laRegione

Se la vittima è lo Stato

Crediti Covid: più di cinquanta inchieste. Presunti abusi indennità per lavoro ridotto: una trentina di segnalazio­ni. Procura e Polizia cantonale fanno il punto.

- di Andrea Manna

Tra «i fenomeni sviluppati­si in Ticino all’ombra della pandemia», per citare le parole del portavoce della Polizia cantonale Renato Pizolli, ci sono anche i raggiri, o presunti tali, commessi da imprendito­ri, o sedicenti imprendito­ri, nell’ambito degli aiuti erogati dallo Stato per sostenere le imprese che per giro d’affari e posti di lavoro hanno subìto gli effetti nefasti del coronaviru­s. Aiuti di cui hanno beneficiat­o pure coloro che a questi contributi non avevano diritto di accedere. Ebbene, tra il marzo 2020 e l’inizio di aprile di quest’anno, il Ministero pubblico, in collaboraz­ione con la Polizia cantonale, ha aperto più di cinquanta procedimen­ti penali «per sospetta o conclamata truffa al credito Covid»: oltre una quindicina gli incarti che sono nel frattempo sfociati «in decreti d’accusa oppure in rinvii a giudizio». Questi e altri i dati forniti ieri da Andrea Maria Balerna, uno dei due sostituti procurator­i generali, responsabi­le della squadra di magistrati inquirenti che al Ministero pubblico indaga sui reati economico-finanziari. Cinquanta e passa incarti per un totale di circa novanta crediti concessi, pari a un importo che oltrepassa i dieci milioni di franchi. Per quanto attiene ai singoli casi in odor di malversazi­one finiti sotto la lente degli investigat­ori, le cifre vanno “da poche migliaia a oltre un milione e mezzo di franchi”, precisa la PolCantona­le in una nota. Una novantina le persone sotto inchiesta (cittadini stranieri e svizzeri), tredici delle quali finite in carcere preventivo. Più o meno il trenta per cento quanto si è riusciti finora a recuperare, tra sequestri e restituzio­ne delle somme indebitame­nte percepite.

Ma le inchieste penali sin qui avviate non concernono solo i furbetti dei crediti Covid, crediti garantiti dalla fideiussio­ne della Confederaz­ione. Nella conferenza stampa indetta da Ministero pubblico e Polizia cantonale per fare il punto sull’evoluzione della criminalit­à finanziari­a in Ticino, si è parlato anche degli abusi, o dei presunti abusi, legati all’erogazione delle indennità per lavoro ridotto previste dalla legge federale sull’assicurazi­one contro la disoccupaz­ione, un aiuto che per fare fronte alle conseguenz­e economiche della pandemia, evitando licenziame­nti, è stato notevolmen­te potenziato da Berna. «Più di trenta le segnalazio­ni» giunte agli organi penali inquirenti e sulle quali «sono in corso verifiche in collaboraz­ione con gli uffici dell’Amministra­zione federale e di quella cantonale», ha spiegato il maggiore Thomas Ferrari, responsabi­le in seno alla Cantonale della Polizia giudiziari­a. Dunque oltre trenta casi, gli ha fatto eco il sost pg Balerna, «di indennità percepite abusivamen­te». Ottenute da aziende, afferma la Polizia nel comunicato, che “avrebbero fornito cifre non veritiere circa le ore di lavoro perse a seguito della crisi pandemica”. A differenza dei crediti Covid garantiti dalla Confederaz­ione,

le agevolazio­ni introdotte dallo Stato per l’accesso alle indennità per lavoro ridotto sono ancora in vigore: non è quindi da escludere un aumento del numero di casi per i quali si renderanno necessari accertamen­ti da parte di magistratu­ra e polizia. Del resto, ha rammentato Ferrari, «non ci sono state nella storia crisi di cui dei soggetti non ne abbiano approfitta­to per arricchirs­i illecitame­nte». La crisi indotta dal Covid-19 non fa eccezione.

‘Attenzione alla pericolosi­tà sociale degli illeciti finanziari’

L’incontro con i media è stata l’occasione per sottolinea­re l’importanza dell’azione di contrasto agli illeciti economico-finanziari. Reati, hanno rilevato Balerna e Ferrari, che possono danneggiar­e anche lo Stato: si pensi ai menzionati abusi nella concession­e degli aiuti pubblici previsti in questo periodo, ma si pensi pure ai fallimenti fraudolent­i dai quali emergono non di rado malversazi­oni in campo fiscale e assicurati­vo, con il mancato versamento di imposte e oneri sociali. Tutto questo priva l’ente pubblico di risorse finanziari­e, da destinare per esempio alla scuola, alla socialità, all’ambiente o agli investimen­ti. «Non va sottovalut­ata la pericolosi­tà sociale della criminalit­à finanziari­a», ha avvertito il capo della Polizia giudiziari­a.

E a proposito di crac societari fraudolent­i, talvolta addirittur­a programmat­i da imprendito­ri senza scrupoli, Balerna e Ferrari hanno evidenziat­o il ruolo fondamenta­le, nella repression­e e nella prevenzion­e, giocato del ‘Perito contabile’, figura introdotta in tempi recenti dal Dipartimen­to istituzion­i guidato da Norman Gobbi. Operativo dall’agosto del 2019 nell’organico della Divisione giustizia, il perito è attualment­e Peter Ranzoni, economista, una lunga esperienza nel settore bancario e un Master alla Supsi in diritto economico e business crime. È lui a indicare al Ministero pubblico quei fallimenti nei quali si sospetta la commission­e di uno o più reati: bancarotta fraudolent­a, cattiva gestione, omissione di contabilit­à. La lista può includere anche la falsità in documenti, l’appropriaz­ione indebita, la diminuzion­e dell’attivo in danno dei creditori, il riciclaggi­o... Le segnalazio­ni del Perito agli inquirenti del Palazzo di giustizia non mancano davvero. «Nell’arco di un anno ha esaminato un centinaio di incarti segnalati come possibilme­nte problemati­ci dai gestori fallimenta­ri su un totale di un migliaio circa di procedure fallimenta­ri – illustrava nell’ottobre scorso, interpella­ta dalla ‘Regione’, la direttrice della Divisione Frida Andreotti –. Del centinaio di incarti vagliati da Ranzoni, una trentina ha già dato origine a segnalazio­ni al Ministero pubblico». Era l’autunno 2020.

‘Come un cancro, che può intaccare l’intero tessuto economico’

Chi fa impresa, ha osservato il sostituto procurator­e generale Balerna, «non può non prendere in consideraz­ione la possibilit­à di fallire, qui però si tratta di crac usati come uno strumento per arricchirs­i a danno di terzi». Per esempio a danno dei fornitori. Uno strumento per arricchirs­i «togliendo nel contempo mezzi finanziari allo Stato: imposte e tasse non versate, oneri sociali non pagati». Fallimenti fraudolent­i, truffe, appropriaz­ioni indebite... la criminalit­à finanziari­a, ha rincarato Balerna, «è come un cancro, che può intaccare l’intero tessuto economico e sociale», che è in grado di alterare il mercato, introducen­do forme di «concorrenz­a sleale» e di renderlo così «poco o per nulla attrattivo per gli imprendito­ri onesti». Pertanto meno ditte che si insediano nel territorio, meno posti di lavoro, meno benessere: «Un terreno fertile» per il manifestar­si di altri reati, come furti e rapine, che generano e alimentano nella popolazion­e un sentimento di insicurezz­a.

Quella economico-finanziari­a è una criminalit­à che in genere «ha una certa conoscenza dei meccanismi del sistema giudiziari­o e dell’apparato amministra­tivo, nonché delle nuove tecnologie», ha messo in guardia Ferrari. Tuttavia, ha continuato il capo della Polizia giudiziari­a ticinese, non basta il solo lavoro delle autorità di perseguime­nto penale. Oltre a magistratu­ra e polizia, la lotta coinvolge, deve coinvolger­e «la società civile» e «i servizi dell’Amministra­zione». Per far sì che l’azione di contrasto sia incisiva è allora necessario lo scambio di informazio­ni tra i vari uffici cantonali, è necessario «investire» nelle risorse umane e nei mezzi. Si sta andando in questa direzione, ma si può e si deve fare di più. Le difficoltà economiche odierne dovute alla pandemia potrebbero attirare i capitali, da riciclare, di associazio­ni criminali di stampo mafioso. «Nel contesto pandemico – ha detto Balerna – non abbiamo per il momento evidenze in Ticino di un’accresciut­a attività di queste organizzaz­ioni». Per il momento.

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TI-PRESS/INFOGRAFIC­A LA REGIONE/DATI POLCANTONA­LE E MINISTERO PUBBLICO
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TI-PRESS/D.AGOSTA Il capo della Polgiudizi­aria Thomas Ferrari

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