Reati da ridimensionare
Sul fronte dell’inchiesta tutta l’attenzione è per il lavoro della procuratrice pubblica Pamela Pedretti. È a lei che è stato affidato un caso sul quale tutti si attendono chiarezza. Sarà importante capire, infatti, in modo esatto la dinamica di ciò che è accaduto lì al campus dell’Accademia di architettura: su un fronte le forze dell’ordine, sull’altro una ventina di studenti della facoltà. Un episodio sfociato nel ferimento di sette persone – sei poliziotti e un ragazzo – e nell’arresto di due giovani (uno dei quali tra i feriti). Raccolte le versioni dei fatti fornite dagli agenti, al momento sono stati interrogati solo il 26enne cittadino francese e il 29enne romando finiti in manette quella notte, quindi rilasciati qualche ora dopo. Poi non si è mosso più nulla: del resto la situazione è resa delicata proprio dai racconti contrastanti di istituzioni e alunni dell’ateneo. Diciamo pure che le cose sono state un po’ ingigantite, lascia intendere, da noi interpellata, Felicita Soldati, avvocata, patrocinatrice del 26enne francese. In effetti, la lista dei reati contestati dalla polizia è lunga e pesante: si parla di aggressione, lesioni semplici, vie di fatto, violenza o minaccia contro le autorità e i funzionari, impedimento di atti delle autorità, sommossa. Di sicuro, una volta acquisiti tutti gli elementi utili, le accuse verranno ridimensionate, ci rende attenti. Di fatto non sussistono tutti i reati ipotizzati sin qui, esplicita. Nella giornata di lunedì la legale ha visionato alcuni filmati con il suo cliente: non si vedono lanci di oggetti verso gli agenti o atti di violenza nei loro confronti. Si nota per contro, annota, i giovani molto turbati e preoccupati, in particolare per il loro collega (il 26enne, ndr) con il volto sanguinante. Da più parti, dunque, urge la necessità di farsi strada tra la confusione e la concitazione del momento. E se, da un lato, ci fa comprendere, gli studenti possono aver sbagliato nel tenere la musica ad alto volume e festeggiare a notte inoltrata (e lo hanno ammesso), e dall’altra gli agenti sono chiamati a fare il loro lavoro; ecco che per trovare un punto di contatto (e non di scontro) serviva con tutta probabilità un po’ più di tolleranza. Soprattutto per cogliere le ragioni dell’euforia di ragazzi giunti al loro traguardo dopo un periodo reso complicato dalla pandemia. Dispiace per questa situazione, conclude Soldati. Perché gli allievi non se lo meritavano.