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Per principio e per denaro

- Di Roberto Scarcella

Visitate il Ruanda. Ve lo consiglia nientemeno che la costosissi­ma manica della costosissi­ma maglietta dell’Arsenal, club storico del calcio inglese caduto talmente in disgrazia da iniziare a fare danni anche fuori dal campo da gioco: abituati a dominare la scena all’inizio degli anni Duemila (li chiamavano “Gli Invincibil­i”), sono tredicesim­i in classifica dopo aver iniziato il campionato con tre sconfitte, zero gol fatti e nove subiti. Insomma, non potrebbe andare peggio. Invece può.

Tra i tifosi frustrati che si sono sfogati sui social network c’è un certo Paul Kagame, che ha scritto: “Non ci sono scuse e non si può accettare la mediocrità”. Kagame è un tifoso molto interessat­o perché paga dieci milioni di sterline l’anno per avere la scritta “Visit Rwanda” in bella vista sulle maniche del club londinese. L’accordo, datato 2018, era in scadenza, ma con una goffaggine e un tempismo degni degli interventi della squadra in campo, in questi giorni i vertici dell’Arsenal l’hanno rinnovato fino al 2025 (un accordo simile è stato siglato anche tra Ruanda e Paris St. Germain), stringendo la stessa mano che ordina cacce all’uomo e processi sommari: quella di Kagame, ex guerriglie­ro, militare e – dal 24 marzo 2000 – presidente del Ruanda. Per molti uno degli uomini che ha portato fuori dalla guerra civile un Paese capace di trasformar­si in un mattatoio all’inizio degli anni 90 (un genocidio con quasi un milione di morti) lasciando nei ricordi anche dei più distratti due nomi: Tutsi e Hutu, massacrati e massacrato­ri, le due etnie che componevan­o e compongono il Paese.

In quegli anni bui, in cui in tutto il Paese si faticava a trovare un eroe, emerse la figura di un altro Paul, Rusesabagi­na, la cui storia era talmente esemplare da diventare un film di Hollywood, “Hotel Rwanda”. Rusesabagi­na, di etnia mista, era all’epoca assistente del direttore di un albergo di una società belga. Partito il direttore, rimase lui a gestire l’hotel, decidendo – e rischiando in prima persona – di ospitare centinaia di connaziona­li in fuga da morte certa.

Alla fine della guerra la sua storia divenne di dominio pubblico e lui una star con il soprannome roboante di “Schindler africano”. Anche grazie alla popolarità acquisita, Rusesabagi­na si è permesso a più riprese di criticare Kagame, che per ripicca gli ha messo in piedi un processo per terrorismo concluso lunedì con una condanna a 25 anni di carcere.

Dal 2002 tre potenziali rivali alla presidenza sono finiti tutti in galera, altri ribelli sono stati costretti all’esilio e poi assassinat­i in Sudafrica, Kenya e Mozambico, un altro ancora è stato trovato cadavere in un canale di Bruxelles. Insomma, mai mettersi contro Kagame, l’uomo che strapaga un ricco club della Premier League per attirare i ricchi occidental­i nel suo Paese, tra i venti più poveri del pianeta, dove nelle aree rurali una persona su quattro non ha accesso all’acqua potabile. L’Arsenal, che per principio s’inginocchi­a dentro il campo prima delle partite per sostenere i diritti dei neri, per denaro poi s’inginocchi­a fuori davanti a un nero che affama i neri: la solita storia per cui “tutti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”, come scriveva in un suo libro un tifoso dell’Arsenal, un certo George Orwell.

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