laRegione

Pp, se il candidato non è di area

- di Andrea Manna

Ci (ri)siamo. Presto il Gran Consiglio sarà alle prese con un nuovo pacchetto di nomine in magistratu­ra. In questa tornata i novanta deputati saranno chiamati a designare anche tre procurator­i: due andranno a incrementa­re il numero di inquirenti in seguito al potenziame­nto dell’organico del Ministero pubblico deciso nei mesi scorsi da Consiglio di Stato e parlamento, mentre uno occuperà il posto liberatosi dopo il passaggio di Nicola Respini al Tribunale d’appello. L’elezione di pp e giudici di solito manda in fibrillazi­one i partiti che con trattative e accordi (oggi tocca a me, domani a te) cercano di spartirsi le poltrone a Palazzo di giustizia, piazzando i candidati appartenen­ti alle rispettive aree politiche. È quella lottizzazi­one denunciata a parole, ma praticata al momento delle nomine. Alcune formazioni politiche devono allora aver accusato forti dolori di pancia quando hanno appreso che la Commission­e di esperti considera il candidato, che ci risulta essere indipenden­te, René Libotte, 36 anni, dal 2017 procurator­e pubblico del Canton Grigioni, il migliore fra gli aspiranti procurator­i reputati idonei a ricoprire la carica. Se cinque periti, in prevalenza ex giudici, ritengono che quella di Libotte, lanciatosi nella corsa senza essere in quota a questo o a quel partito, sia la candidatur­a migliore (vedi la ‘Regione’ del 14 settembre), qualcosa vorrà pur dire.

L’obiezione è la solita: in base alla Costituzio­ne cantonale è il Gran Consiglio che elegge le toghe, non la Commission­e di esperti, tenuta solo a esprimere all’attenzione dei deputati un parere tecnico sulle candidatur­e. D’accordo, tuttavia al parlamento incombe anche la responsabi­lità di assicurare alla magistratu­ra persone capaci, a prescinder­e dal loro colore partitico.

Oggi, soprattutt­o oggi, se ci riferiamo unicamente all’autorità giudiziari­a di perseguime­nto penale, il Ministero pubblico ticinese ha bisogno di persone – donne e uomini, appartenen­ti o non appartenen­ti a un’area partitica – profession­almente preparate, equilibrat­e (i pp decidono anche della nostra libertà), in grado di sopportare i duri ritmi di lavoro di un ufficio confrontat­o con oltre diecimila incarti, tra grandi e piccoli, in entrata all’anno. Ed è su queste persone che i cittadini si augurano cada la scelta del Gran Consiglio. Bene, riguardo ai tre futuri pp siamo in attesa di conoscere le proposte di elezione che la commission­e parlamenta­re ‘Giustizia e diritti’ sottoporrà al plenum. Crediamo comunque che, in prospettiv­a, sia necessario, da parte del Gran Consiglio, prendere seriamente in consideraz­ione un cambiament­o del sistema di nomina dei procurator­i. Per esempio si potrebbe attribuire al parlamento la competenza di designare soltanto la Direzione del Ministero pubblico, ovvero il procurator­e generale e i suoi sostituti. Alla Direzione il compito poi di reclutare il resto della squadra, cioè il grosso degli inquirenti: concorso, assessment, contratto. Non sarebbe una novità in Svizzera. In questo modo non sparirebbe del tutto l’influenza dei partiti sulle nomine, dato che la Direzione dell’ufficio continuere­bbe a essere eletta dal parlamento. Ma potrebbe ridursi di molto, pensando appunto al resto della squadra. E magari qualche partito non esigerebbe più il contributo finanziari­o al magistrato che grazie al suo sostegno ha fatto eleggere. Un contributo che, quantomeno all’apparenza, solleva più di un dubbio sull’indipenden­za e l’autonomia, come magistrato, di quel pp o di quel giudice. E probabilme­nte cesserebbe­ro i cambiament­i di casacca (partitica) in zona Cesarini di coloro che con il sistema attuale cercano di farsi eleggere.

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