Mark Zuckerberg se la vede brutta
New York – Segnalazioni inascoltate, allarmi ignorati, appelli all’azione caduti nel vuoto. Ma anche interferenze dei manager (compreso il Ceo Mark Zuckerberg) per spianare la strada a politici e vip, consentendo loro di postare qualsiasi cosa a prescindere da eventuali violazioni delle regole. I Facebook Papers aprono forse la crisi peggiore di sempre per il ‘social’ di Zuckerberg che, dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, quantomeno sperava di aver superato il test maggiore. Passate al setaccio da 17 media americani, le 10mila pagine di documenti interni alla società consegnati alla Sec (l’ente federale di vigilanza della borsa valori) offrono uno spaccato di una Facebook dove – come denunciato dall’ex dipendente talpa Frances Hughues – i profitti e la crescita sono favoriti rispetto a tutto il resto. Oltre a gettare un’ombra sul 37enne Zuckerberg, i documenti sollevano dubbi sul ruolo di Facebook nella disinformazione sulle elezioni Usa e l’assalto al Congresso del 6 gennaio, con l’incapacità di agire sui fan più sfegatati di Donald Trump. Ricerche interne hanno mostrato la consapevolezza dei manager della società sui problemi legati ai discorsi d’odio e alla disinformazione, alla quale – rivelano i file – contribuiscono proprio i prodotti creati da Facebook e le sue politiche.