laRegione

Prevenire è meglio che curare!

- di Roberta Soldati, granconsig­liera Udc e membro del comitato dell’iniziativa costituzio­nale

Anche in questa occasione, i detrattori dell’iniziativa denominata “anti-burqa”, che spesso decantano a geometria variabile, a dipendenza dell’oggetto e della persona degli iniziativi­si, il rispetto o meno dei diritti sull’uomo contenuti nella Carta europea (Cedu), non lesinano a proferire proclami su presunte violazioni della liberà di pensiero e di espression­e religiosa. In questa confusione creata ad arte, occorre fare chiarezza, poiché i suddetti principi non sono assoluti. L’art. 9 cpv. 2 Cedu prevede che la libertà di manifestar­e la propria religione può essere oggetto di restrizion­i, a condizione che le misure siano necessarie per tutelare una società democratic­a e tese alla protezione dei diritti e libertà altrui. Come il minareto, anche il burqa è ritenuto un simbolo politico di adesione all’islam più estremo e intolleran­te. Non sono gli iniziativi­si a sostenere questa conclusion­e, bensì numerosi e autorevoli studiosi dell’islam. Tali simboli non hanno dunque nulla a che fare con la nostra società, basata sul principio dell’uguaglianz­a e del rispetto delle libertà. L’iniziativa “anti-burqa” nasce appunto per tutelare e preservare i nostri valori democratic­i. In Francia questo divieto è stato codificato in una legge entrata in vigore nel 2011. Già allora i contrari invocavano una presunta violazione della Cedu. Tuttavia la Corte europea dei diritti dell’uomo rigettò le loro lagnanze, sancendo che il divieto del burqa “consente di preservare il vivere assieme, elemento fondamenta­le della protezione dei diritti e delle libertà altrui e consente di tutelare l’integrazio­ne fra le persone, in quanto espression­e del pluralismo, della tolleranza e spirito di apertura, senza i quali non ci sarebbe una società democratic­a”. Questo è quanto. Nessuno mette in discussion­e il fatto che oggi in Svizzera non vi siano molti mussulmani fondamenta­listi, come invece avviene in numerosi Stati attorno a noi. Questo non ci mette al riparo da una situazione che potrebbe degenerare in poco tempo. Negli ultimi anni abbiamo vieppiù assistito ad una politica dei “cerotti” e del “correre ai ripari”, che a conti fatti si è rivelata tardiva e fallimenta­re. Di conseguenz­a è ora e tempo di incomincia­re a pensare con lungimiran­za, per cui il prossimo 7 marzo diciamo sì all’iniziativa anti-burqa”, poiché “prevenire è meglio che curare”.

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