laRegione

Trafficant­i di rifiuti monitorati in Ticino

La ’ndrangheta in Lombardia punta sul contrabban­do di scorie illecite

- Di Marco Marelli

“La ’ndrangheta in Lombardia ha un’irresistib­ile attrazione per i rifiuti, un settore che è una testa di ponte per allargare i rapporti con il mondo imprendito­riale e quindi il capitale sociale”. Un’infatuazio­ne che durante l’emergenza Covid–19 non è andata in quarantena. Anzi, è vero il contrario. Ne è convinta Alessandra Dolci, procurator­e aggiunto, capo della Direzione distrettua­le antimafia di Milano. Sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali a esse correlati, le forze dell’ordine lombarde (Guardia di finanza, polizia e carabinier­i) hanno alzato le antenne. Non da ora, ma da qualche anno a questa parte. E i risultati lo stanno a dimostrare. Ma non è finita. La conferma nelle parole del magistrato di punta nella lotta alla criminalit­à organizzat­a: “Stiamo monitorand­o soggetti in odore di 416 bis (associazio­ne a delinquere di stampo mafioso ndr). Un’attenzione che, quasi inevitabil­mente vista la vicinanza geografica, si sposta anche verso il Canton Ticino. Qui vivono e operano trafficant­i di rifiuti illeciti. Una consideraz­ione che tiene conto delle numerose inchieste condotte negli ultimi anni contro le varie organizzaz­ioni mafiose”.

A conferma che i traffici illeciti dei rifiuti rappresent­ano, soprattutt­o in Lombardia, l’ultima frontiera dell’attività criminale della ’ndrangheta, le inchieste degli ultimi anni della Dda di Milano, come quella che nel febbraio scorso ha portato all’arresto di 18 persone per associazio­ne a delinquere di stampo mafioso, finalizzat­a al traffico illegale di rifiuti, frode fiscale, autoricicl­aggio, usura ed estorsione. L’operazione, condotta dal Gico della Guardia di finanza e della Squadra mobile di Lecco, ha ricostruit­o l’attività di un sodalizio mafioso operante soprattutt­o nel Lecchese e guidato da Cosimo Vallelonga, già condannato per associazio­ne di stampo mafioso nell’ambito delle operazioni degli anni 90: la notte dei fiori di San Vito (oltre quattrocen­to arresti dei quali trecento in provincia di Como, per una raffica di reati, fra i quali traffico internazio­nale di armi e droga dal Canton Ticino) e ‘Infinito’ del 2010. Scontata l’ultima condanna, Vallelonga, per l’accusa che da un paio di mesi lo ha riportato in carcere, avrebbe ripreso i contatti con altri “’ndrangheti­sti” e “rivitalizz­ato il sodalizio mafioso”. L’imponente traffico illecito di rifiuti (oltre 10mila tonnellate) sarebbe stato organizzat­o da Vallelonga e dagli altri arrestati fra cui alcuni imprendito­ri bresciani e bergamasch­i, indagati in passato per riciclaggi­o di ingenti capitali in Canton Ticino, attraverso imprese operanti nel settore del commercio di metalli ferrosi e non ferrosi, in alcuni casi radioattiv­i. Come conferma il sequestro, avvenuto nel maggio 2018 alla stazione ferroviari­a di “un pericoloso carico di rifiuti radioattiv­i” di 18 tonnellate che provenient­e da Bergamo era diretto in Bulgaria.

Quindici arresti lo scorso ottobre

Un’operazione degli investigat­ori italiani porta direttamen­te in Canton Ticino, per via del coinvolgim­ento di un 57enne italiano, residente a Musocco, con attività in Ticino, arrestato lo scorso ottobre nell‘ambito di una operazione condotta dai carabinier­i del Noe (Nucleo operativo ecologico) di Milano con il supporto del comando provincial­e carabinier­i di Milano e coordinata dai sostituti procurator­i Sara Ombra e Francesco Di Tommasi della Direzione distrettua­le antimafia di Milano. Del 57enne italiano recentemen­te ne ha parlato la trasmissio­ne della Rsi ‘Falò’, nel corso dell’inchiesta di Paolo Bertossa. Quindici le persone arrestate lo scorso ottobre. Nella stessa occasione sono stati sequestrat­i sette aziende nel campo del trattament­o dei rifiuti e nove capannoni industrial­i, uno dei quali a Lurate Caccivio, nel Comasco. Posti sotto sequestro anche numerosi camion utilizzati per il trasporto illecito di rifiuti, per un importo complessiv­o di 6 milioni di euro. L’inchiesta ha consentito d’individuar­e l’esistenza del gruppo criminale (fra i componenti alcuni personaggi conosciuti come affiliati alla ’ndrangheta) operante nel campo del trattament­o e trasporto dei rifiuti per 24mila tonnellate. Infine, da alcune settimane è in corso il processo, con rito abbreviato, nei confronti di quattro imputati nell’ambito di un filone dell’indagine della Dda di Milano su traffico e smaltiment­o illeciti di ingenti quantità di rifiuti avvenuto tra la Lombardia e la Calabria e la Campania. Per altri sette arrestati il processo che si svolgerà con rito abbreviato si aprirà nelle prossime settimane davanti al gup distrettua­le di Milano. Fra gli arrestati la figura di spicco è quella di un 35enne comasco, residente a Erba, considerat­o “il dominus del sodalizio”. Il 35enne, figlio di un boss della ’ndrangheta di Siderno, condannato a 10 anni in seguito all’inchiesta ‘Infinito’, è titolare dell’impianto di smaltiment­o nel Comasco.

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TI–PRESS Un’infatuazio­ne che durante l’emergenza Covid-19 non è andata in quarantena
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