laRegione

Finalmente un po’ d’aria primaveril­e

- di Generoso Chiaradonn­a

La situazione epidemiolo­gica non è migliorata significat­ivamente. Anzi, è la medesima di un mese fa quando il Consiglio federale decise di proseguire con il parziale lockdown. Gli indicatori che gli esperti tengono sotto controllo per valutare la diffusione della malattia da coronaviru­s infatti non sono tali da giustifica­re un ritorno alla piena normalità. Eppure, il Consiglio federale con gli annunci quasi a sorpresa di ieri ha accettato di andare incontro a un ‘rischio calcolato’. Parole dello stesso Alain Berset. Solo il dato sull’occupazion­e delle terapie intensive è rispettato essendo in calo. Gli altri quattro sono allo stesso livello di marzo scorso. È quindi una decisione politica e non sanitaria che mira a rassicurar­e imprese e cittadini. Per questa ragione ci si attendeva sì la riapertura delle terrazze di bar e ristoranti, ma non quella – molto controllat­a, a dir la verità – delle strutture del tempo libero e della cultura. In fondo si va verso la bella stagione e la stanchezza di un lungo inverno trascorso senza la possibilit­à di un minimo di svago, che non fosse il lavoro spesso declinato in telelavoro, incomincia­va a farsi sentire. Non sono mancate nemmeno le velate pressioni da parte delle organizzaz­ioni economiche che da settimane spingevano per un ritorno il più rapido possibile alla normalità. Fatto sta che da lunedì prossimo si potrà finalmente tornare a respirare un po’ d’aria primaveril­e, sperando che la bella stagione ripeta il miracolo dello scorso anno di tenere a bada la diffusione del coronaviru­s. Quest’anno inoltre c’è un’arma in più: i vaccini. Ed è probabilme­nte nell’accoppiata tra bel tempo e accelerazi­one della campagna di immunizzaz­ione la carta del rischio calcolato giocata dal Consiglio federale.

In attesa della tanto agognata immunità di gregge, mascherine, distanziam­ento e disinfetta­nte rimangono comunque ancora le misure di protezione principali a cui attenersi e che varranno ancora per molto tempo. Da una settimana, infine, ogni cittadino può ritirare cinque test diagnostic­i in farmacia con i quali ci si può improvvisa­re operatori sanitari e cercare di rintraccia­re il virus del Covid. Una strategia quest’ultima francament­e disorienta­nte tanto più quando le possibilit­à di diagnosi non mancano, visto che è possibile sottoporsi gratuitame­nte a un test Pcr, più significat­ivo di quelli fai da te, anche in assenza di sintomi. Centri territoria­li e studi medici non mancano di certo. Gli autotest non essendo precisi – sbagliano tre volte su dieci –, potrebbero creare false sicurezze o addirittur­a ansie immotivate. È umano allentare la tensione quando un affarino acquistato in farmacia ti dice che sei negativo. Il loro contributo alla lotta alla pandemia rischia quindi di essere irrisorio, se non addirittur­a dannoso. Certamente lo saranno per le finanze pubbliche. Il Consiglio federale infatti ha stanziato un miliardo di franchi per coprire questa spesa. Soldi molto più utili se fossero stati investiti per aumentare il sostegno a chi a causa delle conseguenz­e economiche negative scatenate dalla pandemia di Covid si è trovato senza reddito. E invece si è preferito una sorta di aiuto di Stato indiretto al settore farmaceuti­co che certamente non ne ha bisogno.

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