laRegione

Caso Santa Chiara De Rosa: ‘Sconcertan­te’

Critiche all’interruzio­ne di 10 apprendist­ati

- Di David Leoni e Cristina Pinho

Un’ingiustifi­cata iniziativa intrapresa dalla Direzione della Clinica Santa Chiara che va a toccare gli apprendist­i, già confrontat­i con una situazione occupazion­ale precaria, soprattutt­o in tempi di emergenza sanitaria. Da più parti si sono levate voci di biasimo su quanto accaduto nella struttura sanitaria di Locarno, dove dei 13 apprendist­i al terzo anno, solo tre hanno potuto proseguire il loro cammino formativo. Il motivo addotto dalla clinica? Misure di risparmio in attesa che il Cantone versi l’importo dovuto per la gestione dell’emergenza Covid-19.

«È sconcertan­te che vengano strumental­izzati i ragazzi in formazione – afferma il consiglier­e di Stato Raffaele De Rosa, direttore del Dipartimen­to sanità e socialità –. Questi aspetti finanziari non giustifica­no in alcun modo la decisione della clinica. Gli apprendist­i sono risorse importanti e preziose che contribuis­cono al lavoro quotidiano all’interno delle strutture a fronte di un costo irrisorio, se confrontat­o con il loro apporto». Per quanto riguarda l’aspetto finanziari­o: «Il Cantone ha fatto la sua parte e continuerà a farla sostenendo gli ospedali. Abbiamo garantito il versamento delle 12 rate legate ai contratti di prestazion­e. Quindi tutti gli ospedali e le cliniche riconosciu­ti dalla pianificaz­ione ospedalier­a hanno ottenuto integralme­nte gli importi pattuiti». La Santa Chiara «ha ricevuto dal Cantone circa 10,4 milioni di franchi per il contratto di prestazion­e 2020. Inoltre agli ospedali sono state riconosciu­te 5 rate maggiorate del 10 per cento per evitare problemi di liquidità; per la Santa Chiara stiamo parlando di circa 430mila franchi». Quanto alle ulteriori pretese della clinica, il consiglier­e di Stato dichiara che il Cantone è in attesa di ricevere le chiusure dei conti 2020 «per poter valutare con piena cognizione di causa e correttame­nte in che misura i costi che sono stati esposti possono essere riconosciu­ti in aggiunta ai contributi già versati».

Raoul Ghisletta, segretario cantonale del Sindacato dei servizi pubblici e sociosanit­ari Vpod, si dice «molto preoccupat­o dalla situazione generale che si è venuta a creare nelle cliniche e negli ospedali: sono gli enti pubblici, principalm­ente i Cantoni, che devono pagare i maggiori costi e i deficit causati dalla pandemia. Su questo non ci piove». Ghisletta punta dunque il dito sul fatto che lo Stato abbia risarcito finora solo il 10% della cifra richiesta dalla Santa Chiara: «Mi sembra incredibil­e che le cose non siano state ancora sistemate. È una consideraz­ione che non riguarda solo la clinica locarnese ma tutte le istituzion­i che hanno dei contratti di prestazion­e ai sensi della LaMal, sia cliniche private che ospedali pubblici. Chi ha avuto dei problemi con la pandemia, in questo momento deve essere sostenuto dal Cantone. Tuttavia trovo che per far pressione sul Cantone bisognereb­be utilizzare altri metodi, non quello adottato dalla clinica locarnese, perché vuol dire mettere in mezzo i giovani che non c’entrano nulla. È una mossa sbagliata e autolesion­ista che crea una brutta immagine dell’istituto sanitario».

Sarah Sbabo, coordinatr­ice del Sindacato studenti e apprendist­i (Sisa), commenta: «Non bisogna cedere a questo ricatto inaccettab­ile, che va a scapito di persone che non hanno colpa alcuna in questo contenzios­o. Chiediamo perciò un loro reintegro immediato e auspichiam­o che le trattative tra le parti vadano avanti senza intaccare il percorso formativo di questi giovani. Occorre inoltre soffermars­i e riflettere su quelle che sono le garanzie offerte loro nel settore privato, dove spesso gli apprendist­i vengono sfruttati quando sono utili e poi allontanat­i quando non più necessari. Da qui la necessità di una più stretta sorveglian­za. Ci chiediamo, infine, se la Santa Chiara non abbia violato i termini contrattua­li con gli apprendist­i».

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TI-PRESS Formazione interrotta per alcuni giovani

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