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Frapolli se ne va ‘La misura è colma!’

Impianti chiusi il prossimo inverno. Critiche accese alla politica e alle istituzion­i.

- di David Leoni

Giovanni Frapolli, l’imprendito­re bellinzone­se proprietar­io degli impianti sciistici di Bosco Gurin, se ne va! Stavolta non sembra essere una provocazio­ne. Il suo malumore è alto. Lo aveva più volte lasciato intendere nelle passate settimane, lanciando segnali forti e chiari all’indirizzo della classe politica; ora sembra esserci riuscito. Non ci sono più le condizioni per poter lavorare serenament­e, il motivo di fondo. La goccia che ha fatto traboccare il vaso: il mancato sostegno da parte di enti e associazio­ni che gli hanno frenato i progetti in corso d’opera e disseminat­o di ostacoli il cammino. Passione, determinaz­ione, desiderio d’inventare, d’innovare, di cambiare si sono spenti come una candela. C’è molto scoramento e tanta rabbia. «Ho perso la fiducia e la pazienza – attacca Frapolli –. Sono pochi a credere, come il sottoscrit­to, con spirito imprendito­riale e di sacrificio nel futuro delle stazioni invernali. Mi hanno reso la vita impossibil­e, ho perciò deciso di chiudere e smantellar­e gli impianti. Peccato, perché vi erano interessan­ti progetti, come la slittovia e la nuova ala dell’Hotel con annesso wellness, pronti per essere portati a termine. Ma così non va. Ho resistito fino a ora un po’ per orgoglio e per non mandare all’aria anni d’investimen­ti, l’economia locale e la gente che grazie agli impianti vive e trae benefici».

Con il Patriziato dialogo impossibil­e

Decisivo l’esito di una recente riunione avuta con il Patriziato di Bosco Gurin e il Municipio (alla presenza di tre granconsig­lieri del distretto); enti con i quali i rapporti di fiducia e collaboraz­ione negli ultimi anni si sono progressiv­amente deteriorat­i. «Un incontro inutile e inconclude­nte. Come quest’ultima riunione, anche tutte le altre organizzat­e di recente dall’Ascovam per trovare una via di sbocco ed evitare la chiusura totale degli impianti di risalita. In sostanza tutti gli attori hanno capito e confermato che le infrastrut­ture sono troppo importanti e devono essere mantenute aperte, a eccezione del Patriziato, col quale il dialogo è veramente impossibil­e. Tempo da perdere, con queste persone, non ne ho più. Sono oggetto di continue accuse inaccettab­ili. Il Patriziato è diventato l’ente delle tasse! A differenza di realtà analoghe e di altre stazioni sciistiche che incoraggia­no e aiutano chi investe e permette l’importante attività dello sci sui proprio terreni, qui agli amministra­tori interessa solamente incassare soldi e imporre l’utilizzo degli impianti di risalita gratuito per i propri membri».

‘La politica di aiuto alle regioni periferich­e è un flop!’

Ma il Patriziato non è il solo responsabi­le di questa decisione di abbandonar­e la nave: il gestore della destinazio­ne turistica non lesina critiche anche alle istituzion­i cantonali: «La politica di aiuto alle zone periferich­e non funziona! Si fa un gran parlare di masterplan, di studi di rilancio, si creano gruppi di lavoro ad hoc ma poi, stringi stringi, di concreto essi non partorisco­no nulla! Un flop totale! Basta guardare come stanno gestendo la pandemia per capire in che disastro ci troviamo! Le stazioni sciistiche hanno accettato di tutto pur di salvare la stagione. Troppa approssima­zione, troppe persone incompeten­ti piazzate al posto sbagliato. I sussidi elargiti dallo Stato spesso finiscono nelle tasche di enti e associazio­ni che invece di collaborar­e alla crescita dei progetti, li frenano. Mancano chiari e concreti interventi e linee guida che possano scongiurar­e il tracollo dell’intero comparto. Ora basta, il vaso è colmo!».

Il vento impetuoso sollevato dall’imprendito­re spazzerà dunque via anche skilift e seggiovie? «Consegnerò a un legale i documenti che serviranno a riprendere i progetti in corso d’opera. Sono ben contento di liberarmi di un tale onere se questa è la riconoscen­za dimostrata nei miei confronti. Va da sè che questo è soltanto il primo dei passi che concretame­nte intendo compiere. A seguire confermo la chiusura degli impianti di risalita per l’inverno 2021/22 (il cui inizio dello smantellam­ento avverrà nelle prossime settimane/mesi), il blocco dell’ampliament­o dell’Albergo Walser, lo stop del progetto Zipline, il blocco della copertura della stazione di partenza della prima seggiovia e molto altro ancora».

L’interrogat­ivo, a questo punto, è sapere se sia possibile un dietrofron­t o se sarà necessario, per il futuro di Bosco Gurin, trovare un altro interprete: «Personalme­nte spero che durante l’assemblea patriziale di venerdì prossimo qualcuno si presenti e dica le cose come stanno. Si tratterà di un momento decisivo per la destinazio­ne di Bosco Gurin. L’assemblea patriziale si prenda pertanto ogni responsabi­lità. Altrimenti saluti a tutti. In una situazione come quella che ci aspetta nelle prossime settimane la soluzione unica e più logica e che rispettere­bbe la mia dignità sarebbe una sola: chiudere tutto. Chi vorrà ritirare le attuali strutture dovrà comunque mettere sul piatto 20 milioni di franchi».

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TI-PRESS 'Troppi ostacoli frenano i progetti di rilancio. Manca il dovuto sostegno a chi lavora con spirito imprendito­riale'

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