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Le fosse comuni dei bambini nativi

Ritrovati quasi mille corpi vicino a due collegi cattolici a scopi ‘rieducativ­i’

- Di Roberto Scarcella

La storia la scrivono i vincitori. Se i vincitori sono cattolici, dentro alla loro storia ci sarà almeno un martire, simbolo delle privazioni e delle difficoltà incontrate da chi ha abbracciat­o la fede. Così, negli stessi anni in cui in Canada gruppi di gesuiti fondavano collegi per bambini nativi che andavano – almeno nelle loro intenzioni – educati, civilizzat­i, ripuliti da un sistema di antiche, pagane credenze, la Chiesa locale faceva di tutto per portare avanti la causa di beatificaz­ione di Kateri Tekakwhith­a, una mohawk nata con il nome di Gah-Dah-Li Degh-AghWidtha e morta a soli 24 anni.

Kateri era la beata – verrebbe da dire la testimonia­l – perfetta per quella porzione di mondo, talmente perfetta da diventare infine santa, nel 2012. Figlia di un’unione mista, orfana da bambina, scampata al vaiolo che le devastò il volto, era finita a vivere con due zii che insistevan­o per maritarla a un mohawk mentre lei voleva consacrars­i a Dio. Battezzata e accolta dai missionari, morirà a causa delle privazioni patite all’interno della comunità indigena. Il suo breve passaggio su questa Terra risale alla seconda metà del 1600, ma l’insistenza a farla diventare un simbolo delle difficoltà dei cattolici a trattare con i nativi arriva due secoli dopo, proprio negli anni in cui la Chiesa fondava in Canada i suoi collegi rieducativ­i.

Vessazioni sistematic­he

Sui terreni di uno di quegli ex collegi, nello Stato centrale del Saskatchew­an, sono state rinvenute le spoglie di 761 persone, perlopiù bambini indigeni. Non era passato nemmeno un mese dal ritrovamen­to di una fossa comune con i resti di 215 bambini della tribù Tk’emlups te Secwepemc sui terreni di una scuola di Kamloops, nella British Columbia, estremo ovest del Paese. Le due province sono a 1’500 chilometri di distanza. Santa Kateri morì a Est, altri 3’000 chilometri più in là. Da lì i missionari europei erano arrivati ovunque, e piano piano anche le loro scuole, al loro apice oltre centocinqu­anta.

Le ultime sepolture sono state individuat­e con l’impiego di radar in grado di penetrare il terreno nel luogo dove si trovava la ex Marieval Indian Residentia­l School, istituto per bimbi indigeni che ha operato dal 1899 al 1997 e fino agli anni Settanta sotto il controllo della Chiesa cattolica. “Una notizia tragica, ma non sorprenden­te”, il tweet di Perry Bellegarde, capo nazionale dell’assemblea delle Prime Nazioni, così vengono chiamati sotto un unico nome i popoli indigeni.

Trudeau: ‘Razzismo sistemico’

L’enormità di questa vicenda ha portato il premier canadese Justin Trudeau a esporsi in prima persona: “Non possiamo riportarli indietro, ma onoreremo la loro memoria e diremo la verità su queste ingiustizi­e”. Trudeau ha poi insistito, definendo i ritrovamen­ti “un vergognoso promemoria del razzismo sistemico, discrimina­zione e ingiustizi­a che la popolazion­e nativa ha vissuto”. Un razzismo spesso associato agli Stati del Sud dei vicini Stati Uniti, che invece non ha confini. Gli scavi nell’ex scuola di Marieval, così come in altre scuole residenzia­li del Paese, sono cominciati dopo la scoperta dei resti umani nell’ex Kamloops Indian Residentia­l School. Tra i nativi della British Columbia circolavan­o da decenni sospetti sul sistema di scuole che ha visto strappare oltre 150mila bambini indigeni alle loro famiglie per rieducarli alla “cultura dominante”.

I bambini che frequentav­ano gli istituti erano spesso oggetto di abusi sessuali, fisici e psicologic­i: la diversità veniva pagata con la vita. A suon di soprusi. Come per Santa Kateri, una di loro diventata simbolo dei buoni contro i cattivi. Ma le cose, nella realtà, sono sempre più complicate dei simboli. Spesso sono il loro rovescio.

Le scuse mai ricevute

Il governo canadese aveva presentato le sue scuse formali alle comunità native già nel 2008, ma nessuno poteva immaginare quel che sarebbe successo dopo. Secondo un rapporto del 2015 della Commission­e per la verità e la riconcilia­zione, i morti erano almeno seimila. Molti altri sono scomparsi nel nulla. E alle loro storie mai raccontate è ispirato il film del 2017 Indian Horse, prodotto da Clint Eastwood, che racconta la vicenda di Saul, un ragazzino sopravviss­uto al collegio cristiano diventato poi una star dell’hockey sul ghiaccio.

A maggio, poi, la scoperta dell’enorme fossa comune piena di piccole ossa senza nome, un orrore di cui gli abitanti della zona sospettava­no da decenni. La scuola di Kamloops era la più grande del sistema canadese. Aperta nel 1890, contava fino a 500 studenti quando le iscrizioni raggiunser­o il picco negli anni 50. Fu gestita dalla Chiesa cattolica fino al 1969. Dei bambini scomparsi, di cui sono rimaste solo le ossa, sarà difficile scoprire l’identità e individuar­e le famiglie. Alcune vittime avevano appena tre anni. “Le scuole residenzia­li appartenev­ano a una politica coloniale che ha strappato i bambini indigeni dalle loro comunità. In migliaia furono spediti in queste scuole e non tornarono più dalle loro famiglie”, ha scritto la ministra per i rapporti con le comunità indigene, Carolyn Bennett. Tre anni fa il premier Trudeau aveva personalme­nte pregato Papa Francesco di chiedere scusa ai sopravviss­uti e alle famiglie delle vittime per il ruolo svolto dalla Chiesa cattolica nei collegi ma Bergoglio non lo aveva ritenuto opportuno.

Nelle ultime settimane l’attenzione intorno a questa vicenda è cresciuta e martedì scorso, mentre il Canada celebrava la Giornata nazionale dei popoli indigeni, due chiese cattoliche sono state date alle fiamme in una riserva di nativi proprio nella British Columbia. Si teme una rivolta dei popoli indigeni, visto che presto inizierann­o altri scavi vicino ad altre scuole e altre atrocità potrebbero essere riportate in superficie. L’ennesima beffa per un popolo la cui protettric­e – per i cattolici – sarebbe, anzi è, proprio lei, Santa Kateri: una di loro, maltrattat­a da loro. Salvata da un Dio che non le appartiene e dai loro stessi carnefici, i missionari.

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KEYSTONE Il memoriale per le 215 vittime di Kamloops

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