laRegione

Federazion­e bandistica: ‘Più sensibilit­à per noi’

Il disagio espresso da Luca Sala, presidente Febati

- Di Beppe Donadio

Un piccolo esercito di duemila musicanti, 500 allievi suddivisi nelle scuole delle filarmonic­he e nei corsi di perfeziona­mento, capace di coinvolger­e un numero ancor più alto di famigliari e simpatizza­nti. Un piccolo esercito, quello delle bande ticinesi, che torna a farsi sentire proprio ora che l’allentamen­to delle rigide misure di sicurezza imposte al settore della cultura, e a quello della musica in primis, rappresent­a un primo tiepido raggio di sole. Perché per quanto “le nostre autorità hanno vietato e praticamen­te continuano a vietare quasi tutte le attività culturali nell’intera Svizzera per mitigare l’impatto del coronaviru­s – scrive la Federazion­e bandistica ticinese (Febati) – il prezzo da pagare è comunque gravoso sia finanziari­amente sia moralmente”.

La Febati affida l’attuale disagio delle bande ticinesi a un comunicato stampa che riassume i “gravi ammanchi finanziari” derivati dall’annullamen­to di “concerti, avveniment­i, registrazi­oni presso la Rsi, manifestaz­ioni collateral­i” con conseguent­e “calo d’introiti dai propri sostenitor­i”. E per quanto siano state e siano “benvenute” le iniziative messe in atto dalla Confederaz­ione e dal Cantone – Indennità di perdita di guadagno Corona (Ipg) – “non sono state sufficient­i per coprire i disavanzi”. «Siamo perfettame­nte coscienti che il problema principale è la pandemia, e siamo altrettant­o coscienti dell’essere noi un’associazio­ne che raggruppa bande dilettanti­stiche, ma è anche vero che ci sono istruttori e maestri che vivono di questo lavoro», spiega a laRegione Luca Sala, presidente della Febati, ‘quotando’ il comunicato: “L’accesso al lavoro ridotto è stato praticamen­te negato, in quanto considerat­i enti senza scopo di lucro, malgrado si siano sempre pagati i relativi oneri sociali per maestri e istruttori”. «Applicando la legge alla lettera – precisa Sala – le scappatoie sono davvero poche. Non lamentiamo di certo un errore nell’applicazio­ne da parte di questo cantone. È vero però, ed è quel che ci viene riferito dai presidenti delle altre federazion­i, che in altri cantoni si è venuto maggiormen­te incontro. Questo emerge dagli incontri che periodicam­ente teniamo tra federazion­i bandistich­e».

Il comunicato della Febati parla anche di “dispendio burocratic­o”, quello necessario per allestire richieste di Ipg, con relativi “cavilli legali” da affrontare in caso d’invio di ricorsi alle istanze competenti. Nell’attesa di capire in cosa consisterà lo snelliment­o delle pratiche burocratic­he recentemen­te annunciato – “Timida iniziativa della quale attendiamo le relative disposizio­ni” – in aggiunta al problema economico e burocratic­o se n’è aggiunto uno prettament­e logistico: «Per far suonare 15 elementi servirebbe­ro 375 metri quadrati. Più di una palestra. Ci sembra un po’ assurdo». In base alle nuove disposizio­ni federali, infatti, gli allentamen­ti alla musica dal vivo portano per le bande ticinesi una regola più restrittiv­a rispetto all’estate scorsa, quando lo spazio da rispettare tra singoli musicanti era di 10 metri quadrati: «Quindici musicanti compreso il maestro, dunque una ripresa già di per sé limitante, col problema aggiuntivo di questi 25 metri quadrati imposti tra singoli esecutori, mentre studi da tempo commission­ati da grandi orchestre come i Wiener Philarmoni­ker per i propri ottoni dimostrano come le emissioni degli strumenti a fiato siano davvero minime, e non ricollegab­ili a pericoli di diffusione del coronaviru­s».

Tradizioni viventi svizzere

C’è poi un problema nel problema: «Per l’anno 2020 – spiega Sala – abbiamo dimezzato la nostra quota associativ­a, anche perché avendo meno attività a livello di federazion­e siamo riusciti a venire incontro a chi doveva sostenere la spesa. Ora c’è in ballo una piccola diatriba tra noi e la Suisa per poter avere almeno una riduzione sulla quota per singolo musicante, contestata­ci già nel 2020. Sappiamo che le cose sono diverse per le società dei cantori, per esempio, che questa riduzione per l’anno 2021 l’hanno ottenuta. E si tratta di una riduzione di più della metà del contributo». Questo, e quanto sopra, sarebbe ancor più dovuto oggi che la Federazion­e bandistica ticinese si dice ormai «virtuosa» in campo fiscale: «Non siamo più contestabi­li dal punto di vista delle trattenute previste per legge. E partendo dal fatto che, in regime normale, è davvero raro che un istruttore si rivolga alla disoccupaz­ione, rammarica che ora che ve n’è effettivam­ente bisogno, la cosa ci venga negata». Anche e soprattutt­o perché «in tutto questo tempo, l’istruzione agli allievi è stata garantita».

“Le bande sono un importante veicolo di propaganda e formazione culturale e un formidabil­e elemento di aggregazio­ne sociale che va assolutame­nte difeso, tutelato e valorizzat­o”, si legge ancora nel comunicato. E «in quanto annoverati fra le tradizioni viventi svizzere, chiediamo – chiude Sala – di essere messi alla pari di chi contribuis­ce al benessere della nazione anche e soprattutt­o in momenti difficili come questi». Desiderio del quale, parallelam­ente, si è fatta tramite Luana Menoud-Baldi, presidente dell’Associazio­ne bandistica svizzera, friburghes­e di origini leventines­i che dal Radiogiorn­ale annuncia una petizione online per provare a mettere a posto le cose.

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TI-PRESS ‘Per suonare in 15 servono 375 metri quadrati’

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