Camera di consiglio per l’accoltellamento
In Appello il 38enne accusato di tentato omicidio
Era stato condannato in primo grado giusto otto mesi fa. Ieri il 38enne iracheno, che il 20 luglio 2020 accoltellò, ferendolo gravemente, un suo connazionale di due anni più giovane, alla luce del sole e davanti a un supermercato di Pregassona, è comparso davanti alla Corte d’Appello di Locarno. Il legale dell’uomo, l’avvocato Niccolò Giovanettina, aveva ricorso dopo la condanna a sei anni di carcere, e a dieci anni di espulsione dalla Svizzera, emessa lo scorso febbraio dal presidente delle Assise criminali Amos Pagnamenta. Davanti alla giudice Giovanna Roggero-Will, affiancata, nella composizione della Corte di secondo grado, da Rosa Item e Attilio Rampini, l’imputato ha dovuto nuovamente rispondere di tentato omicidio intenzionale e lesioni.
Per la sentenza, ad ogni modo, bisognerà attendere: la Corte si riunirà, infatti, oggi in Camera di consiglio. Nel dibattimento odierno le posizioni di accusa e difesa sono rimaste pressoché le stesse del primo dibattimento. Il procuratore pubblico, vincolato comunque dalla prima sentenza; l’avvocato del 38enne si è, invece, nuovamente battuto per una pena massima di dodici mesi, sostenendo come il reato fosse quello di lesioni semplici qualificate e non di tentato omicidio. L’accoltellamento, lo ricordiamo, aveva destato clamore e preoccupazione, non solo perché avvenuto durante il giorno, ma in un luogo ben frequentato da molte persone, essendo il parcheggio di un centro commerciale della periferia luganese e quindi meta anche di diverse famiglie. Il 38enne aveva ferito al collo la vittima, colpendolo, con un coltellino apri-pacchi, vicino alla carotide. L’atto particolarmente violento, secondo la ricostruzione effettuata degli inquirenti, era stato ‘armato’ dalla gelosia delle frequentazioni dell’uomo nei confronti della moglie e dei figli dell’imputato. La versione del 38enne non era però stata accolta dalla Corte di primo grado, che l’aveva giudicata “menzognera” e “confusa”. In particolare, l’uomo aveva sostenuto, in definitiva, di aver agito per legittima difesa, respingendo, diversamente, la rivalsa su quello che era stato fino a quel giorno uno dei suoi migliori amici. Non di questo parere il magistrato, Roberto Ruggeri, che in aula ha riproposto la ricostruzione di quei concitati momenti: l’uomo aveva dato appuntamento alla vittima per il solo scopo di volerlo aggredire.