Il mandala
In visita a una scuola
In sanscrito il mandala è ʻil cerchio magicoʼ. Pregno di significati spirituali e rituali, questo diagramma sacro rappresenta simbolicamente l’universo, rivelando nella sua complessa semplicità la realtà visibile e quella nascosta del cosmo. Realizzato dall’insieme di figure rigorosamente geometriche è un aiuto alla meditazione e propone alla nostra sensibilità la vastità degli spazi interiori.
Visitare una scuola che si occupa della creazione di mandala è un’esperienza tanto esaltante quanto rasserenante e inaspettata.
Sono a Kathmandu e su indicazione di un amico nepalese mi infilo in una squallida viuzza priva di insegne particolari. Scovata la soglia che cerco, un misero uscio socchiuso mi introduce in una realtà dai ritmi lentissimi. Vago tra la frescura di smisurati corridoi che mi conducono a un’ampia stanza luminosa, epicentro della sede scolastica. Accovacciati davanti alle loro tele, gli studenti paiono non avvertire la mia presenza e continuano impassibili il loro certosino lavoro.
Incantata osservo il tutto.
Il silenzio prende forma a tal punto che riesco perfino a percepire il fruscio dei pennelli con i quali i neo-artisti realizzano la loro ricerca pittorica, chi da neofita, chi già avvezzo al severo percorso iniziatico.
Dopo un tempo indefinito appare l’insegnante, il maestro Karma Tshering Lama. Non sembra sorpreso della mia presenza e inizia a parlarmi senza pormi alcuna domanda. In modo semplice e amichevole mi descrive la nascita di un mandala, aprendo al mio intelletto mondi sconosciuti. Cerchi magici
Questa intrigante opera d’arte è nota nel buddhismo
tibetano quale complemento all’ascesi mistica. I “cerchi magici” considerati involucri protettivi racchiudono una miriade di simboli, metafore che illustrano la stretta interdipendenza esistente tra gli esseri viventi e il cosmo.
I sorprendenti dipinti invitano a superare gli aspetti visibili del mondo fino a raggiungere i più elevati gradi della concentrazione spirituale alla scoperta del proprio centro, fulcro ideale da cui tutto emana, in cui tutto ritorna e intorno a cui tutto ruota, nell’eterna ricerca di quella goccia del divino che da sempre dimora in noi.
È un’idea affascinante che oltre ad alte qualità artistiche possiede effetti psicologici alquanto benefici. In Occidente molti studiosi dell’inconscio li utilizzano per le loro indagini analitiche, sia interpretandoli che rielaborandoli, per meglio comprendere le cause del malanno psichico dei loro pazienti. Centro e coscienza
La splendida creazione artistica prende il via con la preparazione della materia, cioè la polvere che concederà il colore. Con l’ausilio di un pestello i pigmenti naturali vengono picchiettati e triturati fino a divenire il più fine dei pulviscoli. Alla preparazione di un singolo colore si consacrano a volte persino intere giornate.
Poi, dopo che mani esperte hanno legato la tela con grossolane corde a un rudimentale cavalletto, inizia il rito della colorazione.
Ogni adepto sviluppa il suo mandala partendo dallo sfondo inserendo poi le più complesse divinità buddhiste custodi di prodigiosi insegnamenti spirituali, utili per proseguire sulla via della catarsi. Il privilegio del centro, parte essenziale e più segreta del mandala, è riservato alla divinità più importante, attorniata da altre più piccole, ma non per questo meno influenti. Pennelli sempre più sottili danno vita a delicate miniature rifinite poi con estrema maestria da ritocchi in oro zecchino. Queste piccolissime effigi dorate, simboli della luce imprigionata nella psiche, sono disposte in modo da favorire una presa di coscienza sempre più profonda, permettendo al nostro spirito di liberarsi dai fantasmi molesti che ostacolano il cammino verso il tanto misterioso centro. Ritorno alle ʻorigini’
La creazione di un mandala richiede tempi lunghi, a volte la sua gestazione si prolunga sull’arco di molti mesi. Una meditazione molto intensa produrrà un mandala pregno di energia positiva, quindi molto richiesto dai devoti che si avventurano sulla strada della ricerca interiore.
Ed è nei monasteri tibetani che si trovano gli esemplari più straordinari di questi capolavori, alcuni dei quali di antichissima data. Per lo più disegnato e dipinto, il mandala viene anche molto semplicemente tracciato sulla sabbia e subito distrutto a indicare l’effimera realtà della materia. Mi piace pensare che l’idea del cerchio, da sempre protettiva, si ritrovi pure già nel girotondo dei bambini.