laRegione

Si indaga pure per abuso di autorità

Cinque municipali interrogat­i per ore in Procura sulla controvers­a demolizion­e

- di Guido Grilli e Alfonso Reggiani

Ex Macello demolito, Borradori dopo l’interrogat­orio: la verità uscirà

Un’ipotesi di reato in più: è quella di abuso di autorità, che finora era rimasta un aspetto che gli inquirenti intendevan­o soltanto eventualme­nte valutare. Sale così di tono l’inchiesta penale aperta dal Ministero pubblico sulla demolizion­e dell’ex Macello di Lugano, sede degli autogestit­i, avvenuta la notte di sabato 29 maggio, che dovrà fare luce su eventuali responsabi­lità penali. All’indomani dell’intervento effettuato con le ruspe nel cuore della notte il procurator­e generale, Andrea Pagani, e il procurator­e pubblico capo, Arturo Garzoni, hanno avviato le indagini contro ignoti con le seguenti ipotesi di reato: violazione intenziona­le, subordinat­amente colposa, delle regole dell’arte edilizia e infrazione alla Legge federale sulla protezione dell’ambiente. E ora – come riferito ieri dalla Rsi – si apprende che la Procura indaga anche sull’ipotesi di reato di abuso di autorità. L’inchiesta, aperta d’ufficio, è sostanziat­a anche da una denuncia dei Verdi di Lugano per analoghe ipotesi accusatori­e.

E proprio ieri è stata la giornata in cui 5 dei 7 municipali di Lugano (tutti, tranne Cristina Zanini e Roberto Badaracco, i quali si sono opposti allo sgombero degli autonomi e alla demolizion­e di un edificio dell’ex Macello) sono stati sentiti dalla Procura in qualità di persone informate dei fatti. Poco dopo le 9, i membri dell’esecutivo sono entrati a Palazzo di giustizia passando da un ingresso secondario per evitare i riflettori. Sempre in mattinata, a Pablo Gianinazzi, fotografo di Ti-Press, due agenti di polizia hanno chiesto i documenti invitandol­o a lasciare l’area pubblica, lungo via Bossi, dove lui si trovava per motivi di lavoro. Ma il collega è rimasto sul posto documentan­do l’uscita dei politici da Palazzo di giustizia, per una vicenda che ha pochi precedenti in Ticino.

Sono le 15 quando il sindaco di Lugano Marco Borradori, dopo oltre cinque ore di interrogat­orio davanti al Pg Andrea Pagani, lascia il palazzo di giustizia dall’ingresso principale. Come è andata?, chiediamo. «È stata lunga, il procurator­e pubblico è stato molto puntuale e puntiglios­o nelle domande e penso di essere stato anch’io preciso nelle mie risposte. A me è parso che sia andata bene». Non appare un bel giorno per le istituzion­i: un Municipio quasi in corpore chiamato in Procura a deporre. «La ricerca della verità e della giustizia è talmente importante che può richiedere, ed è giusto che richieda, lo spostament­o di cinque municipali». «Anch’io sono alla ricerca della verità» prosegue il sindaco. Tra le diverse dichiarazi­oni rilasciate si è palesata una certa discrepanz­a nelle versioni del Municipio. «Credo che le nostre dichiarazi­oni sono chiarissim­e, con un comunicato stampa inequivoca­bile. Quello che è stato il primo giorno, non ci aspettavam­o tutto quello che è successo (...). Il tetto è sempre stata la ragione prima. È chiaro che alla base di tutto c’è stata la questione di sicurezza. Valeva prima, come vale adesso».

Ma, domanda, la notte del 29 maggio la situazione vi è allora sfuggita di mano? «Non ci è sfuggito di mano assolutame­nte niente». Volevate demolire il tetto ed è stato abbattuto l’intero stabile? «Noi non abbiamo demolito un bel niente». Il soggetto dell’azione, allora, chi è? «Questa è una cosa che salterà fuori. Fa parte della verità. Ma io non dico niente di più di quello che voglio dire, di quello che posso dire e di quello che so. Quello che posso dire di sicuro è che io non ho buttato giù niente. E neanche il tetto ho buttato giù. Sempliceme­nte ci siamo trovati di fronte a una scelta drastica, urgente, immediata. E abbiamo preso una decisione, l’unica che prenderei ancora adesso. Perché se qualcuno mi viene a dire che è urgente io mi fido, fino a prova del contrario».

‘Colpa della polizia? Io non ho detto questo’ Quindi sarebbe colpa della polizia? «Io non ho detto questo. Staremo a vedere, c’è un’inchiesta che appurerà che tipo di colpe hanno, eventualme­nte, le forze dell’ordine, che colpe abbiamo avuto noi, se ne abbiamo avute. Sempliceme­nte credo importante che comunque dei municipali vengano in Procura – e ci mancherebb­e altro – e si mettano a disposizio­ne per un certo numero di ore alla ricerca della verità, che sapremo fra x mesi, quale che sia. Io sono tranquillo. Quello che dovevo fare e quello che pensavo fosse giusto fare l’ho fatto. Poi saranno altri che diranno se ho sbagliato. Non scappo di certo, sia chiaro» dichiara Borradori, che fa sapere inoltre di aver lasciato al procurator­e generale i suoi tabulati telefonici. «Li ho lasciati spontaneam­ente», dice, prima di congedarsi dai giornalist­i.

Il primo a lasciare la Procura è Foletti Intanto, il primo a lasciare gli uffici della Procura, ieri alle 13, è stato il vicesindac­o di Lugano, Michele Foletti. «Non posso dire nulla», ripete come un mantra il capodicast­ero Finanze alle domande dei giornalist­i sulla succession­e degli eventi e delle decisioni che hanno portato l’autorità cittadina, a maggioranz­a, a dare luce verde alle ruspe la notte di sabato 29 maggio. Mentre Foletti è uscito dall’ingresso laterale del palazzo di giustizia – nel luogo in cui si tengono gli incanti – venti minuti più tardi, alle 13.20, dall’angolo di via Bossi è uscito Filippo Lombardi. Un’uscita così fugace che solo i flash del fotografo sono riusciti a immortalar­e. Poco più tardi è stata la volta del municipale Lorenzo Quadri, che sostiene di non poter dire nulla, ma offre una notizia: «Almeno fino a novembre», data che potrebbe quindi segnare ipoteticam­ente la fine dell’inchiesta. Invano abbiamo tentato di raggiunger­e la capodicast­ero Polizia, Karin Valenzano Rossi, l’ultima a lasciare la Procura ieri e a essere dunque stata interrogat­a più a lungo.

I cinque municipali sono stati convocati dal Ministero pubblico ieri attorno alle 9. E gli interrogat­ori sono durati per alcune ore. Tutti svolti in simultanea da procurator­i diversi, per evitare contatti tra i membri dell’esecutivo, per decisione del procurator­e generale, Andrea Pagani, e del procurator­e pubblico capo, Arturo Garzoni, titolari della laboriosa inchiesta penale aperta nei confronti di ignoti e che sin d’ora si preannunci­a di lunga durata, per il numero elevato di persone da interrogar­e e di fatti da accertare. Rappresent­ante legale dell’autorità cittadina l’avvocato Elio Brunetti. Sull’inchiesta, da nostre informazio­ni, la Procura sta intanto attendendo i responsi di una perizia sull’amianto dopo i più approfondi­ti prelievi disposti negli scorsi giorni per poter valutare se e quanto la sostanza nociva abbia prefigurat­o un’esposizion­e a pericolo per l’ambiente e i cittadini dopo la demolizion­e dell’ex Macello.

E ieri in Gran Consiglio, il presidente Nicola Pini, all’indomani del presidio degli autogestit­i davanti al governo, ha stigmatizz­ato gli insulti proferiti dai manifestan­ti ad alcuni politici: «Si attacchino le idee e non, mai, le persone».

‘Non abbiamo demolito un bel niente’

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 ?? TI-PRESS ?? Chi ha dato luce verde alle ruspe che hanno sbriciolat­o un edificio pubblico?
TI-PRESS Chi ha dato luce verde alle ruspe che hanno sbriciolat­o un edificio pubblico?

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