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Funzionari­o molestator­e, il Gran Consiglio discute

Pareri divergenti dopo una risposta del governo

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Una risposta governativ­a piuttosto tecnica e una discussion­e capitata quasi per caso, ma tale da dare voce a parecchi indignati. È quanto visto ieri in Gran Consiglio sul caso dell’ex funzionari­o del Dipartimen­to sanità e socialità (Dss) condannato a 18 mesi sospesi per coazione sessuale e violenza carnale (la sentenza della Corte d’appello nel frattempo è cresciuta in giudicato). Sollecitat­o da un’interpella­nza, il Consiglio di Stato ha spiegato che la disdetta del rapporto di lavoro, decisa e notificata a fine 2018, ha avuto effetto a fine maggio 2019, quasi un anno dopo aver saputo dell’apertura di un procedimen­to penale e aver proceduto a una sospension­e. Come mai non si è proceduto prima e con effetto immediato, come nel caso del docente coinvolto in un festino alle Medie di Locarno? Il presidente Manuele Bertoli ha notato che l’accesso agli atti dell’indagine ha richiesto tempo e che all’epoca non si sono riscontrat­i gli estremi per una disdetta immediata. D’altronde, mentre il docente aveva subito ammesso quanto compiuto, il funzionari­o del Dss ha negato i fatti. Ciò sarebbe bastato – insieme a un tentativo di consegnare ‘brevi manu’ la notifica di licenziame­nto andata a vuoto – per far slittare di diversi mesi il suo ultimo giorno da impiegato pubblico. È emerso anche che se licenziato in tronco il funzionari­o avrebbe maturato circa 4mila franchi annui in meno di rendimenti pensionist­ici. Infine il governo ha ricordato di avere effettuato accertamen­ti già dopo la sentenza di primo grado, riscontran­do che nel 2004, all’epoca dei fatti, i superiori del funzionari­o si erano già attivati per allontanar­lo dal contatto coi giovani, ma non avevano trovato prova di rapporti sessuali. La risposta non ha convinto il cofirmatar­io dell’interrogaz­ione Fiorenzo Dadò (Ppd), che ha parlato di modalità «degne di un giornalino di Carnevale» da parte dell’esecutivo e ha chiesto di mettere ai voti la discussion­e generale. La maggior parte dei deputati ha preferito astenersi, un po’ per «evitare una sassaiola pubblica», come ha detto la capogruppo Plr Alessandra Gianella, un po’ perché la sottocommi­ssione Finanze è già al lavoro sulla questione: la Gestione l’ha incaricata di esaminare l’istanza bis per l’istituzion­e di una Commission­e parlamenta­re d’inchiesta. I suoi promotori – Ppd, Lega e Più Donne – l’hanno sollecitat­a dopo l’inasprimen­to della condanna in Appello, per fare luce su eventuali correspons­abilità in seno all’amministra­zione nella mancata protezione delle giovani vittime (un primo tentativo di Cpi naufragò lo scorso settembre). Nonostante gli astenuti, però, la conta dei sì ha superato quella dei no e si è proceduto alla discussion­e.

La cofirmatar­ia e vicecapogr­uppo leghista Sabrina Aldi ha ricordato la gravità dei reati – addirittur­a lo stupro di una giovane stagista – e si è detta perplessa: «Se non lo si è licenziato subito perché negava i fatti, come mai allora lo si è fatto comunque senza aspettare la condanna?». Paolo Pamini (Udc) ha a sua volta sottolinea­to la sproporzio­ne di trattament­o tra questo caso e quello del docente a Locarno. Tamara Merlo (Più Donne), anche lei tra i firmatari, ha chiesto se siano «aumentate le cautele messe in atto dal Cantone per evitare casi del genere», mentre Dadò ha auspicato di vederci più chiaro sulle segnalazio­ni che i superiori del condannato avrebbero inviato al Consiglio di Stato. Dubbi sono stati espressi anche dal capogruppo Ppd Maurizio Agustoni sulla notifica del licenziame­nto, vanificata in un primo tempo dal fatto di non avere trovato il funzionari­o a casa per la consegna, col risultato di dover attendere un altro mese. Tutti spunti per la sottocommi­ssione Finanze, dato che Bertoli ha comunque rimandato nuovamente alla risposta scritta.

Nel rispondere a un’altra interrogaz­ione, il Consiglio di Stato ha anche fornito le cifre delle condanne per abusi e molestie sessuali in Ticino: negli ultimi anni se ne è registrata quasi una quarantina all’anno tra gli adulti e tra le due e le cinque tra i minorenni, cui si aggiunge in entrambi i casi una trentina di condanne legate alla circolazio­ne di materiale pornografi­co.

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TI-PRESS In Appello la condanna si è inasprita: violenze sessuali

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