laRegione

‘Siamo come nel 2014, sono molto deluso’

Partecipaz­ione, ma limitata, a ‘Horizon Europe’. Yves Flückiger: come nel 2014.

- di Stefano Guerra

Partecipaz­ione limitata dei ricercator­i svizzeri a Orizzonte Europa. Parla Yves Flückiger, presidente di Swissunive­rsities. Ricerca clinica, progetto presentato a Lugano.

Albania, Israele, Marocco, Norvegia, Regno Unito e altri 13 Paesi terzi: stanno per essere associati al programma quadro di ricerca ‘Orizzonte Europa’, oppure ancora negoziando per accedervi. I loro ricercator­i possono partecipar­e, su base provvisori­a e al pari dei concorrent­i degli Stati membri, ai bandi di concorso aperti mercoledì dalla Commission­e europea. A disposizio­ne c’è una manna da 96 miliardi di euro, spalmati su sette anni (2021-27). La Svizzera per il momento è tagliata fuori. La Commission­e – si è saputo negli scorsi giorni – l’ha fatta accomodare in sala d’attesa.

È una delle conseguenz­e dell’interruzio­ne delle trattative sull’accordo quadro, per la quale Bruxelles incolpa il Consiglio federale. I ricercator­i in Svizzera possono però prendere parte – seppur in misura limitata – ai bandi 2021 di Orizzonte Europa. Lo ha reso noto ieri la Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazion­e (Sefri). L’annuncio non basta a rasserenar­e un ambiente in preda all’incertezza. «Sono giusto un po’ sollevato», dice a ‘laRegione’ Yves Flückiger. Ma per il rettore dell’Università di Ginevra e presidente di Swissunive­rsities, l’organizzaz­ione mantello delle università svizzere, la sostanza non cambia: «La ricerca scientific­a viene presa in ostaggio dalla politica. Sono molto deluso dall’atteggiame­nto del Consiglio federale, che ha interrotto le trattative sull’accordo quadro senza intraprend­ere immediatam­ente qualcosa per evitare conseguenz­e sul piano della ricerca».

Anche dopo il patatrac, l’obiettivo della Svizzera rimane lo stesso: l’associazio­ne, ossia la partecipaz­ione completa a Orizzonte Europa e ai programmi e attività connessi (Euratom, Digital Europe, ecc.). Il problema è che nessun negoziato ha avuto luogo tra Berna e Bruxelles dopo che il Consiglio federale ha seppellito l’intesa sulle questioni istituzion­ali. Niente trattative, niente benefici ‘transitori’. Quelli concessi appunto ai 18 Paesi che figurano nell’elenco pubblicato martedì dalla Commission­e Ue. Una lista che però può essere aggiornata in qualsiasi momento, scrive in una nota la Sefri. Sta di fatto che la Svizzera “sta aspettando informazio­ni” dalla Commission­e su come questa “intende procedere con i negoziati”. Non sono attese a breve. La condizione posta dall’Ue per l’avvio delle trattative è il versamento da parte elvetica del secondo ‘miliardo di coesione’, già approvato dal Parlamento ma non ancora sbloccato. E per questo occorre pazientare almeno fino all’autunno. «Perderemo di sicuro tutta l’estate. E poi sappiamo che a una buona parte del Parlamento svizzero non piace essere messo sotto pressione da Bruxelles», osserva Flückiger.

Il prezzo da pagare

Nel frattempo si è cercato di metterci una pezza. Il Parlamento ha già approvato il finanziame­nto della partecipaz­ione svizzera a Orizzonte Europa per un importo di 6,15 miliardi di franchi. E se l’associazio­ne al programma dovesse subire ritardi, o non concretizz­arsi, è possibile un finanziame­nto diretto dei ricercator­i svizzeri da parte della Confederaz­ione, precisa la Sefri.

In effetti, una partecipaz­ione è possibile anche in qualità di Stato terzo non associato. Occorre però sobbarcars­i i costi dei progetti, che non vengono finanziati da Bruxelles. E ci si deve accontenta­re, poiché non tutte le componenti del programma (vedi infografia) sono accessibil­i e i ruoli più prestigios­i, quelli di coordiname­nto, sono essenzialm­ente preclusi. I soldi sono il meno, insomma. «Essenziale – rileva Yves Flückiger – è la possibilit­à di collaborar­e con centri di ricerca europei, così come l’aspetto competitiv­o: vincere il campionato svizzero di calcio non è vincere la Champions League». Almeno in un primo tempo, a fare le spese dell’esclusione della Svizzera dovrebbero essere in particolar­e i progetti candidati alle borse del Consiglio europeo della ricerca (Cer, una delle componenti del programma Orizzonte Europa). Ancora Flückiger: «Potranno essere sottoposti dalle nostre ricercatri­ci e dai nostri ricercator­i, ma certamente non saranno esaminati dalla Commission­e europea. Sarà la Svizzera a doverlo fare. Per quanto riguarda gli ‘advanced grants’ [i fondi destinati ai ricercator­i più sperimenta­ti, ndr], chiederemo ai candidati di inoltrare i loro dossier anche all’Ue, perché non si sa mai. Quel che è certo è che dovranno inviarli anche al Fondo nazionale svizzero, poiché sarà senza dubbio la Svizzera a dover effettuare la valutazion­e». Il presidente di Swissunive­rsities non ha dubbi: «Siamo nella stessa situazione del 2014». Allora la Svizzera – a seguito del ‘sì’ all’iniziativa popolare ‘contro l’immigrazio­ne di massa’ e della mancata firma del Protocollo relativo alla Croazia – era stata esclusa per diversi mesi da Orizzonte 2020. Poi si era trovato un accordo per un’associazio­ne parziale. Un’associazio­ne tornata a essere piena il 1° gennaio 2017, dopo che il Parlamento ha escogitato una soluzione eurocompat­ibile per applicare l’iniziativa anti libera-circolazio­ne, spianando la strada alla ratifica del Protocollo che estendeva la libera circolazio­ne delle persone alla Croazia. Il cammino stavolta sarà ancora così tortuoso?

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FONTE: KEYSTONE ATS / APA / INFOGRAFIC­A LAREGIONE
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KEYSTONE Rettore dell’Uni di Ginevra, presidente Swissunive­rsities

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