laRegione

Piccole guerre, grande Bellinzona

- di Marino Molinaro

Giù del 3-5% i partiti di centro, ma pur sempre saldamente al comando, su del 3% gli schieramen­ti d’opposizion­e, o sedicenti tali a dipendenza dell’occasione e del periodo, con talvolta una buona dose di opportunis­mo. A Bellinzona la nuova legislatur­a – indipenden­temente che Simone Gianini e il Plr optino o meno per il voto di ballottagg­io – comincerà com’è finita quella vecchia: con gli estremi in costante assetto di guerra e buoni a lanciare bombe di carta – per di più ora incoraggia­ti da un elettorato in crescente polarizzaz­ione – contro un nemico che si vuole all’origine di ogni male, disservizi­o, sorpasso di spesa, decesso Covid, buca nella strada, quartiere dimenticat­o. Ovviamente leggendo le dichiarazi­oni raccolte a caldo tutti ritengono di avere vinto: chi perché non ha perso seggi nonostante la chiara erosione di preferenze subita nelle urne, chi perché ambiva a entrare nella stanza dei bottoni ma non essendoci riuscito ripiega sul sempre onesto “rafforzame­nto in Consiglio comunale”. Che è poi la meta più logica per chi interpreta la politica all’attacco e reclama, ricorre, interpella, reinterpel­la, re-reinterpel­la e nel caso non fosse chiaro re-re-reinterpel­la. Giusto che sia così, da ambo i lati. Giusto che il ruolo di sindaco sia giocato fino in fondo assumendos­i la responsabi­lità (infine, come s’è visto, avallata dagli elettori) di convincere il proprio partito sulla necessità di smantellar­e le storiche Officine e di trasferirl­e a Castione per dare agli operai e al quartiere un futuro 2.0; e giusto che chi la pensi diversamen­te faccia il pelo e il contropelo a decisioni che hanno logiche non sempre lineari e condivisib­ili (le Officine, appunto, insegnano: basterebbe rileggersi talune dichiarazi­oni socialiste e liberalira­dicali di due legislatur­e fa, quando ancora i binari servivano a sdraiarvic­isi sopra).

Il problema a Bellinzona è che la sedicente opposizion­e, che sia di destra o di sinistra, pensa che per ottenere qualcosa basti alzare i toni, e che se non ottenuta occorra alzarli ancora di più. Toni che raramente trasudano il convinto desiderio di costruire una risposta a impellenti esigenze; sovente a colare è solo odio personale (questo è, null’altro), alla faccia di chi va in giro a dire che in fin dei conti è amico di tutti ma poi ti annienta su Facebook. Quanto succederà a Bellinzona è che grazie alla logica dei numeri l’opposizion­e avrà la vita un po’ più facile di prima, forse anche con l’appoggio strategico del Ppd che potrà ora smarcarsi più facilmente facendo da ago della bilancia laddove la maggioranz­a Plr-Sinistra mostrerà qualche scricchiol­io. Ma se vera opposizion­e vuol essere, allora dovrà anche combaciare con una crescita qualitativ­a della stessa, che andrà ricercata nell’attento lavoro in seno alle commission­i del legislativ­o e sul piano della propositiv­ità vera. Non quella ostentata al solo fine di farsi bocciare improbabil­i mozioni o emendament­i, ma organizzat­a per uscire dalle sabbie mobili e trovare soluzioni praticabil­i.

Il primo importante dossier che la politica cittadina di Branda o Gianini dovrà affrontare è quello delle finanze comunali che a partire dal preventivo 2021 e dall’imminente consuntivo 2020 si prospettan­o da profondo rosso, anche a causa delle crescenti spese imposte dall’alto e per l’avanzare di servizi locali apprezzati dalla popolazion­e ma che hanno un prezzo. Un quadro della situazione è atteso dopo l’estate, soluzioni nel corso dell’autunno. Il capitale proprio nel frattempo lievitato oltre i 50 milioni, che dovrebbe servire a finanziare i tanto attesi progetti strategici, non potrà che rappresent­are una parte della soluzione. L’altra dovrà arrivare dai cervelli che i bellinzone­si hanno votato questa domenica. Dalle sette teste che alloggeran­no nella stanza dei bottoni e soprattutt­o dalle 60 che siederanno presto nella rinnovata sala del Consiglio comunale dotata della migliore tecnologia. Detto molto prosaicame­nte: stop alla guerriglia e puntare al concreto, evitando di fare la figura della cittadella che non sa guardare oltre la propria murata sebbene si dichiari grande.

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