Prima ondata alta per i bassi redditi
Le persone in condizioni economiche modeste hanno patito di più, rivela uno studio
Berna – Sono rimaste impresse nella memoria di molti le immagini di centinaia di persone in fila lo scorso anno nella ricca (?) Ginevra per ricevere cibo e beni di prima necessità. Ma in Svizzera la correlazione tra coronavirus e semi-confinamento da un lato, povertà e disparità sociali dall’altro, è rimasta sin qui piuttosto generica, prevalentemente intuitiva. O tutt’al più fondata su singole testimonianze di persone che hanno raccontato come fosse diventato ancor più complicato arrivare alla fine del mese. Mancavano però dati al riguardo, così come indagini scientifiche che tracciassero i contorni del fenomeno. Ora la lacuna viene almeno in parte colmata dallo studio ‘Effetti della pandemia di coronavirus e del semi-confinamento sulle condizioni di vita’, commissionato dall’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (Ufas) e pubblicato ieri.
Gli effetti negativi della pandemia e dei provvedimenti adottati per contenerla durante la prima ondata hanno interessato soprattutto le persone appartenenti alle categorie di reddito più basse? La crisi ha accentuato gli svantaggi e le disparità preesistenti? E ancora: gli effetti negativi hanno interessato altri gruppi, per motivi riconducibili all’età, al sesso, alla configurazione familiare o ad altre caratteristiche, a prescindere dalla categoria di reddito? Sono queste le domande principali alle quali forniscono una prima risposta i ricercatori del Centro di competenza svizzero in scienze sociali Fors (Università di Losanna) e della Scuola universitaria professionale per il lavoro sociale e la sanità di Losanna. Una risposta che non sorprende: le persone con basso reddito hanno subito più perdite finanziarie di altre durante la prima ondata di coronavirus.
Ha piovuto sul bagnato
Sotto la lente sono finiti i mesi di maggio e giugno del 2020. Le analisi mostrano che alla fine della primavera e all’inizio dell’estate dello scorso anno – nel pieno della prima ondata, dunque – le persone in condizioni economiche modeste erano esposte più frequentemente delle altre al rischio di dover attingere ai loro risparmi, ridimensionare drasticamente il loro stile di vita o chiedere prestazioni sociali a causa della crisi del coronavirus. Stando allo studio, quando pensavano alle loro esperienze durante la crisi, queste persone mostravano più sovente reazioni fisiche di stress. Si sono anche sentite più spesso in grande difficoltà nell’aiutare i figli a seguire le lezioni a distanza. In altri ambiti, quali la convivenza familiare o le relazioni sociali, non vi è stata praticamente nessuna differenza, o perlomeno nessuna prova che le disparità esistenti siano aumentate, precisa lo studio. Nel complesso, l’indagine rivela che la crisi “tende a rafforzare gli svantaggi e le disparità preesistenti”, una tendenza però non sistematica né riscontrabile in tutti gli ambiti esaminati.
L’analisi ha i suoi limiti. I dati misurano soltanto gli effetti della prima ondata pandemica e dei provvedimenti adottati dopo che è stata decretata la ‘situazione straordinaria’. Inoltre, vengono documentate unicamente le conseguenze a breve termine del semi-confinamento sulle condizioni di vita. I risultati, tuttavia, sono “importanti” e andranno sviluppati ulteriormente, scrive nella premessa Astrid Wütrich, vicedirettrice dell’Ufas. In autunno la Piattaforma nazionale contro la povertà pubblicherà un rapporto di sintesi sullo stato attuale delle conoscenze riguardanti l’impatto della pandemia su povertà e disparità socio-economiche in Svizzera. Un’indicazione gli autori dello studio pubblicato ieri la danno già, benché “provvisoriamente”: la situazione finanziaria sembra migliorare rispetto alla prima ondata, anche se i valori sono inferiori a quelli pre-pandemia. Si conferma per contro un’evoluzione meno favorevole per i redditi bassi. Ancora una volta: nessuna sorpresa.