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L’impatto della cultura

Presentata la ricerca del Bak: ogni franco investito ne valeva 2,58 prima della pandemia

- Di Ivo Silvestro

28 milioni di franchi di valore aggiunto generati direttamen­te dal settore culturale, ai quali si aggiungono 29 milioni di servizi, 32 milioni di effetti indiretti e 26 milioni legati al turismo: in totale, la cultura ticinese vale 115 milioni di franchi l’anno con oltre duemila posti di lavoro (equivalent­i a tempo pieno). Detta altrimenti: per ogni franco di sussidi erogati da Confederaz­ione, Cantone e Comuni vengono complessiv­amente generati 2,58 franchi di valore aggiunto. Questi, in sintesi, i risultati dello studio che il Dipartimen­to delle finanze e dell’economia e il Dipartimen­to dell’educazione, della cultura e dello sport hanno commission­ato al Bak Economics con lo scopo di valutare l’impatto economico delle principali attività culturali che si svolgono periodicam­ente in Canton Ticino.

La Rsi ha parallelam­ente commission­ato uno studio analogo per il Grigioni italiano, purtroppo ostacolato dalla pandemia. Il valore aggiunto diretto in Mesolcina, Bregaglia e Valposchia­vo è di 400mila franchi, con un rapporto rispetto alle sovvenzion­i inferiore di circa il 20 per cento se confrontat­o con quello ticinese, a causa delle ridotte dimensioni delle istituzion­i culturali grigionesi. I risultati saranno comunque presentati il prossimo ottobre durante l’assemblea della Pro Grigioni italiano.

Un valore complesso

Nel comunicato stampa si parla di “binomio vincente”, il consiglier­e di Stato Christian Vitta in conferenza stampa ha parlato di “connession­e virtuosa”, ma il punto dal quale occorre partire è che economia e cultura sono due mondi lontani, come ha subito sottolinea­to il direttore del Decs Manuele Bertoli. A volte per pregiudizi, come il “con la cultura non si mangia” di certa politica: l’importanza di questa ricerca è appunto mostrare che la cultura è un settore economicam­ente importante e che le misure di sostegno alla cultura hanno ricadute non solo sugli operatori. Un dato interessan­te emerso dallo studio è che, dei 34 milioni di commission­i ad aziende esterne al settore della cultura – ad esempio per la costruzion­e di palchi o la stampa –, il 71% va a società ticinesi.

Ma il valore della cultura non si esaurisce in questi numeri. Lo studio, ha spiegato in conferenza stampa Marc Bros de Puechredon del Bak, si è infatti occupato delle ricadute quantifica­bili. Restando anche solo al settore turistico: gli eventi culturali non sono solo il motivo per cui in molti scelgono il Ticino come meta – è un motivo “molto o piuttosto importante” per il 75% di chi soggiorna e di oltre il 90% per chi fa un’escursione giornalier­a –, ma contribuis­cono a migliorare l’immagine di un luogo (il cosiddetto ‘place branding’) contribuen­do quindi al numero di visitatori in maniera indiretta. Tuttavia a beneficiar­e della vita culturale di un luogo sono soprattutt­o i residenti, dal momento che – come ha ribadito Manuele Bertoli in conferenza stampa – la cultura è importante per il benessere delle persone e caratteriz­za una collettivi­tà. Parliamo di effetti positivi sulla qualità della vita, di stimolo alla creatività e all’innovazion­e e altri aspetti difficili da quantifica­re ma non per questo meno importanti.

Anche per questo il punto centrale rimane la qualità, non la capacità di produrre indotto economico e turistico: «Se la cultura è fatta bene, se ha una forte qualità, allora ha un effetto economico importante: diffido un po’ degli eventi culturali costruiti esclusivam­ente per il turismo» ha precisato Bertoli. Il rapporto del Bak non dovrebbe quindi indirizzar­e il sostegno alla cultura che rimarrà incentrato sulla qualità (con tutti i problemi di valutazion­e già oggetto di discussion­i in passato) e questo anche se il 68% del valore aggiunto lordo sia portato da quelli che lo studio definisce i tre “eventi faro”: Locarno film festival, LongLake e Moon&Stars.

Diverso il discorso per il Dipartimen­to delle finanze e dell’economia di Vitta che forte dei risultati di questo studio ha ampliato l’offerta culturale all’interno del Ticino Ticket, prolungand­o questo “progetto strategico per il turismo” fino al 2023, stanziando un importo di un milione di franchi.

La precaria situazione della pandemia Lo studio è stato condotto, intervista­ndo oltre seimila visitatori di istituzion­i culturali, tra aprile 2019 e marzo 2020: prima della pandemia, quindi. I risultati sono quindi da interpreta­re come «una indicazion­e sui livelli ai quali la cultura potrebbe tornare, se misurata economicam­ente, dopo la pandemia» ha spiegato Marc Bros de Puechredon. Quando questo avverrà è difficile dirlo, vista anche l’importanza delle grandi istituzion­i culturali e del settore musicale (responsabi­le di circa il 30 per cento del valore aggiunto), per i quali il ritorno alla normalità è particolar­mente difficile. La pandemia, ha spiegato Bertoli, ha anche messo maggiormen­te in evidenza un aspetto già noto: «La cultura in Ticino occupa molte persone, ma con una parte importante di precariato. In parte endemico perché siamo tra la passione, il volontaria­to e il profession­alismo, ma in parte perché è un mondo che non ha sufficient­i garanzie e su questo il nostro Cantone e la Svizzera intera dovranno ragionare perché non è pensabile che un settore così importante viva in maniera così precaria».

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TI-PRESS Locarno film festival, LongLake e Moon&Stars responsabi­li del 68% del valore aggiunto del settore culturale

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