Nelle vene della terra c’è poesia
Con Alberto Nessi sul palco, va in scena la nuova produzione di Tiziana Arnaboldi
Danzatrici, danzatori, un mucchio di terra fresca e un poeta dalle cui creazioni nasce e si sviluppa una creazione danzante. La più recente delle creazioni danzanti di Tiziana Arnaboldi, danzatrice, coreografa e regista che sabato 25 settembre alle 20.30 e il giorno dopo, domenica 26, alle 17, porta in scena nel ‘suo’ Teatro San Materno – suo in quanto direttrice artistica – ‘Nelle vene della terra’, nuova produzione della Compagnia Giovani che porta il suo nome.
Forte, un paio di settimane fa, di un’anteprima assai apprezzata allo Spazio Officina di Chiasso, lo spettacolo torna a casa, ad Ascona, con il palcoscenico ridimensionato (per eccesso) fino a creare una scena di nove metri per otto e le tribune di fronte, in nome delle trasformazioni strutturali tipiche del Bauhaus.
Oggi è la terra, tempo fa furono i sassi. Tempo fa fu Fabio Pusterla, oggi è Alberto Nessi, parte fattiva dello spettacolo, integrato tra i movimenti dei danzatori, con cinque delle sue poesie. «Mi piace essere sempre circondata dalla poesia – ci spiega Arnaboldi – che in me è fondamentale quanto la filosofia. Tra i miei momenti, belli o brutti che siano, provo comunque a ritagliarmi quotidianamente parentesi di poesia che esistono, se soltanto ci si guarda attorno. Con Fabio Pusterla, per ‘Il canto del corpo’ (anno 2018, ndr) la collaborazione fu entusiasmante. Ci tenevo che la stessa cosa potesse accadere con Alberto Nessi, le cui ultime poesie parlano di natura, di radici, di foglie, di trasformazione, e ci portano a riflettere sull’infinito valore della natura circostante». Poesia intesa nella sua totalità: «Può essere aspra, brusca, può parlare di luce e di buio, di vita e di morte, di fragilità e forza, senza mai risparmiarci gli opposti, elementi fondamentali che viviamo ogni giorno. La poesia ci insegna anche lo stupore, la bellezza, quel continuo rinascere che viene dal sorprenderci sempre, per la sua innata e complicata semplicità».
Gesti semplici
Con un mezzo pensiero che al momento resta tale – «Potrebbe essere un’idea quella di proporre in sequenza pietre e terra, entrambi gli spettacoli, ma per ora si tratta soltanto della pianificazione di un viaggio futuro» – ad Ascona l’attenzione è tutta per ‘Nelle vene della terra’: «La cultura – continua Arnaboldi – va verso la tecnologia e ne comprendiamo perfettamente il perché. Dopo tutto quello che è successo, nell’incognita di quel che si potrà davvero fare, la tecnologia ha consentito e ancora consente di lavorare. Io ho seguito la corrente opposta, ho voluto tornare alla semplicità, riportare i corpi a mettersi nuovamente a nudo, alla ricerca di quei gesti semplici come il movimento delle mani, dei piedi, del viso, gli occhi, gli sguardi, gesti umani che diventano respiro». Mani che affonderanno nella terra, protagonista più che scenografia: «Il solo immergere le mani all’interno, il sentire cosa possa far scaturire nei danzatori il fresco della terra, ha prodotto una magia dalla quale è nata in ognuno la propria unicità danzante, per viaggiare in questo nuovo e ricreato paesaggio poetico. Tutto ciò, per i danzatori, ha rappresentato una gioia incredibile. Il contatto con l’elemento naturale è significato ritornare bambini. L’altro motore sono state le poesie di Alberto Nessi». E con il poeta «il lavoro è stato molto bello. Ha tenuto per noi lezioni sulla poesia, un tipo di condivisione preziosissima per gli altri artisti, utile anche ad approfondire la nostra, di arte».
Trilogia
Il corpo danzante di ‘Nelle vene della terra’ porta con sé «internazionalità, che ho espressamente voluto», dice l’autrice: due ticinesi – Nuria Prazak, Camilla Stanga – un italiano – Francesco Colaleo – e tre francesi – Maxime Freixas, Lisa Magnan, Justine Tourillon, e la ricerca musicale da sempre nelle mani di Mauro Casappa. «La musica viene creata insieme allo sviluppo coreografico, proprio per raggiungere un paesaggio sonoro il più possibile suggestivo. La mia collaborazione con Mauro è lunga di venticinque anni, posso dire ci conosciamo molto bene».
In questa sorta di rinascita, «una rinascita un po’ brusca», dice Arnaboldi con ironia, prima della quale i danzatori non si sono mai fermati – «Ho voluto fermamente che fosse così, è stata una mia esigenza» – ‘Nelle vene della terra’ va a completare un’ideale trilogia, aperta da ‘Il canto del corpo’, seguita da ‘Autour du corps’, l’omaggio al Bauhaus portato in scena in giugno, con le originali ‘gonne’ realizzate in collaborazione con l’Accademia dell’Architettura di Mendrisio, e conclusa dall’ultima produzione: «Tutti e tre gli spettacoli viaggiano nella natura, portano i corpi nella semplicità, dentro una ricerca pura, quella che porta a trovare il proprio gesto, la propria identità, il proprio modo di guardare il mondo, l’assaporare la materia per poi muoversi». Sassi, terra, natura: «La grande bellezza del Ticino è, io credo, proprio la natura che ci circonda. L’abbiamo forse riscoperta, o rivalutata in questi ultimi tempi. Nel momento in cui ci siamo fermati, la natura è stata la nostra unica salvezza». (Evento con passaporto Covid o tampone negativo. Prenotazioni online su
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