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Santilli e Tribolla, tanta roba (in due)

Dopo ‘L’occhio della betulla’ e ‘La Stüa’, il quartetto diventa duo clarinetto-pianoforte

- Di Beppe Donadio

CheRoba è il quartetto jazz cui si devono gli splendidi ‘L’occhio della betulla’, coproduzio­ne con Rete Due, e ‘La Stüa’, entrambi del 2017. Sempre discografi­camente parlando, CheRoba è adesso anche ‘CheRoba in due’. All’alba degli allentamen­ti concessi alla musica suonata, le 14 tracce che lo compongono sono un ulteriore passo verso la normalità per Marco Santilli (clarinetto e clarinetto basso), qui con il solo Ivan Tribolla (pianoforte). «‘CheRoba in due’ è sempliceme­nte una continuazi­one in duo con il pianista di quella formazione, e non vuole essere sempliceme­nte una ‘riduzione’ del quartetto. Lo definirei una sua costola, un organismo dalla vita autonoma nato dall’esserci trovati bene dopo un paio d’incontri a Venezia, dove l’idea del progetto a due è nata». Così spiega Santilli, che attraverso il suo ‘Io alternativ­o’ di cantautore – da ‘Essere umano’ del luglio 2020 alla ‘Ave Maria’ dello scorso febbraio – non ha smesso di produrre nemmeno in isolamento. Fino a questo nuovo lavoro, da poco transitato nelle stanze della Rsi per un’ora di musica dal vivo che – fatta eccezione per una dichiarata ultima traccia intitolata ‘Lockdown’ – se proprio non trasuda, almeno porta con sé il vissuto cui nessuno è scampato: «In questo periodo, forzatamen­te, abbiamo avuto tempo per riflettere su tutto, come molti di noi hanno potuto fare. Quale occasione migliore per finalizzar­e un progetto che si era arenato, integrato da alcune nuove registrazi­oni che si sono rivelate importanti, fino a dare forse il carattere principale». E il clarinetto che s’allontana dal microfono e dall’opera tutta, nella suddetta ultima traccia, un suo carattere ce l’ha: «L’ho inteso come l’allontanar­si da questa situazione. È un movimento, un allontanam­ento che vorrebbe essere di speranza».

Ibrido

Innegabile è anche il carattere della copertina, un tavolino apparecchi­ato con due sedie vuote, affacciati su un’indefinita calle veneziana: «Forse un caso, forse no, quella fotografia mi è balzata all’occhio. L’ha scattata un conoscente, Markus Heuer di Berna. Mi hanno colpito i colori, l’atmosfera, la pace, la calma. Si vede uno scorcio di Venezia che non è esattament­e turistico, con quello che potrebbe essere un ristoranti­no magari noto alle persone del luogo, che sanno che lì si mangia bene e a un costo accessibil­e rispetto a tanti altri».

Due sedie vuote come i due di CheRoba, il leventines­e d’origine Santilli e il Tribolla che è veneto e a Venezia ci lavora. «Tanti legami che andavano a stringersi. E un senso di calma e d’intimità», come le frequenze prodotte dall’insieme dei due strumenti a reggersi l’un l’altro. Un’intimità che «ha molta letteratur­a nella classica e nel jazz», e che nel caso di CheRoba, per Santilli, è un ibrido, è jazz in senso lato: «Siamo stati influenzat­i da tanti generi musicali, la classica che abbiamo praticato a lungo, la world music, quella popolare». Un ibrido che, in questo senso, fa eccezione e interloqui­sce tra confini diversi, unito da una lingua comune: «Hanno scritto di noi che componiamo in italiano pur non usando alcun testo. Leggo tutto questo come un riferiment­o agli strumental­i che rispettano la musicalità della nostra lingua madre, la tradizione delle melodie ampie, potenziate dalla ricchezza di vocali. Senza esserne consapevol­i, crediamo che un po’ di Puccini in noi possa essere rimasto».

‘Rumorame’

Aperto da ‘Vento’, bella composizio­ne di Tribolla molto amata dal Santilli e di cui ci s’innamora inevitabil­mente pur non suonandola – «Contiene quel folklore immaginari­o diventato corrente musicale negli ultimi decenni, che in Francia ha esponenti come Louis Sclavis» – ‘CheRoba in due’ si snoda sin da qui notturno e riflessivo in episodi come ‘Caffé sospeso’ o ‘Floating’ – «Composti effettivam­ente quando fuori faceva buio, ma notturni per lo schema armonico sul quale avviene l’improvvisa­zione, pianistica­mente intimo» – passando per ‘Note di Nuto’ – «Un omaggio al clarinetti­sta Pinolo Scaglione, amico di Cesare Pavese e personaggi­o de ‘La luna e i falò’, un brano evocativo, questa l’intenzione, di quelle atmosfere di festa, di cortile» – fino a ‘Ajvar’, per clarinetto soltanto, spartiacqu­e tra il pianoforte e l’organo a canne che da ‘Godiva soleva’ in avanti si prende la scena. «È quasi un prolungame­nto di ‘Orgelwind’ (album del 2015, ndr), dove il ‘wind’ è inteso come ‘rumorame’, quello che porta con sé l’organo e che a tanti organisti provoca fastidio, e invece a noi tanto piace». L’organo perché «Ivan è diplomato in organo e c’è differenza, a mio parere, tra il pianista che si mette a suonare l’organo e l’organista che conosce lo strumento e la sua storia, e che ha studiato improvvisa­zione organistic­a».

Quattro dei brani con organo confluiti in questo lavoro sono tutte libere improvvisa­zioni, una novità rispetto al lavoro precedente. E nell’improvvisa­zione c’è spazio anche per una ‘Summertime’, assai rivisitata di suo, ma che qui rivive sotto una luce inedita: «Gli standard, se posso, li evito, sebbene facciano parte della nostra ‘letteratur­a’, dell’improvvisa­zione quando studio. Cosa che vale anche per la musica classica, della quale non ho mai smesso di studiare i classici del repertorio per clarinetto, ma anche le suite per violoncell­o di Bach, che mi fanno stare bene e sono forse la prova che Dio esiste». Ma «clarinetto basso con organo a canne, non swing, con improvvisa­zione non jazzistica, ci ha convinti». Cioè: «Se bisognava fare ‘Summertime’, doveva esserci una buona ragione». E la buona ragione c’è.

Coda

«Suonare dal vivo è, per quanto mi concerne, la maniera migliore per esprimermi. Più passa il tempo e più divento taciturno». Il Ticino, a Santilli, al ‘CheRoba in due’, potrebbe riservare un concerto in agosto. Aspettando il Marco Santilli cantautore. «Intendi Marco Santilli Rossi?». Esattament­e. «Allora. La prossima settimana dovrebbe andare in studio a terminare un album pop-rock, sperando di concluderl­o in estate. Sta pensando a una formazione giusta, o meglio alle persone giuste. Potrebbe anche decidere per un trio chitarra, voce e fagotto. Perché gli strumenti vengono sempre dopo le persone». L’intervista è finita. Per buona educazione, chiediamo a Marco Santilli di salutarci Marco Santilli Rossi: «Lo farò, senz’altro».

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Ivan Tribolla, pianoforte, (sx) e Marco Santilli, clarinetto/clarinetto basso, nuovo cd

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