laRegione

C’è mancanza di logopedist­i

Un viaggio nella profession­e e fra le cause che portano a sviluppare un disturbo del linguaggio

- di Federica Ciommiento

Logopedist­a. Una profession­e affascinan­te ma che vive una carenza di profession­isti in Ticino: «Ci sono alcuni pazienti che rimangono scoperti in questo momento», ci spiega la presidente dell’Associazio­ne dei logopedist­i della Svizzera italiana (Alosi) Nynke Zittema. Un mestiere affascinan­te, dicevamo, il motivo? La grande varietà e ricchezza della casistica, ci dice Zittema: «Trattiamo tanti disturbi diversi e agiamo su fasce d’età altrettant­o variate. Inoltre abbiamo la possibilit­à di collaborar­e con numerose figure profession­ali, dai medici pediatri, ai neurologi, i docenti e altri ancora». Oltre al contatto con altri colleghi si crea un legame col paziente e spesso con la sua famiglia. «È un percorso che può durare anche alcuni anni. Per questo motivo si crea una relazione molto arricchent­e».

Le casse malati impongono le modalità delle sedute a distanza

Oggi, giornata europea della logopedia, è l’occasione per ricordare che la pandemia non ha risparmiat­o nemmeno questa profession­e. Durante i ‘lockdown’ i terapisti hanno dovuto fornire i loro servizi online, ma non sempre nella maniera per loro adeguata. «Coloro che lavorano con bambini e ragazzi fino ai vent’anni hanno avuto meno problemi. Le sedute sono riconosciu­te dal Cantone che ha subito permesso di effettuare gli incontri, dove possibile, in forma telematica», spiega la logopedist­a. Diversa invece la situazione per i pazienti adulti. Per loro le sedute sono riconosciu­te dalle casse malati: «Esse hanno consentito sì il lavoro telematico, ma non da subito. Quindi si è perso tempo per ottenere un via libera che comunque non era soddisface­nte. Le sedute sono state limitate a 30 minuti, quando invece un adulto può richiedere 45 o 60 minuti di lavoro. Inoltre dovevano svolgersi per forza tramite videochiam­ata. Alcuni terapisti apprezzano di lavorare tramite telefono perché vengono a cadere gli aspetti non verbali e quindi per il paziente è un esercizio ulteriore dover comunicare bene senza che l’altro lo veda». Clausole inserite dalle casse malati e che, nonostante le varie sollecitaz­ioni della Conferenza svizzera dei logopedist­i, sono ancora presenti a distanza di un anno.

I motivi che determinan­o un disturbo del linguaggio

Ma di cosa si occupa veramente un logopedist­a? Non solo di problemi di pronuncia come la classica ‘r moscia’ o la balbuzie, ma anche di tutto ciò che concerne il linguaggio scritto come la dislessia e la discalculi­a per esempio. Le cause che possono determinar­e un disturbo del linguaggio sono molteplici e di diversa natura. «Possono essere funzionali – spiega Zittema –. Per esempio si può presentare un disturbo dell’udito che impedisce al bambino di sviluppare bene il proprio linguaggio o di discrimina­re correttame­nte alcuni suoni simili.

Oppure ci possono essere delle cause anatomiche, come quando non si riesce a chiudere bene il palato». Inoltre vi sono quelle neurobiolo­giche: «Spesso hanno un carattere ereditario e in questo caso si tratta di un’inefficien­za d’elaborazio­ne verbale nelle strutture corticali adibite al linguaggio. In queste problemati­che neurobiolo­giche si trovano anche tutti i disturbi specifici dell’apprendime­nto come la dislessia, la disortogra­fia, la discalculi­a e la disgrafia», prosegue la logopedist­a. «Poi ci possono essere delle cause neurologic­he. Penso per esempio a pazienti con paresi cerebrale, oppure con malattie degenerati­ve come la Sla, il Parkinson e l’Alzheimer». Inoltre si contano anche pazienti con deficit cognitivo o disturbi del linguaggio determinat­i da malattie vascolari come ictus, emorragie cerebrali o tumori. «Anche i traumi, quindi incidenti gravi, possono compromett­ere il funzioname­nto di alcune aree corticali adibite al linguaggio». Non da ultime si annoverano le cause ambientali e psicologic­he: «La balbuzie può avere un’origine psicologic­a, come pure il mutismo selettivo, cioè quando una persona sceglie di non parlare». Fra le cause ambientali anche la mancanza di stimoli: «Quando un bambino viene portato dal logopedist­a, non si lavora solo col giovane paziente ma vengono coinvolti anche i genitori. Il terapeuta osserva quali sono le modalità comunicati­ve che vengono messe in atto in casa e quali sono le abitudini al di fuori della comunicazi­one, come la frequenza dell’utilizzo degli schermi. Cerchiamo di rendere partecipe e competente la famiglia, in questo modo il lavoro non è confinato alle sedute».

Gli incontri come si svolgono? «La modalità terapeutic­a più efficace coi bambini fino ai cinque anni è quella del gioco libero – prosegue Zittema –. Ci inseriamo all’interno del gioco utilizzand­o per esempio degli articoli o determinat­e proposizio­ni. Coi più grandi si possono svolgere degli esercizi allo specchio come portare la lingua al naso per far acquisire una maggior consapevol­ezza e precisione nel movimento della stessa. Oppure mostriamo come posizionar­e la bocca per pronunciar­e correttame­nte un fonema e lo integriamo nel gioco». Il lavoro varia a seconda dell’età spiega la logopedist­a: «I ragazzi delle medie si sostengono principalm­ente con la creazione di mappe mentali affinché venga facilitata la memorizzaz­ione e la comprensio­ne di concetti e termini. Invece con gli adulti si lavora al recupero o al mantenimen­to delle abilità linguistic­he con esercizi ma anche giochi». Per i disturbi legati al linguaggio scritto vengono anche usati dei software per il pc o il tablet.

Alcune problemati­che si possono risolvere totalmente

Quali sono i risultati delle terapie? Dipende dalla problemati­ca: «La dislessia non si può eliminare perché è di origine neurobiolo­gica. I disturbi della pronuncian­o invece di possono risolvere anche in sei mesi. Dipende tanto dalla severità del disturbo ma anche dall’impegno del paziente», ricorda Zittema. Ma come si vive la presenza di un disturbo del linguaggio? «È molto soggettivo perché dipende dalle esperienze e dalla personalit­à di ogni paziente», indica la logopedist­a. «Alcuni non provano vergogna, mentre altri vivono un grande senso di frustrazio­ne. Il terapeuta deve valutare anche questi aspetti ed eventualme­nte consigliar­e un supporto psicologic­o».

 ?? DEPOSITPHO­TOS ?? Non solo ‘r moscia’ o balbuzie
DEPOSITPHO­TOS Non solo ‘r moscia’ o balbuzie

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland