Espace Brassens
Per me tutto ha avuto inizio con una sua canzone straordinaria: ‘Supplique pour être enterré à la plage de Sète’, in modo da poter trascorrere la morte in vacanza, come recita l’ultimo verso. L’estate fa tornare la voglia di viaggiare; si rivedono i colori dei campi di lavanda della Provenza, le maestose Arènes di Arles, Avignone, la città che fu per un certo tempo sede del papato. Ma noi scendiamo verso il mare, lì dove nacque un grande poeta della musica francese.
Memorie in bianco e nero
Brassens è un mio vecchio amore, iniziato anni fa quando un cugino francofono mi regalò un LP, come si chiamavano allora i dischi 33 giri, di sue canzoni. In copertina un signore baffuto in primo piano, con la chitarra in mano e l’immancabile pipa nel taschino, così diverso dagli scatenati musicisti che in quegli anni si stavano affermando sulla scena internazionale. All’ascolto la trasgressione si capiva subito che era rappresentata dalle parole che scorrevano in poesie delicate, in ballate dal sapore antico, irriverenti e graffianti in stile anarchico, colte e popolari al tempo stesso; e dalle melodie affascinanti quanto discrete. Da allora le canzoni di Brassens non mi hanno mai lasciato solo. Ho un grande rimpianto: a Parigi, dove mi trovavo per un réportage, il maestro si esibiva in un locale non lontano dall’albergo nel quale ero alloggiato. Cerco di procurarmi un biglietto ma mi dicono che per quella sera sono esauriti e all’indomani io parto. Dovrò accontentarmi più tardi di vederlo su Youtube (meglio sarebbe dire, di gustarlo) in registrazioni in bianco e nero all’Olympia di Parigi o a Bobino: un palco con fondali scuri, una sedia, uno spot che illumina un uomo timido che viene a occuparla con l’incedere di un orso disorientato che vorrebbe svignarsela al più presto. Discreto quanto dirompente appena apre bocca e pizzica le corde della sua chitarra.
Una casa tutta sua
E allora, come non andare a Sète, la sua città natale, per entrare in modo diverso e totale nello spazio di Brassens e visitare il piccolo cimitero del Py sulla collina dove riposa l’immortale, il cimitero dei poveri come viene chiamato per distinguerlo dal Marin, quello con vista mare riservato ai suoi grandi concittadini tipo Paul Valéry sul quale, nella canzone ricordata prima, il grande Georges fa della sottile ironia. In fatto di poesia preferiva François Villon o Paul Verlaine. Lì vicino, poco al di sopra della spiaggia di Sète è stato creato nel 1991 l’Espace Brassens poi esteso nel 2006, con l’intento di far vivere al visitatore un’immersione totale nel mondo del grande Georges: musica dappertutto, testi, strumenti (tra i quali naturalmente le sue chitarre), fotografie, audiovisivi d’epoca da brividi, manifesti e altro ancora che ricreano l’ambiente culturale nel quale è fiorito il genio di Brassens e i suoi rapporti con altri artisti francesi illustri. Un umile gigante. Gli spazi aperti, dieci saloni comunicanti e l’architettura globale dell’edificio che lo ospita, voluti per sottolineare l’amore senza confini per la libertà in senso lato che ha sempre caratterizzato le sue indimenticabili canzoni d’autore.