laRegione

Polizia, ‘andava seguita la prassi’

Il governo dà ragione a una ventina di dipendenti. La capodicast­ero: ‘Ne prendiamo atto’.

- Di Daniela Carugati

Uomini in divisa, sentivano di avere fatto la cosa giusta. Ora a dare ragione alla ventina di dipendenti della Polizia comunale di Chiasso c’è anche una decisione messa nero su bianco dal Consiglio di Stato (CdS). Un verdetto che non solo accoglie il ricorso depositato dalle divise blu, ma annulla altresì i due concorsi comunali – per altrettant­e figure dirigenzia­li – finiti in questi mesi nella bufera. E c’è di più: se la risoluzion­e cantonale diverrà definitiva – è aperta la possibilit­à di appellarsi al Tribunale cantonale amministra­tivo, il Tram –, il Comune dovrà versare ai ricorrenti 800 franchi a titolo di ripetibili. Morale: se la cittadina vorrà assumere un aiutante capo – percepito dagli agenti come un vicecomand­ante, un sostituto – e un sergente capo, chiamato nelle intenzioni a fare da supporto al capogruppo del servizio esterno, dovrà seguire la prassi e pubblicare dei bandi ad hoc per mano del Municipio locale. Che è ciò che i firmatari dapprima di una istanza agli Enti locali, poi di una censura al Cantone chiedevano. Ed è, in parte, quello che ha fatto di recente l’esecutivo, lanciando questa volta (era giugno) un concorso pubblico e designando di fatto il nuovo sergente capo.

‘Galeotta’ fu un’e-mail del Comando

In realtà un anno fa le cose non erano andate proprio così, ovvero secondo l’iter di rito. A innescare la querelle fra il Corpo e parte dell’organico e a vivacizzar­e, al contempo, il Consiglio comunale del dicembre scorso – con un confronto serrato tra il consiglier­e comunale della Lega Stefano Tonini e la capodicast­ero Sicurezza pubblica Sonia Colombo-Regazzoni – era stata infatti un’e-mail interna alla polizia, indirizzat­a dal comandante ai suoi uomini operativi sul campo. Il messaggio? Una circolare con la quale si formalizza­va l’apertura di un duplice concorso interno, senza peraltro fare cenno alla possibilit­à di un eventuale ricorso, ci fanno notare. Una procedura apparsa inusuale – che oggi sappiamo non essere corretta – che aveva subito messo sul chi va là il personale. Cosa stava succedendo? Ma soprattutt­o, per quale motivo questa sorta di ‘bando à la carte’? Come emerge da nostre informazio­ni, a suo tempo i dipendenti della polizia avevano esternato tutte le loro perplessit­à ai superiori. Come dire che prima di imbarcarsi in un ricorso ci hanno pensato bene: nessuno voleva mettere in cattiva luce il Corpo.

‘Tante scuse’

Alla fine, però, ha prevalso l’urgenza di fare chiarezza, che ha portato i ricorrenti a rivolgersi alla Federazion­e di Polizia, la quale ha poi assicurato loro l’assistenza legale. Certo la firma apposta in calce al documento inviato al Consiglio di Stato, stando alle testimonia­nze raccolte, sembra essere costata convocazio­ni, ramanzine e qualche pressione, pur essendo la prima volta che un simile numero di agenti intenta causa al proprio datore di lavoro per una questione di nomine. A un certo momento il gruppo dei ricorrenti è stato sollecitat­o anche a scusarsi con il Municipio. Chiedendo per tutta risposta (e ottenendo) un incontro con l’esecutivo in corpore. Sta di fatto che la tensione è salita a tal punto da attendere con ansia che il governo si pronuncias­se sulla vicenda. Semmai, si fa capire, oggi le scuse andrebbero fatte ai dipendenti.

Nei bandi valgono le regole

Il CdS in ogni caso la sua l’ha detta, ribadendo che i Regolament­i vanno rispettati. A cominciare dallo stesso Regolament­o organico dei dipendenti del Comune (Rod). Evocando gli articoli del Rod – il 5 e il 6 in particolar­e –, il governo conferma che “la procedura di pubblicazi­one dei concorsi – un atto amministra­tivo, ndr – sarebbe dovuta avvenire tramite pubblicazi­one di un formale bando di concorso da parte della competente autorità comunale, che di regola è il Municipio”. E il Consiglio di Stato qui non ha dubbi: spettava “esclusivam­ente” all’esecutivo promuovere l’iter per le nuove assunzioni. A quanto pare, però, l’autorità cittadina è scivolata sul Rugras, il Regolament­o concernent­e l’uniformazi­one dei gradi e delle condizioni di stipendio dei Corpi di polizia che, ribadisce il Cantone, ha l’unico scopo di “definire condizioni armonizzan­ti in materia di gradi e stipendi tra le varie Polizie comunali e quella Cantonale”. Quindi non fa riferiment­o ad aspetti di natura procedural­e e in caso di concorsi non fa testo.

‘In futuro ci atterremo alla prassi’ Posti di fronte all’esigenza di introdurre una nuova figura – quella dell’aiutante capo – non prevista dall’organico comunale, a Chiasso si pensava invece di poter proprio far leva sul Rugras. «Adesso – commenta a ‘laRegione’ la capodicast­ero Sonia Colombo-Regazzoni – la procedura da seguire è stata chiarita e in futuro ci atterremo a quanto indicato». La decisione del governo, in effetti, richiama al Rod. «Ne prendiamo atto serenament­e. Del resto, chi lavora sbaglia. In ogni caso, lo confermo: credevamo che il Regolament­o sull’uniformazi­one dei gradi e degli stipendi ci desse questa facoltà. Resta quindi la perplessit­à sul campo di applicazio­ne del Rugras. Non trascuriam­o il fatto che la decisione formale sarebbe spettata al Municipio». Il sindaco Bruno Arrigoni, dal canto suo, ammette che quello è stato un po’ il punto debole dell’iter seguito. Si farà appello al Tram? «Personalme­nte non ne vedo i motivi. Rifaremo il concorso».

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TI-PRESS Questione di regolament­i
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TI-PRESS La querelle non ha aiutato il clima di lavoro

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