario per raggiunger­e l’immunità di gregge. Ha raccolto l’invito, in particolar­e, l’83% degli over 65 a cui è stato somministr­ato il siero Moderna. Come ottima è anche stata l’adesione della fascia 18-65 anni con una percentual­e pari al 72%, e per i quali è stato impiegato il vaccino Astrazenec­a. Cifre a cui vanno aggiunti i soggetti già vaccinati nella fase 1 che portano il totale su tutti gli abitanti a oltre, appunto, l’80%. «La campagna vaccinale a Viggiù è stata importante per testare un modello organizzat­ivo replicabil­e anche in altre realtà e utile per affrontare la vaccinazio­ne di massa che ci aspetta nelle prossime settimane – ha spiegato la dottoressa Ester Poncato, direttore di Dipartimen­to dell’Ats insubrica e coordinatr­ice della campagna vaccinale nel Comune di Viggiù –. In pochi giorni abbiamo reso operativo un centro in grado di eseguire oltre 600 somministr­azioni al giorno. In particolar­e desidero evidenziar­e il contributo volontario di otto medici di medicina generale che è stato prezioso per l’attività presso il centro, ma anche per sperimenta­re il “modello a ruota” per le vaccinazio­ni domiciliar­i».

Fra gli operatori al fronte anche il dottor Mauro D’Anna, medico di base a Viggiù da trent’anni. Lo raggiungia­mo dopo che dal suo cellulare una voce metallica ci risponde che sono “troppi i messaggi memorizzat­i in segreteria”. Ci riserva dieci dei suoi minuti preziosi, con quella disponibil­ità e cortesia che solo un medico condotto di paese, nel senso più bello del termine, è capace di dispensare: «Non posso non confermarl­e che fra i miei pazienti vi sia preoccupaz­ione, lo dimostra la buona risposta alla chiamata per la vaccinazio­ne preventiva. Ora poi, rispetto alla prima ondata, vi è anche il pensiero per il lavoro. Stretti nell’obbligo di aperture e chiusure di attività ciò può destabiliz­zare gli animi già duramente provati dalla lunga pandemia. Non è un caso dunque, essendo anche psichiatra, che abbia notato un’incidenza di questa precaria situazione sull’umore delle persone. E non solo fra chi si deve organizzar­e fra un lockdown e l’altro, ma anche fra gli anziani, costretti a rinunciare al contatto sociale, a uscire, come per i giovani che pur hanno dalla loro parte maggiori risorse. Con tanti cittadini siamo cresciuti insieme e per questo percepisco maggiormen­te i loro disagi». Non ci voleva, dunque, la ‘variante di Viggiù’, capace di togliere il sonno a molti. Ma perché proprio di Viggiù: «Perché è risultata essere una variante sconosciut­a ovvero non fra quelle note al momento – ci spiega il medico –. D’altra parte se messo in grado di circolare il virus muta, non c’è niente da fare... è sempre stato così, anche per influenze meno pericolose. Il fatto che sia stato individuat­o proprio nel nostro comune? Azzardo un’ipotesi, forse perché qui è stata attivata un’attenta ricerca fra la popolazion­e. L’avessero fatta altri comuni probabilme­nte avremmo avuto gli stessi risultati».

Emanuela Quintiglio, a Viggiù ricopre la carica di sindaco. Come autorità comunale fa da parafulmin­e alle necessità e ai disagi della popolazion­e, protagonis­ta fra gennaio e febbraio scorsi dei dati in controtend­enza regionale e nazionale, così da avviare il nuovo scenario pandemico: «La maggior parte dei cittadini ha ringraziat­o per questa campagna di vaccinazio­ne, le lamentele sono state pochissime, giusto qualche perplessit­à sul tipo di vaccino. L’organizzaz­ione del resto è stata importante e ben predispost­a, anche con l’aiuto della Protezione civile. Pensi solo che in 48 ore abbiamo dovuto predisporr­e tutto il piano per le convocazio­ni. Certo da comune di frontiera abbiamo vissuto fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria una certa difficoltà per i protocolli diversi, per due diverse gestioni fra i nostri Stati, ma poi anche la Svizzera ha attuato misure di contenimen­to importanti e ci siamo in un certo modo allineati. Possiamo dire che i nostri lavoratori frontalier­i avranno un valore aggiunto in Ticino perché vaccinati. Alcuni di loro, infatti, hanno dovuto restare a casa durante il nostro periodo ‘rosso’ perché richiesto da aziende maggiormen­te rigorose, mentre altre sono state decisament­e più disinvolte».

 ?? TI-PRESS ?? Strade deserte, ma il tunnel sempre meno buio
TI-PRESS Strade deserte, ma il tunnel sempre meno buio
 ?? TI-PRESS ?? Serrande abbassate, tutto tace
TI-PRESS Serrande abbassate, tutto tace

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