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Esitare, dubitare, perdere occasioni: come Alain Berset e l’UFSP si sono giocati una vaccinazio­ne tempestiva (2)

L’UFSP ha aspettato troppo con l’ordinazion­e, ha mancato una grande opzione, sperava in una produzione indigena svizzera e ha diffidato di nuove tecnologie vaccinali. Di tutto questo paghiamo oggi il prezzo

- (cortesia «NZZ am Sonntag» traduzione di Eros Mellini)

Peter Hossli, Birgit Voigt

Nella puntata precedente (cfr. Spazio Libero dell’8.4) abbiamo presentato la prima parte dell’ampia ricostruzi­one della reazione delle autorità svizzere alla crisi pandemica, realizzata dai due giornalist­i della «NZZ am Sonntag» Peter Hossli e Birgit Voigt. Se all’inizio della pandemia ci si muoveva comprensib­ilmente nell’incertezza, col tempo l’evoluzione della situazione, in particolar­e sul fronte dei vaccini, ha offerto più opzioni interessan­ti. Si doveva e poteva fare presto. Ma tra incertezze, tentenname­nti, timore delle critiche (se si fosse «speso troppo»!), si è perso del tempo prezioso. Solo l’abilità di alcune persone e una certa dose di fortuna hanno evitato che le cose peggiorass­ero ulteriorme­nte. Si sono comunque accumulati ritardi, di cui paghiamo oggi il prezzo.

3. capitolo: l’affare Lonza

Il 1. maggio 2020 Albert Baehny rende visita all’UFSP. Egli è presidente del Consiglio d’amministra­zione di Lonza. L’azienda intende produrre a Visp il principio attivo del vaccino mRNA di Moderna. A metà aprile Baehny ha informato al riguardo il Consiglio federale. Adesso vuole abbozzare a grandi linee all’UFSP le possibilit­à di una collaboraz­ione.

L’opzione più delicata: la Confederaz­ione potrebbe tentare, per 60 milioni di franchi, di intraprend­ere in Vallese la via della produzione indigena. Produrrebb­e 100 milioni di dosi l’anno. La Svizzera potrebbe tenerne 20 milioni per sé e passare il resto a Paesi più poveri. Benché Baehny non possa decidere per Moderna su contratti inerenti ai vaccini, egli crede che un tale affare avrebbe grandi chance di andare in porto. In questo momento Moderna è una startup. Il denaro è limitato, degli investimen­ti sarebbero benvenuti. Ma la Confederaz­ione sembra non avere alcun interesse al riguardo. Dopo l’incontro, Baehny non sente più niente. Quando, poche settimane dopo, il consiglier­e federale Alain Berset informa personalme­nte presso l’UFSP circa lo stato dell’approvvigi­onamento e sui possibili vaccini, l’eventuale opzione di produrre per la Svizzera a Visp milioni di dosi di vaccino non viene citata. Lo dice una persona che era presente alla seduta.

Il portavoce del consiglier­e federale Alain Berset dice oggi al riguardo, che nella seduta del 1. maggio il tema di una produzione solo per la Svizzera non è nemmeno stato sollevato.

Nel mondo aumentano i casi, tuttavia in Svizzera la situazione si calma e ci si gode l’estate nella riottenuta libertà. In Parlamento si crea una resistenza contro la «dittatura del Consiglio federale» durante la situazione straordina­ria. «C’era bisogno di più votazioni», dice Oswald. Nel contempo si dirada il campo dei possibili vaccini. «Avevamo già allora circoscrit­to i contatti a quelle aziende che oggi hanno i vaccini», rileva.

Oswald dirige oggi il team d’approvvigi­onamento e coordina le trattative. Gradualmen­te sta emergendo una tabella di marcia, con la quale il gruppo mira alla totale vaccinazio­ne entro l’estate 2021, al più presto in primavera 2021.

Berger e Siegrist insistono affinché la Svizzera si affidi a più tecnologie, scegliendo per ognuna di esse uno o due fornitori. Se una tecnologia fallisce, ne rimangono altre. Se un fornitore viene a mancare, ce ne sono altri. In questo modo, sperano entrambi, si potrebbe evitare di dover somministr­are alla popolazion­e sana dei vaccini mRNA o vettori virali, non ancora sperimenta­ti.

L’obiettivo è sempre ancora quello di poter fornire a tutti un vaccino tradiziona­le senza fattori di rischio. Questa idea, spinta da un concetto di sicurezza, avrebbe inf luenzato molto le decisioni d’acquisto dei mesi seguenti. Berger è impression­ato dal know-how di Oswald, dai suoi contatti con l’industria, dalla sua profonda conoscenza dei vaccini. Gli appare come un abile negoziator­e. «È merito di Oswald se siamo avanzati così rapidament­e», dice Berger oggi. Tuttavia non è ancora chiaro se ci sia uno, nessuno o più vaccini. Ciononosta­nte, Oswald spinge sull’accelerato­re, insiste affinché si acquisti la maggiore quantità possibile di vaccini, «ben oltre gli obiettivi prefissati», come racconta una persona. Nel primo semestre 10 milioni di dosi, poi 20 milioni. «O se ne ha troppo o troppo poco, non c’è mai un punto d’atterraggi­o», è il motto di Oswald. Troppo sarebbe meglio.

Ma Oswald non si impone. L’UFSP non è avaro. «Non abbiamo mai perso tempo o non fatto qualcosa d’importante perché volevamo risparmiar­e denaro», dice Kronig. Ma dilaga la paura di commettere degli errori. Alla seduta del 19 giugno è presente il direttore dell’UFSP Pascal Strupler. «La sorveglian­za finanziari­a sta ponendo le prime domande sull’approvvigi­onamento, cui occorre dare una risposta», dice Strupler stando al verbale.

È chiaro che, dopo le fasi I e II, non si possa ancora dire se un vaccino sarà autorizzat­o, dunque fino a che siano disponibil­i i primi studi clinici sugli esseri umani. «Aumenta così il rischio di un investimen­to sbagliato». La preoccupaz­ione di fronte a possibili decisioni sbagliate sembra prevalere su un atteggiame­nto disposto a qualche rischio, che potrebbe avere un esito positivo.

4. capitolo: la svolta

Oswald predilige il produttore USA Moderna e porta avanti le trattative, nonostante che l’azienda, all’inizio dell’anno, occupi solo un paio di centinaia di dipendenti e manchi di un’organizzaz­ione per la distribuzi­one. Ma la piccola azienda occupa un uomo che lui conosce dai suoi tempi di Novartis e che dal 2017 è responsabi­le presso Moderna per lo sviluppo della produzione.

Che Lonza produca il vaccino in Svizzera rafforza la sua convinzion­e che gli americani ce la faranno. Non è così semplice diffondere questo ottimismo nel team dei vaccini. La domanda per sapere quali rischi i nuovi vaccini comportino rimane. Al riguardo emergono opinioni divergenti. Invece di velocità e quantità, altri sono per un’ordinazion­e moderata e a tappe.

A questo riguardo, in estate ci sono dei risultati promettent­i. «Sono fantastici», scrive Steve Pascolo il 27 luglio in una e-mail all’UFSP. «È chiaro che entro fine anno avremo almeno due vaccini omologati contro la COVID-19: il vaccino mRNA di Moderna e uno o più vaccini mRNA di BioNTech.» Potrebbero essere inoculati «probabilme­nte a inizio dell’anno prossimo o addirittur­a prima della fine del 2020». Non riceve una risposta.

Berger s’incontra con i ricercator­i di Moderna. È impression­ato dalle sperimenta­zioni su piccoli animali e su primati, i primi studi clinici. Moderna, ammettono anche lui e Siegrist, è la più avanzata di tutti. In luglio BioNTech inizia a testare il suo vaccino nella terza fase su 44.000 persone. È il più grande test vaccinale di tutti i tempi. Moderna inizia con 30.000 soggetti. L’UFSP e il DDPS concordano in giugno un «memorandum d’intesa» con Moderna. Seguono «intense e difficili discussion­i», dice una persona che è al corrente ma soggetta al segreto d’ufficio e che quindi non può parlare dettagliat­amente.

Perché non viene applicato il diritto svizzero, bensì quello USA. L’UFSP mette da parte il consulente americano di Oswald, al fine di condurre a buon termine il contratto. Ha inizio una disputa sulla responsabi­lità. Moderna non vuole rispondere di eventuali danni causati dal vaccino. L’UFSP ritiene che la responsabi­lità sia del produttore. Alla fine, la Svizzera cede su diversi punti.

Dopo le ferie estive, in agosto 2020, Kronig stipula un accordo con Moderna per la consegna di 4,5 milioni di dosi. È poco. Gli scettici nei confronti del vaccino mRNA nell’UFSP non osano acquistarn­e di più. Dovrebbero bastare per i gruppi a rischio. Il resto della popolazion­e - questa è sempre l’opinione prevalente - riceverebb­e più tardi un vaccino prodotto tradiziona­lmente. L’ordinazion­e a Moderna è comunque una pietra miliare: la Svizzera ha un contratto per il vaccino prima che Israele concluda un accordo con l’altro produttore di vaccini mRNA Pfizer/BioNTech.

Anche un rappresent­ante del Dipartimen­to militare firma il contratto, perché l’acquisto dei vaccini avviene a carico del budget del DDPS. «Si ha una strana sensazione e si è coscienti della responsabi­lità nell’apporre la firma sotto un tale contratto», dice Kronig. «Si tratta di molti soldi, niente deve andare storto.»

L’ultima parola su questo acquisto l’ha il vertice del Dipartimen­to federale degli affari interni - dicono due persone indipenden­ti l’una dall’altra - ossia il consiglier­e federale Alain Berset. In autunno l’UFSP stipula altri contratti. Dapprima con AstraZenec­a - un vaccino vettoriale - quindi una prima tranche con Pfizer/BioNTech. L’accordo ha luogo diversi giorni prima che il vaccino sia autorizzat­o in Svizzera. Per poco non salta, perché i responsabi­li di Pfizer non credono in una rapida autorizzaz­ione da parte di Swissmedic. Erano già pronti a deviare il vaccino su un altro acquirente, dice una persona al corrente dei fatti.

Ma Swissmedic autorizza il vaccino prima di tutte le altre autorità europee, il 19 dicembre 2020. Entro pochi giorni, alla prima donna svizzera viene inoculata una dose. Il 12 gennaio Moderna riceve luce verde.

È riuscito ciò che sembrava impossibil­e: lo sviluppo di un vaccino efficace in meno di un anno. La genialità umana ha sconfitto lo stupido agente patogeno.

A inizio 2021 il gruppo di lavoro porta a buon fine altri contratti, giusto in tempo, prima che i quantitati­vi disponibil­i per il 2021 vadano a esauriment­o. In totale, la Confederaz­ione ha f inora ordinato 36 milioni di dosi. Ciò è sufficient­e. E si tratta di vaccini di alta qualità. Ma arrivano troppo tardi.

5. capitolo: ritardi nella consegna

Ma, dopo la sorprenden­temente rapida autorizzaz­ione di Pfizer/BioNTech, non sono pronte né soluzioni informatic­he, né una campagna d’informazio­ne, né tantomeno i cantoni. Le consegne ritardano non solo in Svizzera, ma in tutta Europa, anche là dove si è ordinato tempestiva­mente. Il vaccino di AstraZenec­a è sì acquistato, ma non autorizzat­o da Swissmedic. La sua reputazion­e è attaccata a grandi titoli dai media per presunti effetti collateral­i negativi.

Il presidente della CFV Berger dice oggi che, anche se il prodotto venisse autorizzat­o, lo si potrebbe utilizzare solo con riserva. «Lo raccomande­rò solo a titolo facoltativ­o, il che significa che tutti possono rifiutare AstraZenec­a e aspettare un vaccino mRNA». Nella popolazion­e, che attende con trepidazio­ne la fine delle restrizion­i, la delusione è grande. Altri Paesi sono più veloci della Svizzera. Ma a quale prezzo? Il Cile acquisisce qualsiasi vaccino immaginabi­le. USA e Gran Bretagna autorizzan­o vaccini a titolo eccezional­e, ciò che la Svizzera non fa. Israele dà a Pfizer/BioNTech i dati sanitari della propria popolazion­e in cambio di una consegna privilegia­ta. Cosa che la Svizzera non avrebbe comunque potuto fare, dato che non ci sono dossier elettronic­i dei pazienti.

Nora Kronig dice: «Sì, attualment­e alcuni Paesi stanno forse andando più veloci di noi. Ma in confronto a molti altri Paesi andiamo bene, abbiamo un buon portfolio e abbiamo puntato su prodotti che finora si sono affermati per efficacia e sicurezza». Saremmo oggi vaccinati più rapidament­e se la Confederaz­ione avesse esitato meno e acquistato prima? Se non si fosse attardata su una soluzione svizzera e avesse avuto meno timore di commettere errori?

Venerdì il consiglier­e federale Alain Berset ha ritardato di un mese i piani di vaccinazio­ne. Chi non appartiene a un gruppo a rischio non può perciò sperare di essere completame­nte vaccinato prima delle ferie estive. In Svizzera sono morte a quel momento 9.631 persone di COVID-19.

Se vuoi essere un vero cercatore della verità è necessario che almeno una volta nella tua vita tu dubiti, per quanto possibile, di tutte le cose CARTESIO

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