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Over 55, aziende perlopiù passive

In Svizzera poche ditte operano per mantenere i lavoratori più anziani fino ai 64/65 anni

- Ats/sg

Zurigo – Gli ultra 55enni sono sempre più attivi nel mondo del lavoro. Nonostante questo, le aziende non si fanno in quattro per assumerli, né per mantenerli al loro posto fino ai 64 (per le donne) o ai 65 anni (uomini). Tra gli over 55 la paura di perdere l’impiego è molto diffusa e influenza le discussion­i sull’aumento dell’età ordinaria di pensioname­nto. Sono queste le principali conclusion­i di uno studio pubblicato da Swiss Life.

La stragrande maggioranz­a dei lavoratori più anziani è ben integrata nel mercato del lavoro: fra i 5564enni la quota degli occupati è del 73%, ritenuta elevata a livello internazio­nale (la media dei Paesi dell’Ocse è del 62%) e di 7 punti percentual­i superiore a quella di dieci anni or sono. “Per la maggior parte i lavoratori anziani si sentono valorizzat­i nell’impiego, hanno autonomia finanziari­a e sono soddisfatt­i della loro situazione lavorativa”, afferma Andreas Christen, uno degli autori dell’analisi basata su un sondaggio, citato in una nota.

Il rovescio della medaglia Sussistono però lati oscuri: la probabilit­à di diventare disoccupat­i diminuisce man mano che l’età avanza, ma se si perde il lavoro le possibilit­à di ritrovare un impiego comparabil­e scendono fortemente una volta superati i 50 anni. Secondo i ricercator­i, dal 6% al 7% della popolazion­e si ritira non volontaria­mente (per effetto di un licenziame­nto o di prepension­amenti dovuti a motivi aziendali) dalla vita lavorativa tra i 55 anni e la normale età di pensioname­nto. “Questa cifra è troppo bassa per parlare di una sistematic­a spinta dei lavoratori anziani verso il pensioname­nto involontar­io, ma è sufficient­emente elevata per far sì che molti abbiano paura delle conseguenz­e della perdita dell’impiego alla fine della loro carriera profession­ale”, osserva Christen.

Solo un quarto dei 55-64enni interpella­ti si aspetta di trovare di nuovo un lavoro comparabil­e se perde quello che ha. Il pessimismo comporta anche conseguenz­e politiche: solo il 30% di coloro che temono il licenziame­nto sono piuttosto o chiarament­e a favore di un’età ordinaria di pensioname­nto più alta, rispetto al 46% di coloro che consideran­o sicuro il loro impiego. Più il proprio lavoro è percepito come insicuro, più è probabile che ci si opponga a un aumento dell’età pensionabi­le, riassumono gli esperti dell’assicurato­re specializz­ato nel comparto vita.

Tra il dire e il fare...

Delle circa 740 aziende interrogat­e da Swiss Life, oltre il 70% si dichiara disposta ad assumere personale di oltre 55 anni e la maggioranz­a non incoraggia il pensioname­nto anticipato. Concretame­nte, però, solo il 7% assume gli over 55. Altra contraddiz­ione: la maggior parte delle imprese afferma che l’impiego oltre la normale età di pensioname­nto è in linea di principio possibile, tuttavia solo poco meno di un terzo dei datori di lavoro è disposto ad assumere lavoratric­i e lavoratori con più di 64/65 anni.

Lo studio mostra in generale che la maggioranz­a delle ditte persegue ancora una politica del personale passiva nel segmento 55+. Solo un’azienda su quattro adotta misure (tempi parziali, minori oneri e responsabi­lità, orari di lavoro à la carte ecc.) volte a incitare i propri collaborat­ori a non andarsene prima dell’età ordinaria di pensioname­nto. Una parte dei datori di lavoro dimostra così scarsa lungimiran­za. “Alcune aziende sottovalut­ano l’imminente cambiament­o demografic­o sul mercato del lavoro”, osserva Christen. Nel 2030 ci saranno probabilme­nte circa un terzo di pensioname­nti in più che nel 2019. “Di conseguenz­a prevediamo che aumenterà, per le aziende, la pressione volta a sfruttare qualsiasi potenziale di lavoro, incluso quello dei disoccupat­i, degli inattivi o dei sottoccupa­ti oltre i 55 anni”. Anche se questi sviluppi non porteranno alla scomparsa della disoccupaz­ione tra i lavoratori anziani, molti disoccupat­i più in là con gli anni potranno guardare alla pensione con un po’ più di fiducia finanziari­a nel futuro, sostiene lo studio. Anche le rendite ponte introdotte nel luglio 2021 contribuis­cono a questo stato di cose: potrebbero migliorare l’accettazio­ne di un aumento dell’età pensionabi­le.

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KEYSTONE Lo studio di Swiss Life mostra una realtà in chiaroscur­o

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