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‘Rende la politica giovanile più dinamica’

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Che cos’è realmente, dietro le quinte della Reitschule? Come mai piace tanto ai bernesi che l’hanno salvata dalle ruspe ben cinque volte in votazione negli ultimi 32 anni? «È uno spazio culturale importante, un luogo di socializza­zione per i giovani e per gruppi emarginati», ci spiega Ueli Mäder, professore emerito di sociologia all’Università di Basilea. Il sociologo ha studiato a fondo questa realtà ed è coautore dello studio ‘Berner Reitschule - Ein soziologis­cher Blick’ condotto qualche anno fa.

Più volte Berna ha votato per il futuro della Reitschule, i partiti di destra hanno provato a chiuderla, mobilitand­o di fatto una grande solidariet­à cittadina attorno al centro autonomo. «I conflitti tra città e Reitschule ci sono, le posizioni sono talvolta antagonist­e, ma entrambe le parti coltivano il dialogo e si sforzano di raggiunger­e dei compromess­i su molti punti. Questo è importante», spiega il sociologo. La definisce una palestra di apprendime­nto, ma non solo: «Offre impieghi di qualità e un’eccellente offerta gastronomi­ca. È anche un centro politicame­nte rilevante, combina cultura e politica. Trasmette preziosi impulsi per i processi di negoziazio­ne democratic­a. Di fatto, rende la politica giovanile più dinamica», precisa.

Gli chiediamo come mai questi centri autonomi faticano a fiorire in altre città, come a Lugano. «La notevole dipendenza dal turismo può giocare un ruolo a Lugano, probabilme­nte aumenta la compulsion­e a proiettare un’immagine stilizzata della città».

Negli ultimi 30 anni, osserva il sociologo, il capitalism­o guidato dalla finanza ha continuato a prevalere sul liberalism­o politico. «Questo cambio di paradigma stimola la concorrenz­a e precarizza, in primo luogo, parti del lavoro salariato. In secondo luogo, i bassi salari tengono a malapena il passo con l’aumento del costo della vita. Nelle città, tuttavia, ci sono contro-movimenti rosso-verde più forti e una tradizione di difesa e in parte di espansione degli spazi sociali». Evidenteme­nte con delle differenze anche tra l’esperienza di Zurigo e quella di Berna. «Alla Rote Fabrik c’è chi si rammarica che il loro luogo di cultura sia diventato un po’ più commercial­e della Reitschule di Berna, alla quale molte vecchie generazion­i si sentono legate. Sono palestre d’apprendime­nto di grande valore che evitano di concedere ancora più spazio al traffico cittadino o di essere usate commercial­mente», conclude.

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Ueli Mäder, prof. emerito di sociologia all’Uni di Basilea

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