laRegione

Discussion­i negate e risposte parziali

Tanti interventi in Gran Consiglio ma poco emerge dalle interpella­nze e dal dibattito

- Di Alfonso Reggiani

Provocazio­ni, frecciate incrociate e un certo malcelato nervosismo. C’è stato anche parecchio sarcasmo nei numerosi interventi dei deputati in Gran Consiglio ieri. Del resto, il copione è spesso il medesimo quando si parla dell’autogestio­ne a Palazzo delle Orsoline. In un’ora e mezza di dibattito preliminar­e, il Parlamento cantonale ha respinto due volte in votazione la duplice richiesta di discussion­e generale avanzata da Matteo Pronzini (Mps). Tutto è cominciato dall’interpella­nza presentata da ‘Più donne’ che ha chiesto spiegazion­i in merito alla controvers­a demolizion­e di un edificio dell’ex Macello di Lugano, sui timori legati alla presenza di amianto e di altre sostanze nocive, su chi sia il committent­e e su quale procedura edilizia sia stata adottata da parte dell’autorità per ordinare l’abbattimen­to.

Prima di agire, la notifica alla Suva

Il presidente del Consiglio di Stato Manuele Bertoli non ha risposto alle questioni oggetto dell’inchiesta penale coordinata dal procurator­e generale Andrea Pagani coadiuvato dal procurator­e capo Arturo Garzoni. Bertoli ha confermato che per qualsiasi demolizion­e occorre una licenza edilizia da ottenere prima di procedere. La competenza per lo smaltiment­o dei rifiuti, indipenden­temente dalla presenza di amianto e altre sostanze nocive (che resta da accertare con il recente prelievo in profondità ordinato dal Ministero pubblico), ha proseguito il consiglier­e di Stato, è di competenza della Città di Lugano, proprietar­ia del sedime. Quale sia invece il ruolo della Suva in caso di demolizion­i meccaniche è stabilito dalle norme: occorre la notifica da inoltrare due settimane prima dell’intervento. Tamara Merlo (Più donne) si attendeva qualche risposta in più di fronte al rischio di banalizzar­e la questione evocando la domanda in sanatoria, per regolarizz­are l’irregolari­tà che è parsa evidente nella procedura adottata per abbattere l’edificio dell’ex Macello.

Blocchi anti-manif, ‘polizia autonoma’

Altri due gli atti parlamenta­ri, uno di Alessandro Gnesa (Lega dei ticinesi), che chiedeva lumi su controlli al confine in occasione della manifestaz­ione del 5 giugno scorso a Lugano, l’altro di Simona Arigoni Zürcher (Mps) che contestava invece la legalità dei posti di blocco della polizia messi in atto in quell’occasione dalla Polizia cantonale per limitare l’accesso al corteo. Alla prima interpella­nza, ha risposto il direttore del Dipartimen­to delle istituzion­i Norman Gobbi che ha ribadito come, nell’ambito dei suoi compiti legali la polizia in Ticino, sia autonoma nella pianificaz­ione e nello svolgiment­o delle sue attività. Le forze dell’ordine, come prassi, svolgono analisi della situazione e dei rischi sulla base delle quali mettono in atto le misure che ritengono necessarie chiedendo la collaboraz­ione di altri Corpi di polizia. A nome del governo, Gobbi ha respinto le critiche sull’agire illegale della polizia: «Non ci si può esimere dal contestare recisament­e questa affermazio­ne. Ognuno può avere naturalmen­te opinioni personali su come e con quali dispositiv­i ciò debba essere tutelato, ma la polizia ha agito in base al proprio mandato legale».

‘Ricordatev­i della separazion­e dei poteri’

Le risposte dei due membri del governo cantonale sono parse insufficie­nti a Matteo Pronzini, che ha criticato il Consiglio di Stato perché si trincera dietro l’inchiesta penale in corso sui fatti dell’ex Macello senza fornire le dovute risposte. Questo crea un problema enorme agli occhi del deputato Mps, convinto che i blocchi effettuati dalla polizia per limitare l’accesso alla manifestaz­ione del Molino a Lugano rappresent­ino una sospension­e dello Stato di diritto. Bertoli ha tuttavia ricordato il principio democratic­o della separazion­e dei poteri che esige rispetto. Non contento, Pronzini, dopo aver puntato il dito contro Gobbi accusandol­o di dire «bugie», ha chiesto una prima volta la discussion­e generale sostenendo la tesi secondo cui in Ticino «è in corso un processo autoritari­o a più livelli». La richiesta è stata tuttavia bocciata dalla maggioranz­a del Parlamento con 34 contrari e 21 favorevoli. Prima della votazione sulla seconda richiesta di discussion­e generale, c’è stato un ampio dibattito, con una ventina di interventi di deputati, talvolta conditi da toni polemici o sarcastici. Ai voti, anche la seconda richiesta è stata peraltro respinta con 52 no e 22 sì. A sostenere la discussion­e generale, sono perlopiù stati i rappresent­anti della sinistra e il movimento Più donne. E il problema verrà rimandato a quando si voterà la mozione presentata dall’Udc.

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TI-PRESS Molte parole ma nulla di fatto e pochi elementi nuovi sulla demolizion­e

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