Caso Santa Chiara De Rosa: ‘Sconcertante’
Critiche all’interruzione di 10 apprendistati
Un’ingiustificata iniziativa intrapresa dalla Direzione della Clinica Santa Chiara che va a toccare gli apprendisti, già confrontati con una situazione occupazionale precaria, soprattutto in tempi di emergenza sanitaria. Da più parti si sono levate voci di biasimo su quanto accaduto nella struttura sanitaria di Locarno, dove dei 13 apprendisti al terzo anno, solo tre hanno potuto proseguire il loro cammino formativo. Il motivo addotto dalla clinica? Misure di risparmio in attesa che il Cantone versi l’importo dovuto per la gestione dell’emergenza Covid-19.
«È sconcertante che vengano strumentalizzati i ragazzi in formazione – afferma il consigliere di Stato Raffaele De Rosa, direttore del Dipartimento sanità e socialità –. Questi aspetti finanziari non giustificano in alcun modo la decisione della clinica. Gli apprendisti sono risorse importanti e preziose che contribuiscono al lavoro quotidiano all’interno delle strutture a fronte di un costo irrisorio, se confrontato con il loro apporto». Per quanto riguarda l’aspetto finanziario: «Il Cantone ha fatto la sua parte e continuerà a farla sostenendo gli ospedali. Abbiamo garantito il versamento delle 12 rate legate ai contratti di prestazione. Quindi tutti gli ospedali e le cliniche riconosciuti dalla pianificazione ospedaliera hanno ottenuto integralmente gli importi pattuiti». La Santa Chiara «ha ricevuto dal Cantone circa 10,4 milioni di franchi per il contratto di prestazione 2020. Inoltre agli ospedali sono state riconosciute 5 rate maggiorate del 10 per cento per evitare problemi di liquidità; per la Santa Chiara stiamo parlando di circa 430mila franchi». Quanto alle ulteriori pretese della clinica, il consigliere di Stato dichiara che il Cantone è in attesa di ricevere le chiusure dei conti 2020 «per poter valutare con piena cognizione di causa e correttamente in che misura i costi che sono stati esposti possono essere riconosciuti in aggiunta ai contributi già versati».
Raoul Ghisletta, segretario cantonale del Sindacato dei servizi pubblici e sociosanitari Vpod, si dice «molto preoccupato dalla situazione generale che si è venuta a creare nelle cliniche e negli ospedali: sono gli enti pubblici, principalmente i Cantoni, che devono pagare i maggiori costi e i deficit causati dalla pandemia. Su questo non ci piove». Ghisletta punta dunque il dito sul fatto che lo Stato abbia risarcito finora solo il 10% della cifra richiesta dalla Santa Chiara: «Mi sembra incredibile che le cose non siano state ancora sistemate. È una considerazione che non riguarda solo la clinica locarnese ma tutte le istituzioni che hanno dei contratti di prestazione ai sensi della LaMal, sia cliniche private che ospedali pubblici. Chi ha avuto dei problemi con la pandemia, in questo momento deve essere sostenuto dal Cantone. Tuttavia trovo che per far pressione sul Cantone bisognerebbe utilizzare altri metodi, non quello adottato dalla clinica locarnese, perché vuol dire mettere in mezzo i giovani che non c’entrano nulla. È una mossa sbagliata e autolesionista che crea una brutta immagine dell’istituto sanitario».
Sarah Sbabo, coordinatrice del Sindacato studenti e apprendisti (Sisa), commenta: «Non bisogna cedere a questo ricatto inaccettabile, che va a scapito di persone che non hanno colpa alcuna in questo contenzioso. Chiediamo perciò un loro reintegro immediato e auspichiamo che le trattative tra le parti vadano avanti senza intaccare il percorso formativo di questi giovani. Occorre inoltre soffermarsi e riflettere su quelle che sono le garanzie offerte loro nel settore privato, dove spesso gli apprendisti vengono sfruttati quando sono utili e poi allontanati quando non più necessari. Da qui la necessità di una più stretta sorveglianza. Ci chiediamo, infine, se la Santa Chiara non abbia violato i termini contrattuali con gli apprendisti».