laRegione

Inchieste in polizia: ‘Grave non agire’

Samuel Maffi conferma la linea scelta. La sanzione massima? Una destituzio­ne.

- Di Daniela Carugati

Solo qualche anno fa era impensabil­e da queste parti. Oggi, invece, a Mendrisio la sicurezza non è più un’urgenza. Tanto da aprire nuovi scenari e indurre a ripensare ruolo e obiettivi della Polizia della Regione II. Samuel Maffi, a capo del Dicastero sicurezza pubblica da quasi dieci anni, si sbilancia. Per lui la «missione è compiuta». Con la consapevol­ezza che anche la crisi sanitaria da Covid-19 ha fatto emergere il meglio del Corpo regionale. «Con la pandemia è stata un po’ la prima volta che le Polizie comunali hanno smesso, in parte, i loro compiti per dedicarsi ad altri doveri legati alla situazione pandemica – ripercorre Maffi –. E non ci siamo tirati indietro. Le statistich­e restituisc­ono, comunque, un calo drastico delle sanzioni comminate sul territorio, mentre i reati sono ulteriorme­nte scesi. Non voglio farne un vanto, ma da quando me ne occupo, era il maggio 2011, si è registrata una riduzione molto marcata della criminalit­à in genere all’interno del nostro comprensor­io di competenza. Sia chiaro, non è merito mio ma degli investimen­ti fatti dalla politica cantonale e comunale dal 2010».

Il nodo del clima interno al Corpo? ‘Sciolto’ Nei quattro anni di legislatur­a precedenti al Covid ha dovuto misurarsi con un altro problema spinoso, quello dei rapporti interni al Corpo. Tanto da arrivare ad aprire una quindicina di inchieste amministra­tive, che hanno coinvolto pure un membro del comando. La prova del coronaviru­s ha contribuit­o a ritrovare una maggiore coesione? «La pandemia ha un po’ messo in standby e ritardato la conclusion­e dell’importante lavoro, durato quasi un anno, svolto all’interno della polizia. Quello che posso dire è che durante il periodo dell’emergenza sanitaria ho visto il Corpo lavorare molto bene», conferma a ‘laRegione’ il capodicast­ero. I rapporti, quindi, si sono chiariti: si parla di clima ritrovato. «Il lavoro di analisi portato avanti dalla specialist­a del lavoro alla quale ci siamo rivolti non è stato fatto per essere messo in un cassetto. Alla lente il clima di lavoro, questo esercizio ci ha permesso di riscoprire la nostra identità».

Identità cercasi

Identità, in che senso? «Il settore a livello ticinese è in costante evoluzione. Prima del 2009 la polizia era ancora ‘circoscrit­ta’ al Borgo. Con l’aggregazio­ne è diventata il servizio della grande Mendrisio. Poi è cambiata la legge sulla collaboraz­ione fra Cantonale e Comunali, e sono stati creati i poli. Così – ci racconta Maffi – mi sono ritrovato in prima linea nella realizzazi­one della Regione II, stringendo accordi con i Comuni del comprensor­io. «A livello ticinese siamo stati la prima Città-polo a poter contare su un Corpo operativo 24 ore su 24. Naturalmen­te, questo nuovo sistema di sicurezza ha fatto sì che i mezzi e gli uomini a nostra disposizio­ne dovessero aumentare. Ed è qui che si innesta l’investimen­to della politica, che ha dato modo, grazie pure al potenziame­nto della Polizia cantonale e al contributo delle Guardie di confine, di ridurre nel corso dell’ultimo decennio la criminalit­à in genere. Se guardiamo bene, in questa campagna elettorale come nei volantini dei partiti politici a Mendrisio, il tema della sicurezza non c’è quasi più. Adesso il punto è mantenere questo standard e migliorare dove possibile. D’ora in poi si potrà anche tornare un po’ alle origini, puntando ancor di più sulla prossimità con i cittadini. Penso che anche gli agenti e i Corpi comunali in genere si siano sentiti un po’ smarriti. Sullo sfondo l’idea di una Polizia unica, vi è da interrogar­si sul futuro». Lo studio è tornato utile? «Dopo esserci chiariti al nostro interno (forse per primi), abbiamo tentato di capire chi siamo, da dove veniamo e cosa vogliamo essere. È stata creata una carta dei valori e adottata una strategia ripresa dalle missioni della Città».

Da una crisi all’altra

Torniamo alla ‘crisi’ interna’: si teme una ‘ricaduta’? «Chiariamo: l’inchiesta amministra­tiva è un mezzo giuridico a tutti gli effetti che permette di accertare quella che è, diciamo, la verità dei fatti, e decidere poi su eventuali sanzioni – puntualizz­a subito Maffi –. Negli anni passati questo mezzo non era praticamen­te mai stato usato, ma erano altri tempi, altri numeri, altre persone. Quando si vedono, in generale, dei comportame­nti potenzialm­ente non consoni al lavoro e al ruolo, questo strumento permette di chiedere l’assunzione di prove da parte di chi viene rimprovera­to, dando la parità delle armi. Penso che Mendrisio sia stato accorto nell’utilizzare questo strumento. Politicame­nte per me sarebbe stato meglio, davanti a determinat­e situazioni e a ogni livello, far finta di niente e cercare di passare oltre, per il quieto vivere. Ma non agire sarebbe stato grave e non nelle mie corde. Come cittadino e come municipale, che ha delle responsabi­lità, non mi sono sottratto e ho usato i mezzi a disposizio­ne. L’atteggiame­nto generale è mutato anche se singoli casi (eccezional­i) con ulteriore necessità d’intervento non possono essere esclusi». Per chiudere, ha parlato di ammoniment­i: quale esito hanno avuto le varie inchieste amministra­tive? «Purtroppo – ci risponde Maffi – come massima sanzione, siamo arrivati anche a dover destituire un agente di polizia. La decisione è stata impugnata e il ricorso respinto in prima istanza, confermand­o l’adeguatezz­a della misura».

‘Non una fotocopia della Cantonale’ Evocava un ritorno alle origini: di cosa si tratta? «Dopo aver messo in campo tutti gli investimen­ti e la rete di collaboraz­ioni, sento che le Polizie comunali devono di nuovo riavvicina­rsi il più possibile al cittadino – insiste Maffi –. Non dobbiamo essere la fotocopia della Polizia cantonale, vogliamo essere, e lo siamo già in parte, ancora più di prossimità. «Del resto, dieci anni fa la sicurezza faceva rima con controlli 24 ore su 24, tutti li reclamavan­o. Oggi potremmo un po’ depotenzia­re il pattugliam­ento; essere proattivi e non solo reattivi laddove sussiste un problema».

Un gruppo sulla polizia del futuro Come si può conciliare la prossimità con la tendenza cantonale a centralizz­are? «Quando dico che c’è un senso di smarriment­o, mi riferisco al fatto che il Cantone cerca di avere più risorse e capita spesso che lui stesso conduca nell’interventi­stica una parte degli effettivi delle Comunali. L’Associazio­ne Comuni ticinesi ha preso posizione sul tema della polizia di prossimità ed è stato elaborato uno studio. Io e un altro municipale (Daniele Franzoni vicesindac­o di Lamone, ndr) siamo i rappresent­anti dei Comuni ticinesi in un gruppo di lavoro creato negli ultimi sei mesi con il Dipartimen­to istituzion­i: tema sul tavolo la polizia del futuro».

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TI-PRESS Il futuro fa rima con prossimità
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