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Violenza carnale, l’ex prosciolto in Appello

In primo grado era stato condannato a tre anni

- Di Katiuscia Cidali

Da una condanna di tre anni al prosciogli­mento. In primo grado, il 18 giugno 2019, la Corte delle Assise criminali presieduta da Mauro Ermani aveva condannato a una pena di tre anni, di cui 10 mesi da espiare e 26 sospesi condiziona­lmente per due anni, un 39enne sudamerica­no residente nel Bellinzone­se poiché ritenuto colpevole di coazione sessuale e violenza carnale per aver costretto la sua ex compagna, nell’agosto 2015, a subire atti sessuali contro la sua volontà usando violenza e minaccia. La Corte di appello e revisione penale (Carp), presieduta da Giovanna Roggero-Will, giudici a latere Rosa Item e Andrea Ermotti, ha invece ora deciso di assolverlo. Un cambio di rotta totale dunque rispetto alla sentenza di primo grado. In aula, lo scorso 25 febbraio dinanzi alla Carp, la donna ha dichiarato di non essere più sicura che al momento dei fatti l’ex compagno avesse percepito in maniera chiara il suo rifiuto. Dubbi che la donna aveva peraltro anche espresso in una lettera recapitata lo scorso 5 febbraio alla Corte di appello. Nella missiva la donna dichiarava che i suoi ‘non voglio’ e ‘ho paura’ potevano essere stati fraintesi dall’imputato e non percepiti come un rifiuto al rapporto, ma come un non voler praticare quanto da lui richiesto.

Reati perseguiti d’ufficio

La donna, oggi in buoni rapporti con l’imputato, soprattutt­o per il bene del figlio che hanno avuto insieme, aveva anche spiegato che quando si era recata in polizia a deporre non aveva immaginato le effettive conseguenz­e; il suo obiettivo era soltanto dare un segnale all’ex compagno e fargli capire di non recarsi più a casa sua.

Quanto affermato dalla donna è stato ritenuto attendibil­e e credibile dalla Corte e in linea con quanto emerso nel corso dell’inchiesta. Ciò non significa – tiene a sottolinea­re la Carp – che se una vittima ritratta la propria versione o solleva alcuni dubbi, come in questo caso, il Tribunale debba abbandonar­e il procedimen­to penale. In questi casi, piuttosto delicati, le vittime potrebbero infatti cambiare idea per vari motivi, anche per senso di colpa. Questi reati vengono però perseguiti d’ufficio. In questo caso la Corte ha creduto completame­nte alla donna, ciò che normalment­e porta alla condanna dell’imputato, ma in questa vicenda ha portato al suo prosciogli­mento.

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TI-PRESS I fatti erano avvenuti nell'agosto 2015

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